una casa per il cuore
Distinguiamo i piani. Da un lato la relazione che c’è tra potere e strutture sociali, dall’altro la natura dell’essere umano.
Vediamo il primo aspetto. Che il potere in carica, qualunque esso sia, in qualunque epoca e qualunque latitudine storicamente abbia fatto (e faccia) uso delle strutture sociali per esercitare le forme di controllo più svariate sul singolo mi sembra assolutamente fuori discussione. Di contro leggere, (nessun riferimento ad interventi fin qui postati, parlo in generale, sono ragionamenti che ho sentito fare molte volte) le strutture sociali come generate-generatesi ad hoc per questo scopo mi sembra troppo semplicistico, troppo facile. La realtà è ben più complessa. Nessuna organizzazione sociale può esser posta in essere per pure finalità di potere. Si può tentare, e si è peraltro storicamente tentato: resiste ben poco. La sostanza ultima deve corrispondere a qualcosa di reale, non fosse altro, volendola vedere dal punto di vista del potere, per la necessità incardinarsi in qualcosa di solido. In realtà le strutture sociali assumono storicamente determinate forme perché rispondono ad esigenze reali, personali e non, dei singoli individui: sono delle modalità culturali ed organizzative con cui ci si relaziona con gli altri. Il matrimonio, la monogamia, la poligamia, la poliandria sono tra queste. Possiamo inoltre annoverarne molte altre: l’organizzazione ed i contenuti educativi dell’istruzione pubblica, l’organizzazione del mondo del lavoro e così via. Altro affare è il far leva, da parte del potere, su qualsivoglia struttura sociale in atto, magari assecondarla e favorirla, per perseguire i propri fini di controllo, pressione, dominio sulla persona.
Mi piace infine aggiungere che, nelle società occidentali, cosa che spesso dimentichiamo di apprezzare a sufficienza, nascondendoci dietro varie “dita” si può fare sostanzialmente quel che si vuole. Credo che, vuoto per pieno, con tutti i caveat che si vogliano, in nessuna epoca storica ed a nessuna latitudine il destino e la felicità del singolo siano state a tal punto al singolo affidate. Non ci sono scuse: in realtà, dipende da noi. Anche se a volte brucia ammetterlo, che il peso di personali fallimenti totali, parziali, o fors’anche semplicemente non ammessi nemmeno a noi stessi è ben duro da sopportare..
Consideriamo ora la natura dell’essere umano, se essa sia poligama o monogama. Personalmente non so rispondere, mi vengono solo un sacco di domande. Il problema di fondo al solito, è la felicità, o per lo meno, la maggior felicità personale possibile, in termini di realizzazione di sé, di ciò che si è, di percezione di appagamento del proprio vissuto, di corrispondenza con i propri desideri. A tutto ciò, mi chiedo, cosa è più consono? La poligamia e la poliandria appaiono di più vasto respiro, non foss’altro che per il numero delle possibilità. Credo ci sia molto di vero. Personalmente, anche tenendo da parte aspetti irriferibili, non perché meno degni e seri ed importanti, ma semplicemente per decenza di discussione, intravvedo una fortissima relazione col desiderio innato di sperimentare, cercare, conoscere, inclusa la conoscenza in senso biblico, il più possibile. Una profonda consonanza col l’umano essere quindi.
Mi interrogo d’altra parte sulla singolare non biunivocità, sugli aspetti unidirezionali che il pensiero della poligamia sembra avere, non dico in tutti, ma sicuramente in un numero rilevantissimo di esseri umani. E’ infatti abbastanza semplice, credo, o comunque non rarissimo per ciascuno di noi, non dico praticare ma immaginarsi fosse solo per un attimo poligamo.
Fermatevi un attimo ora… pausa…. E visualizzate, nella vostra mente il volto della persona che amate, o che semplicemente è importante per voi. La poligamia e la poliandria diventano improvvisamente questioni molto più complicate e molto meno corrispondenti a noi. Non è invero necessario arrivare ad immaginare le sequenze del kamasutra: il semplice considerare la possibilità di non essere l’oggetto unico dei suoi pensieri, delle sue attenzioni, del suo desiderio… beh… ciascuno di noi lo sa: può lacerarci ed ucciderci. Viene il sospetto che la poligamia e la poliandria siano assolutamente auspicabili e liberanti, a patto che si applichino all’intero orbe terracqueo, uomini donne, tutti. Una sola eccezione: la persona che amiamo. La quale, essendo anch’essa essere umano, potrebbe, forse, avere anche lei antipatiche (per noi) tendenze poligamiche. Sembra, insomma, in termini di felicità per noi, funzionare in un verso solo.
Credo inoltre che il desiderio del “fondersi in uno”, quello mirabilmente messo a fuoco da Socrate nel Simposio, e poi recuperato dal cristianesimo in generale, e dal cattolicesimo in particolare, per restare a culture a noi prossime, che ne ha fatto addirittura un sacramento indissolubile, una delle modalità per partecipare del divino quindi, sia qualcosa di serio e profondissimo, e che le sue più diffuse espressioni in ambito sociale e culturale, il matrimonio o semplicemente la monogamia nel caso di specie, non siano liquidabili come meri strumenti di potere. La sete di “una sola carne” in cui trovare non questo o quell’aspetto, con cui condividere e reciprocamente soddisfare non questa o quella voglia, ma “tutto” ed anche di più, (magari sorprendentemente ciò che non si sapeva nemmeno di desiderare) credo sia qualcosa che s’incastona davvero nelle nostre profondità ultime, di più, le costituisce.
Cosa è che ci fa felici? L’uno o l’altro? Su cosa ci piace costruire la nostra vita? Sull’unico? Sulla pluralità? Siamo più contenti nel collegamento singolo, o la nostra contentezza sta nel “net” di rapporti? Forse un “net” con alcuni collegamenti privilegiati? Io davvero non saprei rispondere in termini generali, validi per tutti.
Forse il bello è tutto qui, nella ricerca, nel tentare di capire, nello scoprire, ciascuno per le sue cose, la sua vita, quale delle infinite gradazioni tra i due estremi o quale dei due estremi stessi sia per lui. Il potere può molto, certo. Ma il nostro cuore alla fine, specie in ambiti così personalissimi, in qualche modo, se non de iure sicuramente de facto, si pone sempre dove si sente a casa.
Oh beh… Insomma.. Uno dei miei soliti lunghissimi post con nessuna risposta ed un sacco di domande… :boh: