Riflessioni scritte sul Brigantaggio

O

Ospite 01

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No, Lombroso non c'entra, mi riferisco ai recenti libri di Gigi di Fiore e di Giordano Bruno Guerri.
Sono due storici mica da poco e, devo dire, alquanto revisionisti sull'argomento.
Ma sui briganti ci vanno belli pesantini...

Mah...guarda non conosco questi signori che citi...Credo peròche forse ti converebbe fare un giro in Lucania per renderti conto dal vivo Chi siano i veri Briganti...quelli che continuano a succhiarne le richezze(ora è il petrolio).
 
Nel 1930 un allievo del Croce, Gino Doria definiva i briganti: “delinquenti della peggiore specie, capaci delle più atroci crudeltà commesse talvolta senza ragione e per il solo gusto del sangue […] i briganti erano ladri, assassini, incendiari, uomini rozzi, ignoranti, dagli istinti bestiali, belve perseguitate, circondate, destinate fatalmente al macello”.
Non ho letto Di Fiore, ma ho letto il libro di Guerri: Il sangue del Sud, ed i briganti non erano descritti in questi termini. Diciamo che Bruno Guerri non ci è andato giù pesante (Per pesante intendo la descrizione del Doria).
Croce li paragona ai vandeani post Rivoluzione francese, Fortunato dice che è necessario aspettare un ingegno più alto che possa metter luce, utilizzando gli archivi prima che i topi, l’umidità e la censura di Stato li distruggano totalmente, su quel periodo storico.
Io aggiungo di nuovo ciò che scrisse Crocco nelle sue memorie, su oltre 500 briganti dei primordi, solo tre erano briganti “di professione”, gli altri erano poveri contadini, soldati borbonici e semplici civili in fuga dalle violenze piemontesi.
Negli anni ’60 del secolo scorso che lo si voglia ammettere o no, nel Mezzogiorno era in corso una feroce guerra , senza essere mai stata dichiarata dalle truppe invasori, una guerra senza leggi internazionali da rispettare, senza prigionieri, senza trincea e retrovie.
De Iaco scrive: “Dei due eserciti quello “vero”, con le divise in ordine e gli ufficiali usciti dalla scuola militare di Torino, se ne stava di presidio nei paesi come fosse nel cuore dell’Africa, fra gente che aveva lingua e costumi incomprensibili e, quasi sempre, un figlio o un fratello fra le montagne a tener testa agli invasori. Ogni tanto l’esercito veniva a sapere di qualche “reazione agraria”, di qualche “ribellione borbonica” e accorreva di zona in zona, sulle poche strade conosciute, a reprimere le rivolte (ricordate Sgurgula, Bronte, Pontelandolfo e Casalduni, Isernia e Gioia del Colle?). Dai boschi e dalle montagne scendeva allora ad affrontarlo, l’esercito silenzioso dei briganti”.

Parliamoci chiaro, anche in questi festeggiamenti dei 150 anni di Unità si è persa l’occasione di aprire finalmente gli archivi e vedere i massacri commessi in quegli anni. Ci fu una guerra terribile e tutti i “briganti” catturati venivano fucilati senza processo o portati nel primo campo di sterminio europeo “Fenestrelle”; poi aggiunge De Iaco: “giacché s’era sparsa per l’Europa la notizia che nel sud Italia stava avvenendo un massacro pari solo a quello degli indiani d’America, il governo mandò l’ordine di fucilare solo i capi e di mettere in carcere in attesa di processo gli altri. Le cose non cambiarono di molto…”.
Mi fermo qui.

"Al Sud c'erano i briganti; i piemontesi li eliminarono (grazie, neh?). È quello che
avevo sempre creduto e mi era stato insegnato, ma quasi di sfuggita e malavoglia,
pure a scuola, come non fosse il caso di rinnovare un'antica vergogna. E non mi
dispiaceva: avevo visto le foto seppiate dei cadaveri di malandrini e delle loro donne,
nudi come selvaggi (ma denudati dai civilizzatori); le teste mozzate da inviare a
lombrosiani ricercatori di caratteri e fisionomia del perfetto delinquente (meridionale,
ovvio, per natura). Nel film ci era toccata la parte del cattivo. Avvertivamo, noi
studentel-li del Sud, il fastidio di aver risposto alla gloriosa epopea garibaldina, con
una masnada di grassatori e tagliaborse, dai cappellacci a cono, come le streghe, e
schioppo a trombone in spalla: trogloditi alti uno e cinquanta, scuri di pelle e di negro
crine, fronte bassa, occhio torvo e spento (succede, se fotografi i morti); un po'
Barabba, un po' Giuda (31 scudi: uno in più, fu la buonuscita che l'Italia unita diede ai
garibaldini meridionali, quando se ne liberò, perché non le servivano più). Vuoi
mettere lui? Un Gesù Cristo armato, il biondo capello al vento dei vincitori, con
l'eccentricità del poncho, bianco destriero, barba dorata e occhio ceruleo che mira
oltre l'orizzonte, a quel futuro tricolore illuminato dai riflessi della sua spada (l'arma
dei cavalieri) puntata contro il... sole. Quello è un uomo! E se il libro di storia ti
chiede da che parte vuoi stare, tu che gli dici: sono meridionale come il brigante o
"italiano" come Lui?
[…]
Soldati del re napoletano, sudditi legittimisti, cafoni impoveriti e veri briganti
finirono insieme e questo li rese, per l'invasore e i suoi libri di storia, tutti briganti. E
tale fu considerato chiunque fosse sospettato di simpatia, conoscenza, consanguineità
(brigante lui? Brigante il padre, brigantessa la madre, brigante il figlio della sorella,
brigantessa pure quella...). Perché non si mantennero distinti soldati e ladroni?

[...]


«Finora avevamo i briganti» scrisse Vincenzo Padula, cronista dell'epoca, liberale,
favorevole all'impresa unitaria, in Calabria. Prima e dopo l'unità, «ora abbiamo il
brigantaggio; tra l'una e l'altra parola corre grande divario. Vi hanno briganti quando
il popolo non li ajuta, quando si ruba per vivere o morire con la pancia piena» (ma
questo non avveniva solo al Sud); «e vi ha il brigantaggio quando la causa del
brigante è la causa del popolo.» E se non è così, il ribelle non dura, faceva osservare,
nel 1865, un legittimista, Tommaso Cava de Guéva (lo riferisce Francesco Mario
Agnoli in Dossier Brigantaggio)"
 
Fonte: Diritto alla critica

Eni e Shell si dividono 1,5 miliardi di euro di profitti l'anno sul petrolio lucano, la Regione incassa solo il 7% di royalties

Petrolio e tumori in Basilicata. La Val d'Agri paga con la salute dei suoi cittadini l'estrazione di 70mila barili di greggio al giorno; i casi di malattie respiratorie e infettive sono più del doppio della media nazionale. In cambio, la Regione incassa il 7% dei profitti che Shell e Eni accumulano: è la più bassa royalty d'Europa, meno dei diritti pretesi da Russia, Angola e Messico per le trivellazioni. Che in Lucania "bucano" il Parco Naturale.

Acqua e petrolio si mischiano nei ruscelli della Val d'Agri. Tra Monte Enoc e il paese di Tramutola, scorre un torrente giallastro con le rive nere e unte, attraversato dai tubi metallici dell'oleodotto. Portano il greggio alla raffineria di Viggiano, dove la torcia del metano brucia giorno e notte i fumi di scarico dell'impianto. Qui si estrae petrolio pari al 6% del fabbisogno italiano di carburante: gli esperti dell'Eni dicono di poter arrivare al 10%, circa 100mila barili al giorno, se gli si lascia mano libera su tecnologie e permessi.


Permessi che già ora abbondano. Il 70% della Regione Basilicata è "affittata" ai petrolieri, che vi lasciano appena il 7% dei loro guadagni: una briciola, rispetto al miliardo e 560 milioni di euro guadagnati, in media, da Eni e Shell in un anno di attività . La maggior parte delle trivellazioni si concentra in un fazzoletto di terra di pochi chilometri quadrati, nella Val d'Agri: è Parco Nazionale dal 2007, ma gli interessi dei petrolieri hanno vinto su tutto e i pozzi aumentano. Due mesi fa ne è stato fermato uno che sarebbe dovuto sorgere a 1.400 metri di altitudine, in pieno Parco: la Regione sta contrattandone i diritti con l'Eni.

Intanto i lucani si ammalano. Respirano un'aria densa di zolfo, anidride carbonica e metalli pesanti. Il numero dei casi di malattie infettive e respiratorie cresce costantemente, e già oggi supera del doppio la media nazionale. Scoperta antica: già nel 1996 i medici segnalarono l'incremento di decessi e casi di tumore ai polmoni nella zona, legati anche agli incidenti legati alle attività estrattive (su molti dei quali nessuno ha mai svolto un'indagine). Il rischio di contaminazione delle falde acquifere è elevatissimo, data la vicinanza tra i pozzi e i corsi d'acqua: e nessun sistema di monitoraggio è attivo nella zona.

Tutto questo si svolge in silenzio in fondo allo Stivale. Fa comodo a tutti, perchè a pagare sono due paesini che insieme non contano più di 3000 abitanti. Ma non tutto è silenzio. Oggi, davanti al Ministero della Salute a Roma, i radicali hanno organizzato un sit in di protesta contro il "lassez faire" di Governo e Regione: porteranno al ministro Fazio il video-denuncia "La Valle dell’Agip", realizzato dal segretario Radicali lucani Maurizio Bolognetti, che documenta gli effetti ambientali e sulla salute dei cittadini delle estrazioni petrolifere nella Val d’Agri. La richiesta è semplice: vigilate. Istituite una commissione di monitoraggio e vegliate sulla Basilicata. Non lasciatela affogare nel petrolio.



Non possiamo permettere che Tramutola venga distrutto e reso disabitato. Vi sono le ragazze più belle della Lucania:).
 
Giovanni Passannante

C’era una volta un paese in Lucania che si chiamava Salvia dove era nato un uomo: Giovanni Passannante. Nel 1878 con un coltellino con una lama di quattro dita cercò di uccidere il re Umberto I di Savoia. Condannato a morte la pena gli fu convertita in ergastolo mentre sua madre e i suoi fratelli furono immediatamente internati nel manicomio di Aversa. Passannante fu rinchiuso in una torre sull’isola d’Elba in una cella senza finestre sotto il livello del mare dove fu isolato per dodici anni. Si ammalò, cominciò a cibarsi dei propri escrementi. Anni dopo fu trasferito in un manicomio criminale dove morì nel 1910. Grazie alle teorie del Lombroso al cadavere fu tagliata la testa. Il cranio e il cervello trasferiti nel Museo Criminologico di Roma dove sono stati esposti fino al 10 maggio 2007, per essere “ammirati” pagando due euro. Quel paese si chiamava Salvia, ma fu ribattezzato “Savoia di Lucania”.
 
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Eni e Shell si dividono 1,5 miliardi di euro di profitti l'anno sul petrolio lucano, la Regione incassa solo il 7% di royalties

Petrolio e tumori in Basilicata. La Val d'Agri paga con la salute dei suoi cittadini l'estrazione di 70mila barili di greggio al giorno; i casi di malattie respiratorie e infettive sono più del doppio della media nazionale. In cambio, la Regione incassa il 7% dei profitti che Shell e Eni accumulano: è la più bassa royalty d'Europa, meno dei diritti pretesi da Russia, Angola e Messico per le trivellazioni. Che in Lucania "bucano" il Parco Naturale.

Acqua e petrolio si mischiano nei ruscelli della Val d'Agri. Tra Monte Enoc e il paese di Tramutola, scorre un torrente giallastro con le rive nere e unte, attraversato dai tubi metallici dell'oleodotto. Portano il greggio alla raffineria di Viggiano, dove la torcia del metano brucia giorno e notte i fumi di scarico dell'impianto. Qui si estrae petrolio pari al 6% del fabbisogno italiano di carburante: gli esperti dell'Eni dicono di poter arrivare al 10%, circa 100mila barili al giorno, se gli si lascia mano libera su tecnologie e permessi.


Permessi che già ora abbondano. Il 70% della Regione Basilicata è "affittata" ai petrolieri, che vi lasciano appena il 7% dei loro guadagni: una briciola, rispetto al miliardo e 560 milioni di euro guadagnati, in media, da Eni e Shell in un anno di attività . La maggior parte delle trivellazioni si concentra in un fazzoletto di terra di pochi chilometri quadrati, nella Val d'Agri: è Parco Nazionale dal 2007, ma gli interessi dei petrolieri hanno vinto su tutto e i pozzi aumentano. Due mesi fa ne è stato fermato uno che sarebbe dovuto sorgere a 1.400 metri di altitudine, in pieno Parco: la Regione sta contrattandone i diritti con l'Eni.

Intanto i lucani si ammalano. Respirano un'aria densa di zolfo, anidride carbonica e metalli pesanti. Il numero dei casi di malattie infettive e respiratorie cresce costantemente, e già oggi supera del doppio la media nazionale. Scoperta antica: già nel 1996 i medici segnalarono l'incremento di decessi e casi di tumore ai polmoni nella zona, legati anche agli incidenti legati alle attività estrattive (su molti dei quali nessuno ha mai svolto un'indagine). Il rischio di contaminazione delle falde acquifere è elevatissimo, data la vicinanza tra i pozzi e i corsi d'acqua: e nessun sistema di monitoraggio è attivo nella zona.

Tutto questo si svolge in silenzio in fondo allo Stivale. Fa comodo a tutti, perchè a pagare sono due paesini che insieme non contano più di 3000 abitanti. Ma non tutto è silenzio. Oggi, davanti al Ministero della Salute a Roma, i radicali hanno organizzato un sit in di protesta contro il "lassez faire" di Governo e Regione: porteranno al ministro Fazio il video-denuncia "La Valle dell’Agip", realizzato dal segretario Radicali lucani Maurizio Bolognetti, che documenta gli effetti ambientali e sulla salute dei cittadini delle estrazioni petrolifere nella Val d’Agri. La richiesta è semplice: vigilate. Istituite una commissione di monitoraggio e vegliate sulla Basilicata. Non lasciatela affogare nel petrolio.



Non possiamo permettere che Tramutola venga distrutto e reso disabitato. Vi sono le ragazze più belle della Lucania:).


Quello che hai scritto è amara verità. Una regione ricca di importanti risorse quali l'acqua e il petrolio che si ritrova ad essere poverissima.
Matera, l' ottava meraviglia del mondo, patrimonio Unesco, che ha una Ferrovia che non funziona. Meta di turisti da ogni parte del mondo...ma completamente inadeguata a gestire tale risorsa.
Paesini di grande bellezza che stanno morendo lentamente e inesorabilmente...sono rimasti solo i vecchi...e dopo di loro c'è il nulla perchè le nuove generazioni per sbarcare il lunario vanno lontano. Non parliamo dell'Università.. una succursale di quella pugliese.
Poco tempo fa una mia amica, che lavora da due anni al day hospital oncologico di Matera, con grande sconforto mi ha raccontato che in ambulatorio arriva almeno un nuovo caso di tumore alla settimana.
Di gente che per sottoporsi alle terapie giornaliere o trisettimanali è costretta a farsi anche 140 km di strada tra l'andata e ritorno.
Quanta amarezza nelle parole dei Lucani...disillusi e rassegnati.
Personalmente io ero convinta che in Basilicata ci fosse un grande impegno politico e sociale. Oggi però, alla luce di tutto questo, non ne sono più sicura.
E verrebbe da chiedersi chi continua a permettere che l'Eni e la Shell si dividano i miliardi della ricchezza lucana. Chi permette che il territorio venga devastato e che la gente crepi nei veleni. Dove sono i politici lucani? Chi e cosa rappresentano? La Lucania o se stessi? Ahhhh... amara terra nostra. Così bella e così accisa.
 
I paesini che muoiono è un problema comune a tutti i piccoli centri appenninici, dalla Garfagnana alla Sila.

E' un peccato che le società petrolifere e quelle eoliche stiano drenando altrove le ricchezze lucane. Non oso immaginare cosa succeda con l'acqua.

La Basilicata ha tutte le potenzialità per diventare una metà turistica europea.
 
Pasquale Cavalcante di Corleto

"Merito la morte perchè sono stato assai crudele contro parecchi che mi caddero tra le mani; ma merito anche pietà e perdono perchè contro mia indole mi hanno spinto al delitto. Ero sergente di Francesco II e ritornato a casa come sbandato mi si tolse il brevetto, mi si lacerò l'uniforme, mi si sputò sul viso e poi non mi si diede più un momento di pace facendomi soffrire sempre ingiurie e maltrattamenti: si cercò pure di disonorarmi una sorella, laonde accecato dalla rabbia e dalla vergogna non vidi altra via di vendetta che quella dei boschi, e così per colpa di pochi divenni crudele e feroce contro di tutti ma io sarei vissuto, se mi avessero lasciato in pace. Ora io muoio rassegnato, e Dio vi liberi dalla mia sventura"
 



1859, muore il vecchio re Borbone

e sul trono va suo figlio, 23 anni, ancora guaglione.

E’ il momento di approfittare di questo vuoto di potere,

di quel regno in mezzo al mare difeso solo dalle sirene.

E u Banco ‘e Napoli è l’ideale per rifarsi delle spese,

per coprire il disavanzo della finanza piemontese.


E Ninco Nanco deve morire perché la storia così deve andare

e il Sud è terra di conquista e Ninco Nanco nun ce può stare,

e Ninco Nanco deve morire perché si campa potesse parlare

e si parlasse potesse dire qualcosa di meridionale.


E lo Zolfo di Sicilia e i cantieri a Castellammare

e le fabbriche della seta e Gaeta da bombardare.

E’ l’ideale che fa la guerra, una guerra dichiarata

per vedere chi la spunta tra il fucile e la tammurriata, e tammurriata è superstizione, questa storia deve finire

e qui si fa l’Italia o si muore* e Ninco Nanco deve morire.


E Ninco Nanco deve morire perché la storia così deve andare

e il Sud è terra di conquista e Ninco nun ce può stare.

E Ninco Nanco deve morire perché si campa putesse parlare

e si parlasse potesse dire qualcosa di meridionale.


E per sconfiggere il brigantaggio e inaugurare l’emigrazione

bisogna uccidere il coraggio e Ninco Nanco è meglio che muore.

Perché lui è nato zappaterra e ammazzarlo non è reato

e dopo un colpo di rivoltella l’hanno pure fotografato.

E la sua anima è già distante, ma sul suo volto resta il sorriso,

l’ultima sfida di un brigante: “Quand’è bello morire acciso”.


E Ninco Nanco deve morire perché la storia così deve andare

e il Sud è terra di conquista e Ninco Nanco non ci può stare.

E Ninco Nanco deve morire perchè si campa putesse parlare

e si parlasse potesse dire qualcosa di meridionale.


E Ninco Nanco da eliminare e se lui muore chi se ne frega,

sulla sua tomba neanche un fiore, sulla sua tomba nessuno prega.


E Ninco Nanco da eliminare, che non si nomini più il suo nome,

sia maledetta la sua storia, sia maledetta questa canzone.


E fila, fila la lana a sette soldi la settimana,

E fila fila il cotone a cinque soldi pe’lu padrone.


E Ninco Nanco deve morire perchè si campa putesse parlare

e si parlasse potesse dire qualcosa di meridionale.



*In realtà chi era vicino a Garibaldi in quei frangenti, quando l'esercito dei Borbone aveva ormai vinto la battaglia di Calatafimi e amen per Peppino e il delinquente Nino, sentì il nizzardo che disse a Nino, il quale gridava di ritirarsi: "Magari, ma dove cavolo ci ritiriamo?". Poi ci pensò il generale borbonico Landi a mettere le cose a posto.
 
Una belva, il più feroce di tutti. Uno dei tre facenti parte della banda di Crocco che erano briganti anche sotto i Borbone. Tuttavia Ninco Nanco divenne un effettivo della resistenza borbonico e soprannominato anche il cinghiale, non fu più violento dei soldati piemontesi, e dopo essersi arreso fu trucidato a tradimento. Sapeva molte cose.

Conosci la strage di Pontelandolfo e Casalduni?
 
Siamo su quei livelli. Ci fu un vero e proprio tentativo di genocidio in atto nel Meridione d'Italia. Si stabilì il diritto di rappresaglia. Tu ammazzi un soldato piemontese, noi ammazziamo tua moglie, i tuoi figli, i tuoi parenti, ti bruciamo casa e già che ci siamo diamo fuoco anche al villaggio in cui abiti.

Si parla di un milione di morti nel Meridione.
 
Esempio:

"E' rimasto conservato nell'Archivio storico della procura di Palermo il fascicolo relativo ad Antonio Cappello, un sordomuto di vent'anni, che il capitano medico Antonio Rastelli ustionò per 154 volte con un ferro rovente (bruciature accertate sul corpo) ritenendo che facesse finta di non sentire. I familiari ricorsero in Tribunale, ma i giudici sentenziarono la buona fede dell'ufficiale, che l'anno dopo fu insignito della croce di San Maurizio e Lazzaro"
 
O

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Siamo su quei livelli. Ci fu un vero e proprio tentativo di genocidio in atto nel Meridione d'Italia. Si stabilì il diritto di rappresaglia. Tu ammazzi un soldato piemontese, noi ammazziamo tua moglie, i tuoi figli, i tuoi parenti, ti bruciamo casa e già che ci siamo diamo fuoco anche al villaggio in cui abiti.

Si parla di un milione di morti nel Meridione.

Nel mio paese li impiccavano in piazza.:(((
 
Oppure gli tagliavano la testa e la spedivano al Lombroso per studiare la tua fossetta occipitale. Quella che ti rende geneticamente delinquente. Possibile che le scolaresche paghino 2-3 euro per leggere ancora sotto un teschio di un pover'uomo meridionale nella formalina: Uomo meridionale, naturalmente delinquente. Poi bisogna spiegarglielo che le teorie lombrosiane sono campate in aria.
 

Frundsberg

New member
Siamo su quei livelli. Ci fu un vero e proprio tentativo di genocidio in atto nel Meridione d'Italia. Si stabilì il diritto di rappresaglia. Tu ammazzi un soldato piemontese, noi ammazziamo tua moglie, i tuoi figli, i tuoi parenti, ti bruciamo casa e già che ci siamo diamo fuoco anche al villaggio in cui abiti.

Si parla di un milione di morti nel Meridione.
Come nell'altra discussione (ne hai aperte due , ben due su questo tema) mi trovo costretto a lasciare.
Trovo profondamente insultante paragonare alla pulizia etnica effettiva dei srbi qualche cosa che sicuramente è stato violento...ma non in questa misura.
Ho già espresso il mio disappunto anche riguardo al paragone balzano, diciamo così, con la Shoah o il genocidio armeno.
Ripeto, io lascio.
Non mi piace litigare nella vita, figuriamoci su un forum...
Ma vi prego : non fate confusione!
Qualche libro sul risorgimento italiano l'ho letto : "SI PARLA" di un milione di morti? MA DOVE?
Fermo restando che, a mio avviso, anche un morto è di troppo, il dicitur, dicunt e simili...NON ESISTONO!
Ripeto: paragonare ciò che è avvenuto da voi (che brutta espressione mi costringete a utilizzare) durante l'unificazione alla Shoah, all'operato dei Giovani Turchi, ai genocidi maledettamente provati dall'Aja nella mia ex-Jugoslavia...lo trovo scorretto ed un tantino inspiegabile.
Talvolta mi sembra di percepire una vocazione al martirio...una sorta di cupio dissolvi.
Bene, continuate pure, ma senza di me.
Ossequi.
PS Un genocidio è qualcosa di severamente reale. Ti si conficca nel cranio e non ti molla più.
Io al vostro posto non vivrei in questo paese, se lo trovate così ostile.
Ma si sa...noi slavi siamo tutti un po' pazzi.
Buon week-end.
 

Nerst

enjoy member
Le opinioni tra chi si documenta, leggendo, e chi le cose le ha vissute sono separate da un abisso.

Perdonate il mio OT.
 
O

Ospite 01

Guest
Ladri e Briganti

Non sento più la voce dei bimbi per i
vicoli di questo paese

Vedo solo vecchi al
sole e vecchie vestite di nero
Sono partiti in tanti
qui non c'è speranza

Disoccupazione, miseria servilismo e
disperazione
offre questa ricca terra
Svenduta e derubata
da ladri e briganti insigniti di
potenza

Gaetano Guerrieri - Poeta Lucano
 
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