Mizar! sarei felice e lieto di sbagliarmi, nonché avrai le mie scuse e una ritrattazione scritta, quando leggerò il testo delle scuole medie che mi riporta obiettivamente come sono andate le cose durante gli anni 1860 - 1870. Lo dico senza polemica, inviami una pagina di quel libro e ti sarò grato ad imperitura memoria.
Non è che tu abbia capito granché di quello che riporto, non c'è nessuna lamentazione, solo riscoprire una verità che ci è stata celata per 150 anni. Io sono vissuto di retorica risorgimentale, sono uno di quelli che ha adorato Cuore: la piccola vedetta lombarda, il tamburino sardo, il piccolo patriota padovano. Racconti che non ti nascondo mi hanno entusiasmato. Quando mio padre mi raccontava l'episodio di mio nonno sul ponte di Bassano, con il Re che gli sbatteva la mano sul petto e diceva: "Coraggio ragazzi". Poi scopro che noi meridionali venivamo usati come carne da macello. La metà dei morti della prima Guerra Mondiale è stata meridionale, eppure eravamo un terzo della popolazione. La mia famiglia ci ha lasciato due persone sulle montagne del Carso.
Io ho accettato l'emigrazione come qualcosa di ineluttabile, qualcosa che è insito nelle dinamiche di ogni popolo. Solo ora ho capito che ad emigrare sono i più poveri. La mia è una famiglia di emigranti, emigrante il mio trisnonno, emigrante il mio bisnonno, emigranti i miei nonni, emigrante mio padre, emigranti noi fratelli (altro tipo di emigrazione, ma sempre emigrazione è). Siamo quasi sempre tornati salvo il mio trisnonno e il mio bisnonno ed ora i miei fratelli.
Ripeto non sono lamentazioni, ma un appropriarsi della propria storia. Quella che ci è stata negata dai libri di storia delle medie, del liceo, dell'Università.
Dici di conoscere cosa è successo nel subappennio dauno, mi fa piacere, ma io abito a 10 km in linea d'aria da quei luoghi e fino a pochi anni fa non né sapevo nulla. Vedevo solo quei pozzi e mio padre mi diceva che c'era del gas.
Il tuo accusarmi di lamentazione, il tuo dire: è cosa risaputa. E' ciò che sosteneva Schopenauer: "la verità attraversa tre fasi: prima la si ridicolizza,
poi ci si oppone violentemente; infine, la si accetta come ovvia".
Ti riporto un passo del libro di Aprile:
Se ne andarono anche dai paesi del Subappennino Dauno, quella parte del
foggiano dove il Tavoliere di Puglia comincia a ondularsi, per ergersi sino alle
asperità irpine. Vi parlo di una vicenda poco nota (in Italia, perché giornali nazionali e
tv di stato la ignorarono, mentre Reuters e BBC mandarono inviati speciali e troupe
per narrarla al mondo). E ve ne parlo, perché è uno degli episodi che meglio riassume
il rapporto fra economia del Nord (fatta con i soldi di tutti) e politica gregaria del Sud,
per opprimere i meridionali e privarli delle loro risorse.
E' una terra bellissima, il Subappenino Dauno: a est, i rilievi digradano al piano
con rotondità femminee, sensuali; a nord-est, nei giorni tersi, il Gargano si leva
azzurro-nuvola sul Tavoliere che sembra tornare a quel che era: una sterminata laguna
su cui galleggia una bassa foschia, figlia di millenni di umido; a sud-sud-ovest, già si
tocca il massiccio vulcanico del Vulture, montagna che pare aver partorito una civiltà
indipendente e altissima (da quelle pendici scendono grandi cervelli e grandi vini). I
resti dell'immensa foresta che ricopriva tutto spiegano perché Federico II veniva a
caccia qui e il suo studio sulla falconeria (innumerevoli rapaci vi volano sulla testa).
Qui hai isole linguistiche inaspettate: quel "dialetto" musicale, dolce, è franco-
provenzale, la lingua dei trovadori, della chanson des gentes.
Qui, negli anni Sessanta, si visse l'illusione che il miracolo economico fosse
possibile senza emigrare: era stato appena scoperto il più grande giacimento di gas
d'Italia, forse d'Europa: quaranta miliardi di metri cubi di metano. Per quell'area, bella
e depressa, può essere lavoro, aziende di trasformazione, istituti professionali, cultura
industriale e industrializzazione dell'agricoltura, con energia a basso costo. Dio ha
steso la sua mano sui poveri del Subappennino. Che accolgono con i fiori, manco alle
Hawaii, il rappresentante della Snia-Viscosa, ingegner Casini. Ma si capisce che
qualcosa non va, forse lo stato non la pensa come Dio. La gente di Candela, Ascoli
Satriano, Deliceto, Accadia, Castelluccio dei Sauri, Rocchetta Sant'Antonio comincia
una battaglia che durerà anni, coinvolgerà tutti, con forme di auto-organizzazione che
susciteranno la curiosità di osservatori stranieri, il disorientamento dei partiti, la
reazione dello stato. In trentamila, con i vecchi, i bimbi, donne e uomini marciano sul
capoluogo. Temono che il loro metano faccia la fine della bauxite del Gargano, che
semina scorie e disoccupati sul posto, lavoro e ricchezza a porto Marghera. Mario
Giorgio (La sconfitta del Subappennino Dauno) ha raccontato la vicenda giorno per
giorno, quasi. Vi dico come finisce: l'Eni fa quel che vuole, usa stato e partiti ascari a
Roma, politicanti indigeni sul posto; un suo funzionario locale avvia da lì la sua
carriera governativa; i dauni son piegati con promesse disattese, cooptazione di
qualche leader, richieste di centinaia di milioni, per "mancato guadagno", minacce,
brutali interventi di polizia: centinaia di denunciati, molti arresti, espatri negati agli
emigranti, "certificazione di procedimenti in corso" contro diplomati, che rischiano di
essere esclusi dai concorsi pubblici...
Il gas, Eni dixit, serviva all'industria del Nord. E lì andò. Dovettero andarsene pure
i dauni. Un'amnistia cancellò i "reati" della protesta di popolo nonviolenta. L'ordine e
la regola tornarono a regnare nel Subappennino: le risorse predate e condotte altrove,
la gente schiacciata e l'emigrazione quale sola via di sopravvivenza. Poi, il
telegramma: «At seguito interessamento onorevole Romita sottosegretario stato
Interni viene disposta data odierna assegnazione at prefetto Foggia contributo
straordinario lire venti milioni per attuazione interventi assistenziali, tramite Eca
competenti, a sollievo disoccupazione comuni interessati note vicende metanifere»:
non lavoro, ma disoccupazione con elemosina, così, domani, i ladri di metano
potranno urlare: «Basta lavorare noi, per quella gente lì!».