Bloch, Robert - Psycho

Shoofly

Señora Memebr
"Nel sentire quel rumore improvviso, Norman Bates ebbe un sussulto.
Sembrava che qualcuno stesse battendo alla finestra.
Alzò lo sguardo, rapido, pronto ad alzarsi, e il libro gli scivolò dalle mani nell’ampio grembo. Era solo la pioggia. La pioggia del tardo pomeriggio, che batteva sulla finestra del salotto.
Norman non si era neanche accorto che avesse cominciato a piovere, né che fosse calato il sole. Ma la stanza era buia, adesso, e si allungò per accendere la lampada prima di riprendere la lettura. Era una di quelle lampade da tavolo vecchio stile, con il paralume di vetro decorato e le frange di cristallo. Sua madre ce l’aveva da sempre, almeno da quanto ricordava lui, e non voleva liberarsene per nessuna ragione.
Non che Norman avesse qualcosa da obiettare, a dire il vero; aveva vissuto in quella casa per tutti i quarant’anni della sua vita, e c’era qualcosa di gradevole e rassicurante nell’essere circondato da oggetti familiari. Là dentro tutto era in ordine e al suo posto; fuori no, era diverso, era lì che cambiavano le cose. E la maggior parte di quei cambiamenti rappresentavano quasi sempre una potenziale minaccia. Mettiamo il caso che avesse trascorso l’intero pomeriggio a passeggiare, per esempio. Si sarebbe potuto trovare in una stradina isolata o in mezzo a qualche pantano, proprio mentre cominciava a piovere. Sarebbe stato costretto a tornarsene a casa al buio, barcollando, bagnato fino alle ossa. Si può anche morire di freddo così, e poi, a chi andrebbe di starsene fuori, di sera? Molto meglio qui in salotto, sotto la lampada, in compagnia di un buon libro.
Quando piegò il capo per riprendere a leggere la luce illuminò il suo volto gonfio, mentre il riflesso si allungava dagli occhiali senza montatura fino a inondare la pelle rosa del cranio, sotto i pochi capelli rossicci."

Così comincia Psycho, il capolavoro assoluto di Robert Bloch, A.D. 1959.

Una storia agghiacciante che dall'apparente normalità del quotidiano scivola verso l'abisso insondabile della follia.
Rispetto all'omonimo film di Hitchcock vi sono molti particolari diversi.
Norman Bates è, nel libro, d'aspetto florido (anzi ciccione), chiaro di carnagione e di capelli, con gli occhiali molto spessi e un aspetto innocuo. Un isospettabile quindi, la qual cosa rende ancor più sconcertante il crescendo di violenza al quale ben presto si abbandona.

Una lettura per palati forti: la famosa scena della doccia, ad esempio, nel film non menziona la decapitazione che è invece narrata con particolari molto cruenti nel libro.

Lo stile, inconfondibile, dell'autore è essenziale, esplicito, tagliente come l'arma dello stesso Norman, si dipana in appena 150 pagine, così intense da costringere il lettore a non mollare la presa fino alla parola "fine".
 

darida

Well-known member
peccato essermi giocata questa lettura, sono una fan...si fa per dire :mrgreen: del Norman Bates cinematografico, ciccione nel romanzo? naaaa, non ci siamo proprio, plagiata dalle immagini ahimè...:wink:
 

Shoofly

Señora Memebr
peccato essermi giocata questa lettura, sono una fan...si fa per dire :mrgreen: del Norman Bates cinematografico, ciccione nel romanzo? naaaa, non ci siamo proprio, plagiata dalle immagini ahimè...:wink:

Sì, insomma è un ciccioncello roscetto.....

Certo che Bloch non avrebbe fatto i soldi che ha fatto se Hitchcock non ne avesse scelto il racconto per il film, mettendoci per giunta un interprete insuperabile come Antony Perkins (oggi Philip Seymour Hoffman, per esempio, sarebbe perfettamente in linea col personaggio letterario, ma con quali esiti??? :? Mah.... sarebbe bello però avere un remake che proponesse una lettura "ortodossa" del romanzo) :mrgreen:
 
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