bouvard
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Questo breve racconto è stato scritto da Wells nel 1904, quando ancora era possibile immaginare che esistesse qualche luogo sperduto della Terra non ancora raggiunto dalla civilizzazione. In effetti il villaggio al centro del racconto, non era proprio estraneo alla civiltà, in quanto in un lontano passato aveva avuto contatto con gli spagnoli, ma poi a causa di un cataclisma naturale era rimasto completamente isolato e il "sapere" acquisito grazie a quei contatti si era perso.
Con il passare delle generazioni si era verificata anche un'altra anomalia, gli abitanti del villaggio erano diventati ciechi, ed avevano imparato ad organizzare la propria vita facendo affidamento sugli altri sensi.
Nunez, il protagonista del racconto, arriva in questa valle a causa di una caduta durante un'arrampicata. Egli resta all'inizio perplesso, perché pur avendo sentito parlare del "paese dei ciechi", come tutti pensava fosse solo una leggenda. Con la presunzione dell'uomo che vede e che pensa di avere qualcosa in più degli altri cerca all'inizio di spiegare ai ciechi cosa significa "vedere" e cosa sia la "vista", ma tutti i suoi tentativi vengono messi in ridicolo. Quando viene preso per pazzo, comincia a pensare di poter sfruttare il suo vantaggio - la vista - per dominare questa gente. "In terra di ciechi il monocolo è re" perciò non pensa di trovare ostacoli al suo tentativo. Ma le cose non sono così scontate.
La lettura è scorrevole, ma si ha la costante sensazione che dietro quello che si legge vi sia qualcosa di ben più profondo. Cosa è davvero questo racconto? Una condanna dei danni compiuti dalla dominazione spagnola sulle popolazioni andine e in generale una condanna per ogni forma di dominazione/oppressione tra popoli? Una condanna della presunzione umana, visto la pochezza del nostro sapere? Una condanna dell'inutilità e della inconcludenza degli atteggiamenti da "partito preso"? Probabilmente tutto questo ed altro ancora.
Con il passare delle generazioni si era verificata anche un'altra anomalia, gli abitanti del villaggio erano diventati ciechi, ed avevano imparato ad organizzare la propria vita facendo affidamento sugli altri sensi.
Nunez, il protagonista del racconto, arriva in questa valle a causa di una caduta durante un'arrampicata. Egli resta all'inizio perplesso, perché pur avendo sentito parlare del "paese dei ciechi", come tutti pensava fosse solo una leggenda. Con la presunzione dell'uomo che vede e che pensa di avere qualcosa in più degli altri cerca all'inizio di spiegare ai ciechi cosa significa "vedere" e cosa sia la "vista", ma tutti i suoi tentativi vengono messi in ridicolo. Quando viene preso per pazzo, comincia a pensare di poter sfruttare il suo vantaggio - la vista - per dominare questa gente. "In terra di ciechi il monocolo è re" perciò non pensa di trovare ostacoli al suo tentativo. Ma le cose non sono così scontate.
La lettura è scorrevole, ma si ha la costante sensazione che dietro quello che si legge vi sia qualcosa di ben più profondo. Cosa è davvero questo racconto? Una condanna dei danni compiuti dalla dominazione spagnola sulle popolazioni andine e in generale una condanna per ogni forma di dominazione/oppressione tra popoli? Una condanna della presunzione umana, visto la pochezza del nostro sapere? Una condanna dell'inutilità e della inconcludenza degli atteggiamenti da "partito preso"? Probabilmente tutto questo ed altro ancora.
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