Raimo, Veronica - Niente di vero

estersable88

dreamer member
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La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L'unica rivoluzione possibile è smettere di piangerci su.
Prendete lo spirito dissacrante che trasforma nevrosi, sesso e disastri famigliari in commedia, da Fleabag al Lamento di Portnoy, aggiungete l'uso spietato che Annie Ernaux fa dei ricordi: avrete la voce di una scrittrice che in Italia ancora non c'era. Veronica Raimo sabota dall'interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero, seminando sassolini indimenticabili sulla strada. All'origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l'impostura per inventare se stessa. Se la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità, allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all'indicibile. In questa storia all'apparenza intima, c'è il racconto precisissimo di certi cortocircuiti emotivi, di quell'energia paralizzante che può essere la famiglia, dell'impresa sempre incerta che è il diventare donna. Con una prosa nervosa, pungente, dall'intelligenza sempre inquieta, Veronica Raimo ci regala un monologo ustionante.

Il romanzo autobiografico di Veronica Raimo è breve (si legge in una sera appena), ma lascia qualcosa che sedimenta in qualche recesso della mente e si ripropone alla distanza. È quel senso di comunione, di solidarietà nel condividere le disavventure, è quel bruciore condiviso che si sente quando, per sopravvivere in un determinato contesto, ci si è dovuti adattare. E per sopravvivere alla sua famiglia, Veronica si è dovuta necessariamente adattare… come? Creandosi la propria versione della realtà, le proprie personali rivisitazioni dei ricordi, giocando su un'ironia pungente ed a volte dissacrante, mettendosi a nudo prima di tutto con se stessa, in una sorta di narrazione allo specchio. Un libro breve, sì, non certo un capolavoro, ma sicuramente una lettura che ci lascia molti spunti su cui riflettere: è impossibile non fare il paragone tra la vita di Veronica e la nostra, tra la nostra famiglia e la sua, fra esperienze e ricordi da confrontare. E il tono con cui Veronica Raimo ci racconta le sue è proprio quello giusto: verrebbe quasi di risponderle con le nostre, in un'immaginaria e surreale conversazione. Consigliato? Sì, dai, direi di sì.
 

MaxCogre

Well-known member
Condivido quello che dice ester, il libro è bello e strappa delle risate, e anche un po' di commozione, per quanto l'educazione 'paradossale' che hanno ricevuto i due fratelli raimo, entrambi scrittori oggi, li renda refrattari alla manifestazione aperta dei sentimenti. Anche io mi sono 'cimentato' nel memoir in un racconto dei concorsamici, e ricordo il commento di carcarlo, che coincide con quanto tu dici - il memoir è bello perchè ti fa ripensare alla tua di vita. Alla fine dài, siamo lì con Veronica e facciamo sì con la testa: ci siamo passati anche noi da quelle porte, fatto scemenze simili, accettato dei compromessi. Quello che ha la Raimo in più è che li sa raccontare, vedendo a posteriori quando e come e quanto i fatti della sua vita familiare (buffi, esilaranti, incredibili, tristi, incongrui) la hanno trasformata in quello che è oggi...
 
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MaxCogre

Well-known member
Mi sembra però incongruo il modo in cui l'editore in combutta con l'autrice tentano di 'venderci' l'unicità del memoir: sabotare il racconto di formazione con la scoperta dell'impostura per inventare sé stessi. Siamo tutti più o meno impostori, tutti dobbiamo adattarci. L'inutilità del ricordo in quanto reinventato e manipolato, inautentico (chiosa dell'autrice alle ultime pagine): non è vero, il ricordo è sempre reinventato, è così che funziona il gioco. Chiunque abbia mai provato a ricordare fatti salienti occorsi anche solo un mese prima, sà benissimo che si è costretti ad inventare, già per il solo fatto di doverli raccontare, quindi per il fatto di dovergli dare un senso, terzo perchè da questo senso dobbiamo uscirne possibilmente senza le ossa rotte.
 
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MaxCogre

Well-known member
E in questo semmai, nell'onestà del risultato finale anche se presentato in modo comico e ironico, perchè Veronica un pò con le ossa rotte ci esce da questo memoir, con tutti i suoi limiti e le sue fobie - è proprio in questo che il ricordo diventa letteratura, un libro molto coinvolgente. Un altra cosa che mi ha fatto pensare il romanzo è come le famiglie siano tutte più o meno disfunzionali, ma ognuna nel suo modo bizzarro. E anche a come, dopo, ripensandoci, anche a voler 'criticare' si va a un conflitto di interessi interno: noi, in parte, siamo il risultato di quella educazione e di quella 'stramberia', possiamo dunque strapparci un braccio o una gamba? non credo proprio (ahi - ci sto provando ora lol)
 
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alessandra

Lunatic Mod
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L'ho letto anch'io parecchio tempo fa, mi era piaciuto molto e purtroppo mi ero pienamente ritrovata in alcuni racconti. Leggerlo era stato catartico perché lei sa alleggerire tutto con l'ironia.
 
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