Shoshin
Shikata ga nai
In una ventosa mattina d’aprile del 1845, il giovane Eliot Saxby, collezionista di piccole cose, uova di uccelli introvabili, animali estinti e altri reperti del passato , si imbarca sull’Amethyst, un brigantino a tre alberi all’ancora nel porto di Liverpool. La nave è diretta all’Artico, dove Saxby conta di entrare in possesso di qualche resto un becco, una zampa o qualsiasi altra cosa da serbare in una teca ,di alca impenne, un uccello di notevole dimensione inabile al volo e probabilmente estinto da quando i cacciatori hanno preso stabile dimora nelle terre del Nord.
La ciurma carica le scorte, molla gli ormeggi e, nell’istante in cui l’Amethyst abbandona la banchina del porto di Liverpool, Eliot Saxby avverte un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Col senno di poi, si chiederà se quello sia stato il primo avvertimento, la premonizione di un viaggio maledetto e fatale.
L’equipaggio e i passeggeri sono stranamente assortiti e non tardano a svelare la loro natura. Il capitano Sykes, basso e grassoccio, con una giubba pesante abbottonata fino al collo e due ciuffi di capelli biondi e ispidi ai lati della testa, ha l’aria di un furbo, enigmatico vagabondo. Il signor French, il suo secondo, schiena diritta, colletto rigido e portamento perennemente impettito, è troppo cerimonioso per riuscire a fugare i dubbi sulla sua persona. Edward Bletchey, il giovane dandy che si aggira sul ponte coi suoi abiti sgargianti e i capelli lucidi di un biondo rossiccio acconciati alla moda in lunghi boccoli, ha modi impeccabili, ma un bagliore fugace e furtivo negli occhi. E, infine, sua cugina, la bella, eterea Clara, elegante nei suoi abiti di broccato di seta color oro, sfugge troppo gli sguardi degli altri passeggeri per non suggerire il disagio di trovarsi, lì, su quel brigantino. La ciurma è nervosa, una donna a bordo, benché delicata e attraente, è chiaro auspicio di sventura. Eliot Saxby, invece, osserva la giovane e gli sembra di riconoscere in lei una persona incontrata molti anni prima.
I fantasmi del passato si accalcano sull’Amethyst, come clandestini silenziosi che reclamano spazio e voce. Quanto più la nave si addentra tra i ghiacciai dell'Artico, dove i confini del mondo noto sembrano svanire e le regole della civiltà non avere più senso, tanto più i destini dei singoli passeggeri si mostrano uniti da sorprendenti, inaspettati legami.
Ho letto questo libro in pochi giorni,
raccolta in un silenzioso mio mondo.
Quel mondo che ,ogni tanto ,riaffiora .
Richiamato ai bordi della memoria.
È stata una lettura intensa,profonda,
guidata e protetta dalla toccante penna di Jeremy Page.
Un viaggio dentro l'uomo,in mezzo alla natura sconfinata,ai confini del mondo.
Dove tutto è magnifico e puro,
perché,come scrive Page,
"la natura è tenace, si aggrappa alle cose semplici e detesta il vuoto, che sempre colma. La natura sostituisce, continuamente.."
L'uomo invece,spesso spinto dalla cupidigia e dall'egoismo,rinuncia a lasciare andare.
Rinuncia a rispettare.
Dimentica di preservare
per quanti verranno dopo.
Ho amato le pagine di questo romanzo,considerato dal Guardian
"Visionario ed intenso".
Il finale,malinconico,ma aperto ad uno spiraglio di luce lontana ,mi ha commosso.
Ho letteralmente voluto bene al giovane Eliot,come fosse un nipote,un figlio.
Ho rispettato il suo percorso nel romanzo.
Ho sofferto accanto a lui durante il racconto di battute terribili di caccia,dove gli uomini mostravano tutta la ferocia di cui potessero essere capaci.Ho atteso con lui il tempo dell'amore che non si è avverato.
E l'ho accompagnato fino all'ultimo scoglio,dentro un anfratto riparato dalla furia del vento,dove anni prima aveva portato un'alca impenne e il suo pulcino,salvati dalle mani di uomini senza scrupoli,che ne avrebbero causato l'estinzione.
Se potessi resterei seduta accanto a lui,sul promontorio di Mingulay,e mi farei raccontare lunghe storie sulle migrazioni degli uccelli,su come riescono a sopravvivere volando per migliaia di chilometri,guidati dall'istinto primordiale cucito nel cuore e sulle ali.
Mi appoggerei al suo braccio per discendere sulle rocce aguzze e scivolose alla ricerca di un angolo aperto alla vista dell'orizzonte.
Sono certa che resterei in silenzio.
L'infinito va cercato nel silenzio assoluto...
E poi sono andata ,come faccio sempre,a raccogliere immagini e storie di un'altra protagonista del romanzo.L'alca impenne,o pinguino boreale.
Si tratta di un uccello incapace di volare, estintosi nella seconda metà del 1800,per mano dell'uomo, mosso dalla crudeltà .
Sono rimasta per ore a leggere di tutto su questo uccello,di cui,fino a pochi giorni fa,non avevo mai sentito parlare.
...Un libro meraviglioso per me.
Lo avevo nella mia piccola libreria da tempo,e poi è arrivato il "suo "tempo .
naturalizzazioneditalia.altervista.org
La ciurma carica le scorte, molla gli ormeggi e, nell’istante in cui l’Amethyst abbandona la banchina del porto di Liverpool, Eliot Saxby avverte un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Col senno di poi, si chiederà se quello sia stato il primo avvertimento, la premonizione di un viaggio maledetto e fatale.
L’equipaggio e i passeggeri sono stranamente assortiti e non tardano a svelare la loro natura. Il capitano Sykes, basso e grassoccio, con una giubba pesante abbottonata fino al collo e due ciuffi di capelli biondi e ispidi ai lati della testa, ha l’aria di un furbo, enigmatico vagabondo. Il signor French, il suo secondo, schiena diritta, colletto rigido e portamento perennemente impettito, è troppo cerimonioso per riuscire a fugare i dubbi sulla sua persona. Edward Bletchey, il giovane dandy che si aggira sul ponte coi suoi abiti sgargianti e i capelli lucidi di un biondo rossiccio acconciati alla moda in lunghi boccoli, ha modi impeccabili, ma un bagliore fugace e furtivo negli occhi. E, infine, sua cugina, la bella, eterea Clara, elegante nei suoi abiti di broccato di seta color oro, sfugge troppo gli sguardi degli altri passeggeri per non suggerire il disagio di trovarsi, lì, su quel brigantino. La ciurma è nervosa, una donna a bordo, benché delicata e attraente, è chiaro auspicio di sventura. Eliot Saxby, invece, osserva la giovane e gli sembra di riconoscere in lei una persona incontrata molti anni prima.
I fantasmi del passato si accalcano sull’Amethyst, come clandestini silenziosi che reclamano spazio e voce. Quanto più la nave si addentra tra i ghiacciai dell'Artico, dove i confini del mondo noto sembrano svanire e le regole della civiltà non avere più senso, tanto più i destini dei singoli passeggeri si mostrano uniti da sorprendenti, inaspettati legami.
Ho letto questo libro in pochi giorni,
raccolta in un silenzioso mio mondo.
Quel mondo che ,ogni tanto ,riaffiora .
Richiamato ai bordi della memoria.
È stata una lettura intensa,profonda,
guidata e protetta dalla toccante penna di Jeremy Page.
Un viaggio dentro l'uomo,in mezzo alla natura sconfinata,ai confini del mondo.
Dove tutto è magnifico e puro,
perché,come scrive Page,
"la natura è tenace, si aggrappa alle cose semplici e detesta il vuoto, che sempre colma. La natura sostituisce, continuamente.."
L'uomo invece,spesso spinto dalla cupidigia e dall'egoismo,rinuncia a lasciare andare.
Rinuncia a rispettare.
Dimentica di preservare
per quanti verranno dopo.
Ho amato le pagine di questo romanzo,considerato dal Guardian
"Visionario ed intenso".
Il finale,malinconico,ma aperto ad uno spiraglio di luce lontana ,mi ha commosso.
Ho letteralmente voluto bene al giovane Eliot,come fosse un nipote,un figlio.
Ho rispettato il suo percorso nel romanzo.
Ho sofferto accanto a lui durante il racconto di battute terribili di caccia,dove gli uomini mostravano tutta la ferocia di cui potessero essere capaci.Ho atteso con lui il tempo dell'amore che non si è avverato.
E l'ho accompagnato fino all'ultimo scoglio,dentro un anfratto riparato dalla furia del vento,dove anni prima aveva portato un'alca impenne e il suo pulcino,salvati dalle mani di uomini senza scrupoli,che ne avrebbero causato l'estinzione.
Se potessi resterei seduta accanto a lui,sul promontorio di Mingulay,e mi farei raccontare lunghe storie sulle migrazioni degli uccelli,su come riescono a sopravvivere volando per migliaia di chilometri,guidati dall'istinto primordiale cucito nel cuore e sulle ali.
Mi appoggerei al suo braccio per discendere sulle rocce aguzze e scivolose alla ricerca di un angolo aperto alla vista dell'orizzonte.
Sono certa che resterei in silenzio.
L'infinito va cercato nel silenzio assoluto...
E poi sono andata ,come faccio sempre,a raccogliere immagini e storie di un'altra protagonista del romanzo.L'alca impenne,o pinguino boreale.
Si tratta di un uccello incapace di volare, estintosi nella seconda metà del 1800,per mano dell'uomo, mosso dalla crudeltà .
Sono rimasta per ore a leggere di tutto su questo uccello,di cui,fino a pochi giorni fa,non avevo mai sentito parlare.
...Un libro meraviglioso per me.
Lo avevo nella mia piccola libreria da tempo,e poi è arrivato il "suo "tempo .

Il PINGUINO BOREALE - quanto sarebbe bello se fosse ritrovato ancora in vita, se tornasse! E non solo lui ... | La Naturalizzazione d'Italia
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