ragazzi ecco un altro piccolo pezzo del mio libro. Di questa parte son molto fiero (passatemelo dai...), probabilmente perchè son riuscito a rappresentarmi in parole. A voi l'ultima parola...
A volte si crede di essere forti, a volte ci si crede imbattibili, a volte. Il più di queste volte si ha torto, e lo sappiamo benissimo, ma non lo vogliamo ammettere, non vogliamo far saziare la nostalgia e la tristezza dell’ultimo brandello di essenza che ci rimane.
Si pensa troppo ecco qual è il problema, almeno il mio, si pensa costantemente, quando si aprono gli occhi alla mattina, quando li chiudiamo alla sera, quando ci laviamo i denti, quando tratteniamo le lacrime perché stiamo pensando a chi quelle lacrime sono dirette.
Si crede di essere forti, ma non lo siamo, pensiamo che gli amici possano aiutarci che tanto prima o poi tutto passi, ma non è così, e noi lo sappiamo.
Cerchiamo di mentire.
Siamo tutti dei pessimi mentitori, o almeno io. Crediamo di non subire le conseguenze che gli altri decidono per noi, crediamo di essere una spanna sopra, siamo degli inguaribili creduloni, ecco cosa siamo, siamo dei bambini, e forse lo rimaniamo per le cose importanti o almeno io lo sono rimasto.
Si pensa che l’amore sia fatto per sorridere, io ci ho pianto dietro. Si crede che finalmente succeda a qualcun altro, con estremo opportunismo e cattiveria, ma non accade mai .
Si crede che quel sorriso sia per te, che quel bellissimo sorriso ci sia sempre, invece no, le immagini si riflettono, e rimangono solo per un istante e ad un tratto ti ritrovi a fissare un’ombra, e le ombre ci fanno compagnia tutta la vita, ma loro non hanno sorrisi, non si riflettono, ma riflettono qualcun altro anzi il loro contorno e poi lo riempiono di nero.
Ci sentiamo forti, ci sentiamo imbattibili, “Nessuno mi fermerà !” lo pensiamo tutti e ne siamo convinti, forse riusciamo anche a convincere qualcuno, ma stiamo solo riempiendo i contorni di nero anticipando l’inevitabile.
Pensiamo troppo, o almeno io lo faccio e questo mi logora. Penso che quel sorriso fosse mio, penso che quell’amore fosse mio perché il mio c’è ancora, perché il mio è nato e lo curo, non lo trascuro, ma questo mi uccide.
Voliamo alto noi, si voliamo alto, non ci importa delle ali di cera tanto il sole è lontano, ora stiamo volando, non ci importa, godiamoci il panorama, godiamoci le nuvole, godiamoci l’istante, il respiro, l’attimo, tutto questo perché sappiamo che non può durare, questo perché sappiamo che poi finiremo per trattenere le lacrime per quell’attimo che alla fine non avremmo goduto fino infondo; questo perché siamo degli inguaribili mentitori.
Un sorriso vale mille lacrime, il peso di un ricordo vale la morte, un’immagine merita solo un ombra? Penso di no.
E così penso al mio albero a cosa piangerebbe e credo proprio che piangerebbe tutta la tristezza della gente che gli è passata davanti.
Ecco il mio problema, forse il nostro, è che pensiamo.
Il problema voi direte, e vi domanderete probabilmente dove sta, pensare e riflettere è cosa sana e giusta, ma il mio problema è che penso sempre da solo, e il pensare da soli tende a sminuire le certezze, tende a invogliare la tristezza e la nostalgia ad attaccare quel poco di essenza che ci è rimasta. Da soli tutto fa più rumore, piangere da soli assorda, la solitudine è una gran cassa di risonanza, la migliore che ci sia, dove anche la più piccola cosa ti fa esplodere il cervello e ti fa tendere i muscoli, e se ci si gira non si vede nessuno, qui non siamo in una sitcom, nessuno è lì per noi, perché quelli saranno da qualche altra parte a cercare di non avere un’ombra da riempire. Siamo egoisti.
Siamo soli, o almeno io lo sono, si sono solo, e mentre lo ammetto ho paura, mentre lo ammetto odio chi in questo momento non è con me, mentre penso piango, e mentre piango prendo il pennarello nero e inizio a colorare entro i contorni, anticipo solo l’inevitabile.
Io ho amato, io sono stato buono, forse non è vero; e invece si lo sono stato e questo mi ha fatto male. “Ci ho guadagnato?” mi domando, perché soffro, perché è tutto così insoddisfacente, dove ho sbagliato, quando, quandoooo mi urlo dentro rompendomi le orecchie dell’animo.
Non mi merito ciò, ma forse nessuno se lo merita, ma vorrei che lo avesse qualcun altro tutto questo. Vorrei poter sorridere, ricordarmi di essere una persona, ricordarmi che un abbraccio è l’insieme di odori, di calore, di colori, di battiti sincroni e non solo un ricordo su cui struggersi.
Siamo tutti egoisti. Vorremo tutti la nostra felicità al posto di quella degli altri. Io lo ammetto, ma questo non fa di me né un gran uomo né un patetico essere, io sono solo io, sono solo triste, ferito e solo.
Vorrei non avere foto da guardare, ma foto da fare.
Vorrei fare progetti e non pensare.
Vorrei amare e non solo ricordarlo di una persona.
Non vorrei essere trattato come se fossi invisibile, come se fossi una brutta persona, non lo sono e lo sapete anche voi.
Non si vuole l’indifferenza, non si vuole la pietà, al massimo si danno, ma non le vorremmo mai ricevere, perché noi siamo forti, siamo imbattibili, siamo alti in volo e il sole è ancora lontano e quell’istante ce lo siamo guadagnati e nessuno ce lo può togliere, perché poi sappiamo che lo rimpiangeremo per tutta la vita, perché una lacrima fa il solco soprattutto se non riesce ad uscire.
E in tutto questo ci facciamo schifo ci guardiamo con disprezzo, perché non possiamo essere forti e pensare; siamo meschini ecco cosa siamo, piccoli e insignificanti a piangersi addosso, facciamo schifo, puzziamo, si puzziamo ecco perché ci evitiamo. Noi stessi ci evitiamo, non è paradossale, ci lasciamo da soli, perché la pietà non la vogliamo, e sentiamo il timore di rimanere infetti dal nostro stesso olezzo.
Siamo tutti meschini, lo sappiamo.
Però, c’è un però.
Però piangiamo, però continuiamo a pensare nonostante tutto, continuiamo imperterriti a percuotere il nostro essere, perché non vogliamo dimenticare, noi siamo il nostro ricordo, noi ci viviamo in quel ricordo, e speriamo che diventi, o ritorni, la realtà; perché noi abbiamo amato, perché noi abbiamo pianto, ma gli altri hanno gli occhi asciutti dall’indifferenza del tempo, coperti dal tepore del distacco.
Noi no e lo sappiamo.
“Siamo ancora lontani, ancora un secondo e poi scendo!” ci diciamo intanto che come matti ci guardiamo attorno per percepire tutti i particolari di quel volo, del nostro volo, della nostra vita, mentre battiamo all’impazzata le nostre palpebre per permettere un multiscatto ai nostri occhi, perché abbiamo fame di quell’essenza che qualcuno poi vorrà e sorridiamo impettiti, un po’ impauriti a dir il vero, ma intanto siamo forti e siamo imbattibili.
Le nuvole, i sorrisi, gli odori…e poi , sì e poi accade che ci guardiamo le mani e le vediamo tutte sporche di nero, non siamo mai stati bravi a colorare, siamo usciti fuori dai margini, e ora il nero e tutto intorno a noi, ora siamo anche noi nel nero, anzi …
siamo solo il nero, almeno io lo sono.