Antichi maestri è l'ultimo libro della trilogia sulle Arti (musica, teatro e pittura), scritto da Thomas Bernhard nel 1985, include un famoso attacco contro il filosofo Heidegger: "Quel ridicolo filisteo nazista in calzoni alla zuava".
Come ci dice il risvolto di copertina il protagonista, l'ottantaduenne Reger, cerca i difetti dei capolavori, siano essi quadri, libri o opere musicali. Egli, che conosce l'arte come pochi, avendo dedicato la sua vita alla conoscenza, ci invita e apre le porte al lato oscuro dei capolavori, una sorta di ricerca della conoscenza per negatività e derisione.
La trama è semplice come lo stile: l'insegnante Atzbacher viene convocato dal suo anziano amico Reger per incontrarlo nel celebre museo viennese. Mentre Reger osserva puntigliosamente un quadro del Tintoretto - "Ritratto di uomo barbuto" come fa da trent'anni a questa parte ( perchè solo davanti a quell'opera riesce a pensare con l'intensità necessaria alle sue recensioni per il Times di Londra) - Atzbacher ci fornisce il ritratto di Reger, musicologo e critico d'arte. E Reger come di consueto parla della vita, dell'arte, della politica con un monologo denso e pieno di intelligenza in uno stile intenso e diretto.
Ed ecco che la ricerca della difettività dell'arte si allarga a metafora universale della debolezza e manchevolezza dell'uomo non come mera constatazione, ma come strumento di conoscenza e al fine di inquadrare ogni situazione nella giusta prospettiva.
E' davvero così sbagliato cercare la verità per mezzo di un esasperato ipercriticismo come quello di Reger ? Questa è la domanda che sottende quest'opera meravigliosa. Quanto è valida l'esaltazione di certi capolavori, frutto sempre del'imperfetto umano e quanto invece si capisce nella ricerca delle imperfezioni in essi celate ?
Pieno di giudizi caustici, di riflessioni brillanti, di pensieri contradditori questo libro ci presenta la raffigurazione di un grande ingegno che ha dedicato la sua vita alla meditazione sull'arte in generale e ci illumina con tutta la sua rabbiosa saggezza e nitido acume. Pensieri che sembrano lame di coltelli per quanto sono diretti e sferzanti.
Una citazione (da wikipedia) illumina sullo stile e sulla contradditorietà insita in Reger, come in tutti noi :
" Grazie alla musica salvarsi ogni giorno di nuovo, tirarsi fuori da tutte le nefandezze e le cose disgustose, è questo il trucco, disse, ritrovare ogni giorno la salvezza grazie alla musica, ridiventare ogni giorno, di primo mattino, un vero essere umano che pensa e sente, mi capisce! disse. Ma sì, disse Reger, l'arte, anche se la malediciamo e se a volte ci sembra del tutto pleonastica, e se anche siamo costretti ad ammettere che essa in realtà non vale un accidente, se osserviamo, qui, i quadri di questi cosiddetti Antichi Maestri, che molto spesso, e com'è naturale sempre di più con il passare degli anni, ci sembrano senza senso e senza scopo, nient'altro che maldestri tentativi di piazzarsi artisticamente sulla faccia della terra, malgrado tutto non c'è nient'altro che salvi la gente della nostra fatta se non proprio quest'arte maledetta e dannata, e spesso funesta e disgustosa da far vomitare".
Solo il finale, forse un po' affrettato, non rovina certo un grande libro come questo.
Come ci dice il risvolto di copertina il protagonista, l'ottantaduenne Reger, cerca i difetti dei capolavori, siano essi quadri, libri o opere musicali. Egli, che conosce l'arte come pochi, avendo dedicato la sua vita alla conoscenza, ci invita e apre le porte al lato oscuro dei capolavori, una sorta di ricerca della conoscenza per negatività e derisione.
La trama è semplice come lo stile: l'insegnante Atzbacher viene convocato dal suo anziano amico Reger per incontrarlo nel celebre museo viennese. Mentre Reger osserva puntigliosamente un quadro del Tintoretto - "Ritratto di uomo barbuto" come fa da trent'anni a questa parte ( perchè solo davanti a quell'opera riesce a pensare con l'intensità necessaria alle sue recensioni per il Times di Londra) - Atzbacher ci fornisce il ritratto di Reger, musicologo e critico d'arte. E Reger come di consueto parla della vita, dell'arte, della politica con un monologo denso e pieno di intelligenza in uno stile intenso e diretto.
Ed ecco che la ricerca della difettività dell'arte si allarga a metafora universale della debolezza e manchevolezza dell'uomo non come mera constatazione, ma come strumento di conoscenza e al fine di inquadrare ogni situazione nella giusta prospettiva.
E' davvero così sbagliato cercare la verità per mezzo di un esasperato ipercriticismo come quello di Reger ? Questa è la domanda che sottende quest'opera meravigliosa. Quanto è valida l'esaltazione di certi capolavori, frutto sempre del'imperfetto umano e quanto invece si capisce nella ricerca delle imperfezioni in essi celate ?
Pieno di giudizi caustici, di riflessioni brillanti, di pensieri contradditori questo libro ci presenta la raffigurazione di un grande ingegno che ha dedicato la sua vita alla meditazione sull'arte in generale e ci illumina con tutta la sua rabbiosa saggezza e nitido acume. Pensieri che sembrano lame di coltelli per quanto sono diretti e sferzanti.
Una citazione (da wikipedia) illumina sullo stile e sulla contradditorietà insita in Reger, come in tutti noi :
" Grazie alla musica salvarsi ogni giorno di nuovo, tirarsi fuori da tutte le nefandezze e le cose disgustose, è questo il trucco, disse, ritrovare ogni giorno la salvezza grazie alla musica, ridiventare ogni giorno, di primo mattino, un vero essere umano che pensa e sente, mi capisce! disse. Ma sì, disse Reger, l'arte, anche se la malediciamo e se a volte ci sembra del tutto pleonastica, e se anche siamo costretti ad ammettere che essa in realtà non vale un accidente, se osserviamo, qui, i quadri di questi cosiddetti Antichi Maestri, che molto spesso, e com'è naturale sempre di più con il passare degli anni, ci sembrano senza senso e senza scopo, nient'altro che maldestri tentativi di piazzarsi artisticamente sulla faccia della terra, malgrado tutto non c'è nient'altro che salvi la gente della nostra fatta se non proprio quest'arte maledetta e dannata, e spesso funesta e disgustosa da far vomitare".
Solo il finale, forse un po' affrettato, non rovina certo un grande libro come questo.