Libro bellissimo riassumibile con queste due affermazioni:
E' un libro contro il pessimismo cosmico attualmente presente (a ragione o no non sta a me dirlo) tra i giovani italiani. Un proclamo verso la voglia di fare, una denuncia contro "il gettare la spugna".
L'autore (direttore de La Stampa e giornalista super in gamba) porta alcune riflessioni che dimostrano come impegnandosi e prendendo innumerevoli porte in faccia alla fine si riesca a combinare qualcosa. Se non si prova si ha la certezza che non si riuscirà, se si prova non si avrà il rimorso di non aver provato.
Libro molto bello!
Dal brano "Perché abbiamo bisogno di un sogno"
“Non c’è più il futuro di una volta”.
Il lapsus è un segno dei tempi, a volte.
Dallo sgambetto che l’inconscio tende al senso comune, può emergere un sentire diffuso, una sottile inquietudine, un modo di pensare che – grazie a quell’inciampo involontario – diventa immediatamente lampante e ci mette di fronte al nostro stesso modo di leggere il reale.
Il libro di Mario Calabresi, “Cosa tiene accese le stelle”, è un esorcismo contro la vulgata secondo la quale “si stava meglio quando si stava peggio”, per citare un altro ossimoro di successo.
Attraverso le conversazioni con uomini eccellenti, e attingendo ad un ricco serbatoio di memorie personali, il direttore de “La Stampa” presenta alcuni buoni motivi per non lasciarsi prendere dallo sconforto, e riconoscere invece, alla luce di un cauto ottimismo, quanto siano migliorate le vite degli italiani negli ultimi cinquant’anni.
È vero: la mortalità infantile è crollata al punto da far ritenere a molti analisti stranieri che l’Italia è oggi “il posto più sicuro al mondo dove mettere al mondo un bambino”. L'assistenza sanitaria è garantita per tutti. Molta meno gente muore sulle strade. Ci sono meno omicidi, e vengono commessi complessivamente meno crimini di sangue.
Le malattie – è un fatto - vengono curate in modo molto più mirato ed efficace di un tempo.
Viviamo tutti, o quasi tutti, in appartamenti adeguati alle nostre necessità, dotati di servizi sanitari e allacciati alla rete elettrica. Siamo un paese alfabetizzato, e facciamo sicuramente molta meno fatica di quanta non ne facessero i nostri padri e le nostre madri, e prima di loro le generazioni precedenti, abituate a conquistare ogni millimetro del proprio benessere a costo di fatica e sacrifici.
Un quadro edificante? In parte sì, ma attenzione: la progressione ad infinitum della curva del nostro benessere ha segnato un’inversione, negli ultimi vent’anni, e i giovani non investono più nel proprio futuro perché sono attanagliati da uno scoramento profondo, da una rassegnazione che si trasmette endemicamente, o per via ereditaria.
Sono i padri stessi a mettere le mani avanti, ci spiega Calabresi, inducendo i propri figli a non credere troppo nelle proprie possibilità, per evitare la delusione che inevitabilmente seguirà, quando i giovani dovranno misurarsi con la realtà di un Paese che ha smesso di credere in loro.
Il giornalista, però, non si limita a puntare l’indice contro i mali che affliggono il nostro presente, e – come Diogene – va alla ricerca dell’uomo, per tracciare una mappa minima di personalità luminose cui rivolgersi nei momenti bui.
Assieme a lui incontriamo dunque l’oncologo Veronesi, appassionato sponsor dei giovani, che non ha paura di dire come i ragazzi di oggi valgano quanto (e forse più) dei giovani dei suoi tempi.
Poi c’è Massimo Moratti, che attraverso il filtro del tifo calcistico stabilisce un paragone fra i giorni nostri e quel novembre 1949 in cui suo padre lo portò per la prima volta a vedere giocare l’Inter a San Siro: i tifosi non sono diventati più violenti, sostiene Moratti; quel che davvero è cambiato è la velocità dell’informazione. Oggi sappiamo tutto di tutti, immediatamente, e questo ha cambiato la percezione del mondo in modo radicale.
Franca Valeri dispensa qualche meravigliosa pillola della sua intelligenza indomita e del suo umorismo agrodolce, raccontando dell'epoca in cui la villeggiatura era una vera e propria "altra vita" che si svolgeva da giugno a settembre, ma riconoscendo come sia importantissimo il fatto che oggi siano molte più persone a poter godere delle ferie, seppure per periodi più brevi.
E ancora: docenti universitari, astrofisici, cantanti, studentesse eccezionali e persone normali: tutti concorrono a comporre un mosaico speranzoso e in divenire del tempo in cui viviamo.
Contro ogni irragionevole resa a priori, e nel segno della “capacità che ha ogni individuo di fare la differenza”, per dirla assieme a Jovanotti.
«Una sera di novembre del 1955 mia nonna, che aveva quarant'anni, riconquistò la libertà e si sentì felice: aveva preso in mano un libro ed era riuscita a leggere qualche pagina prima di addormentarsi.» Di solito Maria, la nonna di Mario Calabresi, andava a letto esausta, dopo una giornata spesa a lavare montagne di lenzuola e pannolini. Quella sera, quella in cui per la prima volta aveva usato la lavatrice, è stata, nei suoi ricordi, lo spartiacque tra il prima e il dopo. Oltre mezzo secolo più tardi ci siamo quasi dimenticati di quelle conquiste vissute così straordinariamente; oggi, anzi, il nichilismo, la sfiducia, il fatalismo sono gli umori e i sentimenti più diffusi nel Paese: gli anziani hanno nostalgia del passato, i giovani si rassegnano alla mancanza di prospettive, ed è comune la convinzione di essere capitati a vivere nella stagione peggiore della nostra Storia. Per definire questo malessere e capire quale sia la strada per uscirne, Calabresi ha ricomposto i frammenti di un tempo in cui si faceva fatica a vivere ma era sempre accesa una speranza, e di un presente così paralizzato da non riuscire a mettere a fuoco l'esempio di chi non ha mai smesso di credere nel futuro. «Per riprendere coraggio, per trovare ossigeno, mi sono rimesso a viaggiare nella memoria. Chi lo fa si sente immediatamente più forte: se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.» Un grande viaggio nel vissuto del nostro Paese attraverso le storie di chi - scienziati, artisti, imprenditori, giornalisti e persone comuni - è stato capace di inseguire i propri sogni, affrontando a testa alta le sfide collettive e individuali del mondo di oggi. C'è chi è riuscito a offrire una speranza per i malati incurabili, chi è diventato un prestigioso astronomo e spera ancora di vedere l'uomo su Marte, chi ha trasformato la sua tesi di laurea in un'azienda californiana di successo, e chi ha deciso di cambiare il proprio destino giocando l'unica carta a sua disposizione, lo studio. Per intuire che in mezzo allo sconforto diffuso la strada esiste, perché coltivando le proprie passioni non si rimane delusi e perché la libertà si conquista, anche, con la volontà. Per scoprire un giacimento di vita, energia e coraggio, un luogo in cui «le stelle si sono accese per guidare il cammino degli uomini, la loro fantasia, i loro sogni, per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio».
- il "sogno Americano" c'è anche in Italia, ora!
- si sta meglio adesso che qualche decennio fa.
E' un libro contro il pessimismo cosmico attualmente presente (a ragione o no non sta a me dirlo) tra i giovani italiani. Un proclamo verso la voglia di fare, una denuncia contro "il gettare la spugna".
L'autore (direttore de La Stampa e giornalista super in gamba) porta alcune riflessioni che dimostrano come impegnandosi e prendendo innumerevoli porte in faccia alla fine si riesca a combinare qualcosa. Se non si prova si ha la certezza che non si riuscirà, se si prova non si avrà il rimorso di non aver provato.
Libro molto bello!
Dal brano "Perché abbiamo bisogno di un sogno"
“Non c’è più il futuro di una volta”.
Il lapsus è un segno dei tempi, a volte.
Dallo sgambetto che l’inconscio tende al senso comune, può emergere un sentire diffuso, una sottile inquietudine, un modo di pensare che – grazie a quell’inciampo involontario – diventa immediatamente lampante e ci mette di fronte al nostro stesso modo di leggere il reale.
Il libro di Mario Calabresi, “Cosa tiene accese le stelle”, è un esorcismo contro la vulgata secondo la quale “si stava meglio quando si stava peggio”, per citare un altro ossimoro di successo.
Attraverso le conversazioni con uomini eccellenti, e attingendo ad un ricco serbatoio di memorie personali, il direttore de “La Stampa” presenta alcuni buoni motivi per non lasciarsi prendere dallo sconforto, e riconoscere invece, alla luce di un cauto ottimismo, quanto siano migliorate le vite degli italiani negli ultimi cinquant’anni.
È vero: la mortalità infantile è crollata al punto da far ritenere a molti analisti stranieri che l’Italia è oggi “il posto più sicuro al mondo dove mettere al mondo un bambino”. L'assistenza sanitaria è garantita per tutti. Molta meno gente muore sulle strade. Ci sono meno omicidi, e vengono commessi complessivamente meno crimini di sangue.
Le malattie – è un fatto - vengono curate in modo molto più mirato ed efficace di un tempo.
Viviamo tutti, o quasi tutti, in appartamenti adeguati alle nostre necessità, dotati di servizi sanitari e allacciati alla rete elettrica. Siamo un paese alfabetizzato, e facciamo sicuramente molta meno fatica di quanta non ne facessero i nostri padri e le nostre madri, e prima di loro le generazioni precedenti, abituate a conquistare ogni millimetro del proprio benessere a costo di fatica e sacrifici.
Un quadro edificante? In parte sì, ma attenzione: la progressione ad infinitum della curva del nostro benessere ha segnato un’inversione, negli ultimi vent’anni, e i giovani non investono più nel proprio futuro perché sono attanagliati da uno scoramento profondo, da una rassegnazione che si trasmette endemicamente, o per via ereditaria.
Sono i padri stessi a mettere le mani avanti, ci spiega Calabresi, inducendo i propri figli a non credere troppo nelle proprie possibilità, per evitare la delusione che inevitabilmente seguirà, quando i giovani dovranno misurarsi con la realtà di un Paese che ha smesso di credere in loro.
Il giornalista, però, non si limita a puntare l’indice contro i mali che affliggono il nostro presente, e – come Diogene – va alla ricerca dell’uomo, per tracciare una mappa minima di personalità luminose cui rivolgersi nei momenti bui.
Assieme a lui incontriamo dunque l’oncologo Veronesi, appassionato sponsor dei giovani, che non ha paura di dire come i ragazzi di oggi valgano quanto (e forse più) dei giovani dei suoi tempi.
Poi c’è Massimo Moratti, che attraverso il filtro del tifo calcistico stabilisce un paragone fra i giorni nostri e quel novembre 1949 in cui suo padre lo portò per la prima volta a vedere giocare l’Inter a San Siro: i tifosi non sono diventati più violenti, sostiene Moratti; quel che davvero è cambiato è la velocità dell’informazione. Oggi sappiamo tutto di tutti, immediatamente, e questo ha cambiato la percezione del mondo in modo radicale.
Franca Valeri dispensa qualche meravigliosa pillola della sua intelligenza indomita e del suo umorismo agrodolce, raccontando dell'epoca in cui la villeggiatura era una vera e propria "altra vita" che si svolgeva da giugno a settembre, ma riconoscendo come sia importantissimo il fatto che oggi siano molte più persone a poter godere delle ferie, seppure per periodi più brevi.
E ancora: docenti universitari, astrofisici, cantanti, studentesse eccezionali e persone normali: tutti concorrono a comporre un mosaico speranzoso e in divenire del tempo in cui viviamo.
Contro ogni irragionevole resa a priori, e nel segno della “capacità che ha ogni individuo di fare la differenza”, per dirla assieme a Jovanotti.
«Una sera di novembre del 1955 mia nonna, che aveva quarant'anni, riconquistò la libertà e si sentì felice: aveva preso in mano un libro ed era riuscita a leggere qualche pagina prima di addormentarsi.» Di solito Maria, la nonna di Mario Calabresi, andava a letto esausta, dopo una giornata spesa a lavare montagne di lenzuola e pannolini. Quella sera, quella in cui per la prima volta aveva usato la lavatrice, è stata, nei suoi ricordi, lo spartiacque tra il prima e il dopo. Oltre mezzo secolo più tardi ci siamo quasi dimenticati di quelle conquiste vissute così straordinariamente; oggi, anzi, il nichilismo, la sfiducia, il fatalismo sono gli umori e i sentimenti più diffusi nel Paese: gli anziani hanno nostalgia del passato, i giovani si rassegnano alla mancanza di prospettive, ed è comune la convinzione di essere capitati a vivere nella stagione peggiore della nostra Storia. Per definire questo malessere e capire quale sia la strada per uscirne, Calabresi ha ricomposto i frammenti di un tempo in cui si faceva fatica a vivere ma era sempre accesa una speranza, e di un presente così paralizzato da non riuscire a mettere a fuoco l'esempio di chi non ha mai smesso di credere nel futuro. «Per riprendere coraggio, per trovare ossigeno, mi sono rimesso a viaggiare nella memoria. Chi lo fa si sente immediatamente più forte: se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.» Un grande viaggio nel vissuto del nostro Paese attraverso le storie di chi - scienziati, artisti, imprenditori, giornalisti e persone comuni - è stato capace di inseguire i propri sogni, affrontando a testa alta le sfide collettive e individuali del mondo di oggi. C'è chi è riuscito a offrire una speranza per i malati incurabili, chi è diventato un prestigioso astronomo e spera ancora di vedere l'uomo su Marte, chi ha trasformato la sua tesi di laurea in un'azienda californiana di successo, e chi ha deciso di cambiare il proprio destino giocando l'unica carta a sua disposizione, lo studio. Per intuire che in mezzo allo sconforto diffuso la strada esiste, perché coltivando le proprie passioni non si rimane delusi e perché la libertà si conquista, anche, con la volontà. Per scoprire un giacimento di vita, energia e coraggio, un luogo in cui «le stelle si sono accese per guidare il cammino degli uomini, la loro fantasia, i loro sogni, per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio».