Lanciare libri come forma di protesta:
E’ stato un gesto simbolico che conteneva evidentemente un condivisibile messaggio. Provo a pensare cosa abbiano voluto dire gli autori della rappresentazione. Immagino che volendo dar voce a quella protesta, la traduzione verbale di quella scena sarebbe stato un grido che urlava qualcosa di questo genere:
-Prendete, voi potenti che decidete delle nostre vite e di quelle dei nostri figli, prendete questi libri e leggeteli, capirete così perché le vostre decisioni, che testimoniano quanto poco per voi valga la conoscenza e il sapere, possano recare danno ai cittadini di questo paese.
Comprensibile la loro protesta, difficile dargli torto.
Eppure a me quel gesto non è piaciuto.
Mi sbilancio: c’entra forse l’estetica. Già, perché io quell’immagine così l’ho avvertita, come una rappresentazione di cattivo gusto.
Un libro: l’oggettivazione di una saggezza, una conoscenza, un sapere; di un’idea, di un suggerimento, di una possibilità, di un punto di vista, non si scaglia.
La cultura non aggredisce, non si fa violenta, non invade.
La conoscenza è forza ferma, ad essa ci si avvicina per attrazione, con l’ambizione di succhiarne il contenuto e di dare pienezza al nostro essere, di fortificare la nostra individualità, con la speranza di acquisire quel peso di personalità che è cosa diversa dal peso della persona.
I libri devono essere immobili, fissi, astri che indicano la rotta, punti di riferimento per chi vuol navigare. Per chi vuol rimanere aggrappato allo scoglio della sua ignoranza non c’e’ onda che smuova.
Non si danno libri ai prepotenti, agli arroganti, agli affaristi, agli opportunisti. Perché non si danno perle ai porci.
Luciano
E’ stato un gesto simbolico che conteneva evidentemente un condivisibile messaggio. Provo a pensare cosa abbiano voluto dire gli autori della rappresentazione. Immagino che volendo dar voce a quella protesta, la traduzione verbale di quella scena sarebbe stato un grido che urlava qualcosa di questo genere:
-Prendete, voi potenti che decidete delle nostre vite e di quelle dei nostri figli, prendete questi libri e leggeteli, capirete così perché le vostre decisioni, che testimoniano quanto poco per voi valga la conoscenza e il sapere, possano recare danno ai cittadini di questo paese.
Comprensibile la loro protesta, difficile dargli torto.
Eppure a me quel gesto non è piaciuto.
Mi sbilancio: c’entra forse l’estetica. Già, perché io quell’immagine così l’ho avvertita, come una rappresentazione di cattivo gusto.
Un libro: l’oggettivazione di una saggezza, una conoscenza, un sapere; di un’idea, di un suggerimento, di una possibilità, di un punto di vista, non si scaglia.
La cultura non aggredisce, non si fa violenta, non invade.
La conoscenza è forza ferma, ad essa ci si avvicina per attrazione, con l’ambizione di succhiarne il contenuto e di dare pienezza al nostro essere, di fortificare la nostra individualità, con la speranza di acquisire quel peso di personalità che è cosa diversa dal peso della persona.
I libri devono essere immobili, fissi, astri che indicano la rotta, punti di riferimento per chi vuol navigare. Per chi vuol rimanere aggrappato allo scoglio della sua ignoranza non c’e’ onda che smuova.
Non si danno libri ai prepotenti, agli arroganti, agli affaristi, agli opportunisti. Perché non si danno perle ai porci.
Luciano