Valentina Bellucci
La Collezionista di Sogni
Visto il grande interesse per la vita in sè per sè e per i vari scopi che essa può prefiggersi, notati nella precedente discussione "La calma e la tristezza", mi sono presa la libertà di aprire un altro confronto (per evitare anche off topic), ma soprattutto perchè mi ha colpita il contrasto tra queste opinioni.
Il titolo di questo nuovo topic mi è venuto spontaneo leggendo i post e il loro mirato riferimento a "lasciare il segno o non?".
Allora, prego , lascio il campo per leggere e commentare...
Sono fasi transitorie, metri di terreno da coprire, momenti. Questo vale un pò per tutto, ma è esattamente ciò che intendo: calma e tristezza non sono più degne di analisi di altre sensazioni. Le definizioni non sono importanti.
L'unica cosa da cui bisogna guardarsi è la stagnazione, il restare impantanati in calma tristezza... O in qualsiasi altra emozione in verità. Il mutamento continuo e incessante dello spirito è lo scopo dell'esistenza, raffinarsi il più possibile prima di sparire nel vuoto.
Che poi l'uomo si dia uno scopo nella vita, si sa. Perchè però dovrei darmelo (impormelo), uno scopo, se poi devo sparire nel vuoto?
E se poi non raggiungessi quello scopo?
Lo scopo non è il mutamento continuo e incessante dello spirito. Quello viene da sè, non si da come scopo dell'esistenza. C'è piuttosto il fascino, la bellezza, l'ebrezza di non avere scopi.
Lasciarsi andare con consapevolezza per farsi abbracciare dal Tutto.
Perchè l'alternativa è sparire nel vuoto e basta, senza aver concluso nulla in precedenza, senza aver lasciato ricordo di te, la tua personale firma o sfregio nel mondo. Il finale è uguale, ma l'importante si dice sia il viaggio e non la destinazione, tanto per capirci.
Gli stimoli vengono da sè, ma non il modo in cui li si elabora. Sebbene la maggioranza delle persone sia in grado di elaborare gli stimoli ad un certo punto si deve parlare di efficenza.
Non sono sicuro di poter rispondere alle tue ultime frasi, hai praticamente detto che "non c'è scopo", solo per poi descriverne uno che direi concorda con il mio punto di vista, fare esperienze, sebbene posta a modo tuo farebbe pensare a una posizione passiva, con la quale non mi ritrovo.
A me non preme lasciare il segno. E non so nemmeno cosa ci sarà dopo, se il vuoto o chissà cos'altro. Però è lo slancio, l'abbandono al Tutto che mi spinge a realizzarmi, quando mi sento chiamato, interpellato a pormi in ascolto nella vita di tutti i giorni. Non è una scelta che faccio da solo, non è uno scopo esistenziale che mi do da solo quello di realizzarmi. E' lo stupore, la meraviglia che mi fa interrogare, che mi fa cercare le risposte (che non sempre trovo), che mi fa crescere e maturare. Diventa quasi un dialogo. Ecco perchè se rimango ancorato soltanto agli enti mondani la realizzazione personale diventa quasi un capriccio personale, un imposizione, un dovere necessario per lasciare il segno e non pensare che la mia vita sia stata buttata. Questa è la mia opinione.
Il non avere scopi era un po' una provocazione, che comunque ha le sue ragioni. Gli scopi sono ideali, qui non c'è nulla di cui prendere possesso. E' non c'è passività quando con consapevolezza ti poni in un atteggiamento di non afferramento, di non raggiungimento. E' la consapevolezza del lasciarsi andare, non una deriva. Li si che diventi spontaneo. E quanto più sei spontaneo tanto più dai il meglio di te, senza avere in mente uno scopo. Questa è un'altra mia opinione.
Ti assicuro che la spontaneità non mi manca, in verità non vedo come potrebbe, la mia visione del mondo non mi pare implichi un maggior controllo o un maggior calcolo prima di agire.
Invece non mi riesce proprio di vedere nella pratica in cosa si tradurrebbe questo tuo "abbandono" al "Tutto", soprattutto come non sarebbe un atteggiamento passivo, però non credo sia la discussione giusta per parlarne.
Poi ad un certo punto si va più sulla fede che su i fatti, anche se a me piace costruire le mie filosofie sulla fisica, il modo in cui funziona l'universo mi pare un buon modello da seguire.
P.S: non ho colto la provocazione nel "non avere scopi"... A chi era mirata?
Forse in noi due l'affinarsi avviene in differenti modi. Per me è come se venissi interpellato nella vita di tutti i giorni (quando mi accorgo dei limiti di ogni mio processo di oggettivazione, dal Tutto dunque), quindi diventa naturale la domanda e la ricerca di una risposta. Lo faccio spontaneamente, non ho scelto da me di edificarmi come scopo della vita, capisci cosa intendo? Poi è ovvio, ribadisco che anch'io tendo a realizzarmi. Ma se non hai questo sentore, come puoi pensare che un'altro possa darsi l'edificazione, il miglioramento, come scopo dell'esistenza? Se la può dare, certo, ma diventa come un'imposizione se a lui non interessa, se non è ricettivo. O diventa quasi qualcosa di necessario per avere poi un riscontro nella realtà (ovvero lasciare il segno, ecc.) che magari poi non avverrà. Mi son posto anche in un'ottica educativa dunque.
Una provocazione a te, ma anche in generale: nel senso che sarebbe bello liberarsi di una mentalità basata sullo scopo. Per il semplice fatto che non c'è nulla da afferrare in questa vita, e lo scopo è afferramento, prender possesso.
Io da quando non ho più scopi sono più spontaneo, mi sento più bello (non nel senso fisico). E' un po' come non aver nulla da perdere eppure continuare a giocare divertendoti (sapendo che puoi perdere, ma anche vincere). E mica sei passivo quando giochi con gusto.
Pensavo fosse scontato che se ho un certo ideale o scopo è perchè li ho scoperti come parte di me in modo spontaneo, chi me lo dovrebbe imporre altrimenti? E io a me stesso non impongo proprio nulla, tranne una/due ore di palestra al dì!
Per tutte le altre cose che sono state dette tra Sopraesistito e Apart posso aggiungere un mio giudizio:
prima di tutto non credo che quel che sia stato detto sia molto Off topic...
secondo, credo che nella vita bisogna prefiggersi uno scopo. Non volontariamente indotto, nel senso che dovremmo sentirlo dentro, come una sorta di vocazione.
Faccio un esempio: non è che scrivo perchè mi piace farmi leggere, o perchè vorrei fare la scrittrice perchè mi piace il nome. Scrivo perchè ne sento il bisogno; sento che devo dire qualcosa, esporre cose che forse pensano anche altri, ma che finchè non l'ho confrontato restano mie. Per cui se voglio prefiggermi lo scopo di diventare un giorno scrittrice, è perchè amo scrivere ed esporre i miei pensieri, ed essere scrittore è il miglior modo per riuscirci.
Terza cosa: non capisco l'ideale associato allo scopo. L'ideale è un concetto di massa, lo scopo è singolo della persona che se lo prefigge...
Quarta cosa: anch'io desidero lasciare un'impronta di me in questo mondo! Che senso avrebbe dire: vivo; mi sveglio la mattina, durante il giorno lavoro o faccio quel che mi pare, e la sera vado a dormire... per rialzarmi la mattina.
No! Vivo per vivere! E vivo in questo mondo, un mondo che ogni tanto non sento mio perchè così distante dalle mie ideologie, però resta il fatto che cammino in questo mondo. Quante volte le mie scarpe hanno macinato l'asfalto! Quante volte il terreno si è inghiottito tutte le mie lacrime! Quante volte l'aria ha sentito il mio sospiro! E la montagna l'eco della mia voce!
In questo mondo io ci vivo.
E da questo mondo io non scomparirò per sempre.
Il diventare scrittore presuppone già un riconoscimento sociale, diverso è lo scrivere perchè si ha voglia di scrivere. Lo scrivere non si vive come uno scopo, il diventare scrittori si. Questa è la differenza. Così intendevo dire dello scopo di vita.
Noi non lasceremo niente, perchè una volta che tu non ci sei, non ci sei più, dunque non avrai neanche coscienza dell'aver lasciato il segno. Il senso potrebbe anche non esserci, ma l'uomo è portato a darselo in ogni caso. La mia era una provocazione: abbiamo così paura di andarcene senza aver lasciato il segno? Lasciare il segno è un tentativo di imprimere qualcosa di duraturo, di stabile, in una vita che ha soltanto del transitorio. Tutto sfugge, tutto diviene, non resta che adattarsi al divenire, lasciarsi andare ad esso con consapevolezza. E' un'ipotesi e uno stile di vita, non necessariamente condivisibile.
Non mi pare, io ho capito, ma penso sia anche una questione di affinità.
Mi pare sia un ragionamento che si basa sul tuo punto di vista personale spacciandolo per logica.
Vuoi dirmi che qualcuno non può scrivere perchè ha voglia di scrivere e allo stesso modo di far leggere agli altri ciò che scrive, tramite la pubblicazione e la vendita delle sue opere in tutto il mondo, magari?
Devo supporre tu non sia familiare con la teoria del chaos? L'effetto farfalla per intenderci.
Poi se vogliamo fare un discorso su realtà e percezione (il vecchio enigma dell'albero che cade senza che nessuno lo senta) è un altro paio di maniche... E merita una discussione a sè.
Avrai affinità con lei si vede che io non ho, la conosci meglio, appunto per questo con te può anche non esser così chiara, con me si, altrimenti non capisco. Fra l'altro ti facco notare che lei stessa ha aperto la discussione dicendo che non era sicura che tutti avrebbero comrpeso il suo discorso
No, non volevo mettermi su un piano logico, non sia mai. Senza contare che non considero mica indegna una vita fatta di scopi.
Il discorso è che tu puoi anche diffondere le tue opere nel mondo senza diventare "scrittore", no? Mettila qua sul web e la leggeranno tutti. Perchè vendere? Perchè arrivare a tutte le persone del mondo, non ti bastano 5-6 lettori?
No, la teoria di cui parli non mi è familiare, però posso intuire a cosa si riferisca, andrò a informarmi.
Certo che lasciamo il segno, vuoi o non vuoi, mi sono espresso male. E' impossibile non farlo. Ma è il darsi come scopo di lasciarne (di personali, di propri) che ci fa illudere che si possa imprimere qualcosa di duraturo a un'esistenza dove niente dura. La penso come voi. Ma graffiare il mondo, per me no... io voglio andarmene via leggero.