Un curioso inventore, che vive isolato in un castello cupo e insieme fiabesco, muore prima di concludere il capolavoro della sua vita: un essere umano a tutti gli effetti, creato con le sue stesse mani, o meglio con una delle sue macchine infernali. Edward, il suo primo e unico "figlio", imparerà la prosa e le buone maniere, conoscerà vagamente la vita tramite i libri letti dall'eccentrico genitore, ma non ci sarà il tempo di donargli le mani, che resteranno per sempre "di forbice", poichè costituite da lame taglienti.
Peggy, recatasi al castello per vendere dei prodotti, si imbatte per caso nel ragazzo, rimasto solo. Impietosita, lo prende a casa con sè, dove lo aspettano il marito della donna, il figlio pre-adolescente e la figlia più grande, una giovanissima Winona Ryder, nonchè, come contorno, uno stuolo di conoscenti annoiate e pettegole. Il candido (in tutti i sensi) Edward, segnato dalle sue mani di forbice, fonte di danni ma anche di creazioni fuori del comune, sarà insieme oggetto di scherno e di curiosità, finchè...
Pare che questo film abbia la sua remota origine nell'infanzia di Burton, segnata dall'isolamento e dall'incapacità di comunicare con il prossimo. Non so se il regista abbia poi imparato a comunicare nelle maniere più classiche, ma di certo ha imparato a farlo dietro la macchina da presa, trasmettendo in modo perfetto al suo pubblico la sensazione della diversità e dell'inadeguatezza. E' evidente che dietro le quinte vi è qualcuno che, oltre a possedere il dono di una sconfinata fantasia, forse sviluppata anche grazie alla solitudine e alla riflessione, ha ben chiara la base psicologica per l'opera che sta creando, aiutato dalla bravura e dalla straordinaria capacità di immedesimazione di Johnny Depp. Mi piace pensare che questo film rappresenti un po' il riscatto sociale di Burton.
Colpiscono i colori accesi delle case e degli abiti delle donne, tipico degli anni '80 - primi '90, contrapposti al grigio del castello. Indimenticabili le sculture di ghiaccio, le immagini finali, l'epilogo assai commovente.
Un misto di struggente poesia e crudo realismo. Un gioiellino, una favola triste da vedere anche se penso che, essendo del 1990, più o meno tutti l'abbiano già visto.
Peggy, recatasi al castello per vendere dei prodotti, si imbatte per caso nel ragazzo, rimasto solo. Impietosita, lo prende a casa con sè, dove lo aspettano il marito della donna, il figlio pre-adolescente e la figlia più grande, una giovanissima Winona Ryder, nonchè, come contorno, uno stuolo di conoscenti annoiate e pettegole. Il candido (in tutti i sensi) Edward, segnato dalle sue mani di forbice, fonte di danni ma anche di creazioni fuori del comune, sarà insieme oggetto di scherno e di curiosità, finchè...
Pare che questo film abbia la sua remota origine nell'infanzia di Burton, segnata dall'isolamento e dall'incapacità di comunicare con il prossimo. Non so se il regista abbia poi imparato a comunicare nelle maniere più classiche, ma di certo ha imparato a farlo dietro la macchina da presa, trasmettendo in modo perfetto al suo pubblico la sensazione della diversità e dell'inadeguatezza. E' evidente che dietro le quinte vi è qualcuno che, oltre a possedere il dono di una sconfinata fantasia, forse sviluppata anche grazie alla solitudine e alla riflessione, ha ben chiara la base psicologica per l'opera che sta creando, aiutato dalla bravura e dalla straordinaria capacità di immedesimazione di Johnny Depp. Mi piace pensare che questo film rappresenti un po' il riscatto sociale di Burton.
Colpiscono i colori accesi delle case e degli abiti delle donne, tipico degli anni '80 - primi '90, contrapposti al grigio del castello. Indimenticabili le sculture di ghiaccio, le immagini finali, l'epilogo assai commovente.
Un misto di struggente poesia e crudo realismo. Un gioiellino, una favola triste da vedere anche se penso che, essendo del 1990, più o meno tutti l'abbiano già visto.
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