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Amelia Member
Se sopravvivere al tempo ed entrare nella leggenda dello sport significa che un paio di scarpe Adidas portano il tuo nome… allora sì, Rod “Rocket” Laver è ufficialmente entrato nel mito del tennis mondiale. Sarebbero bastati senz’altro i circa 200 titoli vinti in carriera e, soprattutto, i due Grande Slam realizzati nel 1962 (da amatore, nelle competizioni ufficiali) e nel 1969 (da professionista, nei tornei Open per intenderci, quelli che conosciamo oggi e che sono aperti a tutti), a farlo considerare uno dei migliori tennisti di tutti i tempi, ma la scarpa vintage che porta il suo nome è la ciliegina sulla torta. Remo Borgatti, esperto di tennis e autore di questo bel libro (“Rocket Man – Storia di Rod Laver e del suo tempo”, Effepi Libri, 10 euro) ci porta a conoscere un tennis d’altri tempi, in cui per giocare ci si poteva vestire solo di bianco e le palline fluo erano lontane anni luce. Un tennis di un’altra epoca, in cui questo timido giocatore australiano, mancino, rosso di capelli come l’ostica polvere del Roland Garros, ha dimostrato al mondo che anche se si è alti solo 1.72 mt e si è cominciato a giocare nel campo ricavato su di un formicaio dietro la fattoria di casa, si può fare molto, si può fare il meglio. Sono fotogrammi vintage, quelli che ci mostra Borgatti: Rod fa i suoi ingressi in campo lanciando sguardi fugaci alla moglie, seduta in tribuna con abito giallo che fa pendant con il nastro fra i capelli; si batte contro il nostro Nicola Pietrangeli e contro altri grandi del tennis mondiale, come Stan Smith, Ken Rosewall, Tony Roche, Arthur Ashe. E vince. “Quella palla che finì in rete con un suono sordo fu una delle migliori visioni di tutto quel 1969”, ci dice lo stesso Laver di un finale di partita particolarmente tosto nell’anno del suo secondo Grande Slam. Vince con la profonda convinzione che sia necessario farlo con stile, senza esultare troppo per rispetto dell’avversario perché, e cita Kipling, ”se incontrerai trionfo e disastro e saprai trattare quegli impostori nella stessa maniera, allora sarai un Uomo”. Un Uomo che in questo 2012 ha premiato Djokovic e Nadal, protagonisti della più lunga finale mai disputata in un Major; un Uomo che continua quindi a far parte della Storia del tennis. La Storia con la S maiuscola.