Goethe Dante Shakespeare

Holly Golightly

New member
Io darei abbastanza per scontato che Dante non cambia alla maniera di un Amleto o di un Don Chisciotte. Ma ci sono quasi tre secoli di storia in mezzo.

Ti ho detto che tu definisci per contrasto perché hai scritto:

la vocazione alla "stasi" di Dante è evidente oltre la misura del mio dire se paragoniamo i suoi caratteri con altri.

E' vero che la dinamicità del personaggio è diversa.
Ma il Dante-agens di Inferno I non è il Dante-agens di Paradiso XXXIII.
Il momento di cambiamento per eccellenza non c'è. Se vogliamo cercare il "clou" della storia secondo dei caratteri aristotelici (ma non credo che Dante avesse letto la poetica) dovremmo cercarlo il Pg XXX, vale a dire il passaggio dalla ragione alla teologia, nello specifico nel momento del riconoscimento di Beatrice. Dante riconosce i segni dell'antica fiamma, appena li riconosce, Virgilio sparisce. Questo di per sé è un punto di arrivo (che culmina quando Matelda lo lava nell'Eunoè e nel Letè) e infatti il Paradiso è diversissimo dalle altre due cantiche.

Ora, il fatto che il cambiamento non sia come lo intendiamo noi a partire dalle opere coeve di Shakespeare e di Cervantes, non vuol dire che un cambiamento non ci sia o - peggio - che Dante sia un personaggio statico.
Il fatto che cambi in un modo che è figlio di una mentalità diversa, non vuol dire che non cambi.

Una delle più grandi difficoltà degli studi danteschi e di medievistica in generale sta proprio nel fatto che è una mentalità lontanissima dalla nostra. Non possiamo né dobbiamo studiare Dante pensando a Shakespeare.
Possiamo ammettere paragoni come "chi ha influenzato di più la letteratura" o un banale "chi ti piace di più" o un "chi ritieni più geniale". Ma credo che spingersi oltre sia troppo azzardato. Non si può studiare o leggere Dante senza abbandonare alcuni preconcetti post-secenteschi. Ed è proprio la cosa più difficile dello studio di Dante, capirne la mentalità...
 

Mizar

Alfaheimr
Io darei abbastanza per scontato che Dante non cambia alla maniera di un Amleto o di un Don Chisciotte. Ma ci sono quasi tre secoli di storia in mezzo.
E nemmeno qui sono d'accordo
Ci sono almeno altre due differenze
- Il "tipo" del genio letterario dantesco, che non implica un talento romanzesco
- il genere
E' vero che la dinamicità del personaggio è diversa.
Ma il Dante-agens di Inferno I non è il Dante-agens di Paradiso XXXIII.
Il momento di cambiamento per eccellenza non c'è. Se vogliamo cercare il "clou" della storia secondo dei caratteri aristotelici (ma non credo che Dante avesse letto la poetica) dovremmo cercarlo il Pg XXX, vale a dire il passaggio dalla ragione alla teologia, nello specifico nel momento del riconoscimento di Beatrice. Dante riconosce i segni dell'antica fiamma, appena li riconosce, Virgilio sparisce. Questo di per sé è un punto di arrivo (che culmina quando Matelda lo lava nell'Eunoè e nel Letè) e infatti il Paradiso è diversissimo dalle altre due cantiche.
Queste sono cose che noi tutti sappiamo :mrgreen:
Il problema è che il discorso non è questo, come ho già detto e specificato in vario modo.

Come giustamente dici tu stessa: il momento del cambiamento non c'è. Ed il punto cruciale è proprio questo. In W.S. non solo c'è, ma il poeta in questione ha dedicato una intera carriera a speculare su quel "momento", con esiti strabordanti ed incalcolabilmente rivoluzionari per la storia della letteratura e del pensiero umano. Cosa che Dante non fa.
Se noi ricordiamo W.S. come un autore immarcescibile è proprio perché egli si distanziò dal suo più grande concorrente (Dante stesso) esattamente su questo punto.
La "stasi" a cui mi riferivo - ciò di cui parla gente come Harold Bloom o Borges - è da intendersi nel senso che il talento Dantesco non ha a che fare con il dinamismo agonico dei personaggi. Questo Dante non può offrircelo - né i "cambiamenti nel percorso da inferno a paradiso" possono supplire a questo scopo. Semplicemente non è il suo terreno. Son due "modi" diversi di raffigurare e, forse, due modi diversi di intendere, l'essere umano. Se non si comprende ciò, si fa molta fatica a comprendere Dante prima di tutto.

Ripeto (non lo farò più, sarebbe inutile): non scorgo nell'intera Commedia un solo personaggio di cui sia metodicamente, verbosamente e profondamente descritto un viscerale, agonico, contrastante e combattuto mutare dell'animo (psiche): un mutamento tale da capovolgere o sconvolgere o distruggere o riedificare totalmente la vita stessa o il di lei senso. Il piacere estetico di questo tipo di percorso letterario in Dante non c'è: per la banale ragione che Dante stesso voleva dell'altro dalla sua opera.


Una delle più grandi difficoltà degli studi danteschi e di medievistica in generale sta proprio nel fatto che è una mentalità lontanissima dalla nostra. Non possiamo né dobbiamo studiare Dante pensando a Shakespeare.
Chi lo sta facendo?


Possiamo ammettere paragoni come "chi ha influenzato di più la letteratura" o un banale "chi ti piace di più" o un "chi ritieni più geniale". Ma credo che spingersi oltre sia troppo azzardato.
?

Non si può studiare o leggere Dante senza abbandonare alcuni preconcetti post-secenteschi. Ed è proprio la cosa più difficile dello studio di Dante, capirne la mentalità...
?

Ma di cosa stai parlando? :mrgreen:
 
Ultima modifica:

Holly Golightly

New member
Guarda, non sto farneticando, anzi. Prova a leggere, per esempio, il Roman de la Rose. E' assurdamente difficile farlo come Dio comanda se non si abbandonano alcuni preconcetti moderni. La mentalità di un autore medievale non è la mentalità di un autore moderno. A partire dal fatto che per noi "originale" è un pregio, per un medievale è un enorme difetto non poggiare su alcuna auctoritas. Questa è la differenza più rilevante, ma in generale il lettore moderno non può semplicemente leggere un testo medievale, deve prima entrare nell'ottica stessa di quel testo, che in parte ci potrebbe sembrare oscura perché noi ragioniamo in modo diverso.

In ogni caso, guarda che quello che fa paragoni fra il cambiamento del Dante-personaggio e i cambiamenti dei personaggi shakespeariani sei tu :?? io sto dicendo due ore che non sono paragonabili.
Fra l'altro stiamo dicendo la stessa identica cosa da circa dieci messaggi. Con l'unica differenza che io continuo a dire che il fatto che tu dica che non vedi nella Commedia

un solo personaggio di cui sia metodicamente, verbosamente e profondamente descritto un viscerale, agonico, contrastante e combattuto mutare dell'animo (psiche): un mutamento tale da capovolgere o sconvolgere o distruggere o riedificare totalmente la vita stessa o il di lei senso

non entra in contraddizione con il fatto che comunque il personaggio di Dante non sia statico. E' un cambiamento inquadrato all'interno di un genere diverso, di una tematica diversa e di un epoca diversa. Questo non vuol dire che pur non essendo sconvolto da un agonico dissidio il personaggio, Dante-agens dall'inizio alla fine della Commedia sia sempre lo stesso. Un cambiamento agonico non è necessariamente l'unico cambiamento ammissibile.
 

Mizar

Alfaheimr
Guarda, non sto farneticando, anzi. Prova a leggere, per esempio, il Roman de la Rose. E' assurdamente difficile farlo come Dio comanda se non si abbandonano alcuni preconcetti moderni. La mentalità di un autore medievale non è la mentalità di un autore moderno.
Ma (anche) questo lo sappiamo tutti. Il problema è che c'entra poco o nulla con la questione.


A partire dal fatto che per noi "originale" è un pregio, per un medievale è un enorme difetto non poggiare su alcuna auctoritas. Questa è la differenza più rilevante, ma in generale il lettore moderno non può semplicemente leggere un testo medievale, deve prima entrare nell'ottica stessa di quel testo, che in parte ci potrebbe sembrare oscura perché noi ragioniamo in modo diverso.
Qui c'è un equivoco bello grosso. Infatti si può ben essere originali "poggiando" su un'auctoritas. Ed è esattamente questo il problema :mrgreen:

Esempi
Dante
Joyce
Chesterton
Carlyle
Dickinson
etc etc.

Se ti dico che per me è impossibile essere originali se non si poggia su un'auctoritas dirai in giro che sono peggio di un marchigiano dell'XI secolo? :mrgreen:

In ogni caso, guarda che quello che fa paragoni fra il cambiamento del Dante-personaggio e i cambiamenti dei personaggi shakespeariani sei tu :?? io sto dicendo due ore che non sono paragonabili.
Fra l'altro stiamo dicendo la stessa identica cosa da circa dieci messaggi. Con l'unica differenza che io continuo a dire che il fatto che tu dica che non vedi nella Commedia
Non mi pare sia così. :D
In ogni caso il paragone - il ragionamento associativo - è alla base di ogni civiltà


non entra in contraddizione con il fatto che comunque il personaggio di Dante non sia statico.
Ancora con questa storia della staticità.

Rileggendo la mia affermazione risulta autoevidente la differenza tra quanto da te dedotto ed il funditus di questo estratto:

"se paragoniamo i suoi caratteri con altri"


Ma su questo già mi sono pronunciato

E' un cambiamento inquadrato all'interno di un genere diverso, di una tematica diversa e di un epoca diversa. Questo non vuol dire che pur non essendo sconvolto da un agonico dissidio il personaggio, Dante-agens dall'inizio alla fine della Commedia sia sempre lo stesso. Un cambiamento agonico non è necessariamente l'unico cambiamento ammissibile.
Sempre lo stesso discorso. Ti rimando a ciò che ho già scritto tre o quattro volte:

"Come giustamente dici tu stessa: il momento del cambiamento non c'è. Ed il punto cruciale è proprio questo. In W.S. non solo c'è, ma il poeta in questione ha dedicato una intera carriera a speculare su quel "momento", con esiti strabordanti ed incalcolabilmente rivoluzionari per la storia della letteratura e del pensiero umano. Cosa che Dante non fa."


Elementi che, tra l'altro c'entrano relativamente con l'epoca storica, essendo piuttosto figli di diverse forme di sensibilità (o di talento) personale.
 

Mizar

Alfaheimr
Non conosco quella orientale, non potrei fare un raffronto :D (evviva la pignoleria XD)
Però, rispetto agli americani... ecco... direi che non c'è proprio paragone :mrgreen:
Bhè, per me gli americani sono parte della letteratura occidentale. A mio parere Whitman si mangia a merenda buona parte dei poeti europei :mrgreen:
 

Holly Golightly

New member
Bhè, per me gli americani sono parte della letteratura occidentale. A mio parere Whitman si mangia a merenda buona parte dei poeti europei :mrgreen:

Io li considero sempre un po' un capitolo a parte rispetto agli Europei, un po' per quei secoli di tradizione nazionale che a loro mancano :D Ci sono molti autori validi (io conosco poca poesia :D), però almeno in narrativa non c'è proprio paragone XD
 

Mizar

Alfaheimr
Io li considero sempre un po' un capitolo a parte rispetto agli Europei, un po' per quei secoli di tradizione nazionale che a loro mancano :D
Io invece li considero parte della nostra stessa tradizione: e ciò, proprio per ragioni storiche. A mio parere la condividono.
Per certi versi li considero molto più "vicini" a "noi" di alcuni autori russi, ad esempio.


Ci sono molti autori validi (io conosco poca poesia :D),
Bhè, Pound ed Eliot erano americani. Ho fatto solo due nomi. Ed ho detto tutto :mrgreen:
Questi due, ad esempio, non sono autori "validi": bensì due geni immortali della letteratura universale.

però almeno in narrativa non c'è proprio paragone XD
Mah, dipende.
Abbiamo Poe, Emerson, Hawthorne, Melville, Crane, HENRY JAMES (!), Hemingway, Nabokov, De Lillo, Pynchon, McCarthy, Filippo Roth i quali, insomma, se la giocano.

Alcuni di loro hanno dato un apporto al Canone occidentale di portata incredibile.

P.S. Specie al giorno d'oggi, ritengo che negli States militino tra i più grandi romanzieri viventi
 

Holly Golightly

New member
Uhm, io mi riferivo più che altro ad alcuni che loro osannano come "capolavori nazionali". Ho La lettera scarlatta al liceo, non lo trovai eccezionale, ma sono anche passati tipo sette anni, quindi non è un giudizio affidabile. Il grande Gatsby è carino, ma non l'ho trovato il capolavoro che tutti osannano. Sembra quasi che sfiori la perfezione, ma di fatto è come se gli mancasse qualcosa per raggiungerla (quando provai a esporre la teoria a un mio amico mi rispose "...qualcosa tipo un po' di secoli di letteratura alle spalle?" "eh sì, tipo"). Kerouac a me piace molto, però non è secondo me un mostro sacro.
Roth è stato forse il primo americano che ho letto e ho pensato "ah ecco, adesso sì!". Mi hai ricordato che voglio leggere da tipo otto anni Ritratto di signora e l'ho appena comprato :D

Fra i viventi apprezzo molto Roth ed Eugenides. Ho letto poco di Auster è l'ho trovato carino. DeLillo non l'ho (ancora) letto.
Sono pochi gli autori in vita che apprezzo molto, in cima alla mia classifica c'è un inglese, è IanMcEwan.
(ora la discussione inizia a essere off topic mi sa XD)
 
Alto