Petri, Elio - La classe operaia va in paradiso

elisa

Motherator
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Lulù Massa è un operaio di 31 anni, cottimista, che non si interessa dei problemi legati allo sfruttamento del suo lavoro ma pensa solo a produrre più pezzi per poter avere in busta paga più soldi che poi spende in inutili suppellettili, non facendo altro che lavorare, perdendo il rapporto con il figlio che vive con la madre, ma anche con la nuova compagna e il figlio di lei. Tutto questo fino al giorno che incorrerà in un incidente sul lavoro e l'episodio gli farà cambiare idea, sposando le teorie di gruppi extraparlamentari fino ad essere licenziato.

Il film di Petri racconta l'Italia operaia degli anni '70 divisa tra il velleitarismo operaistico rivoluzionario studentesco e gli equilibri politico-sindacali del sindacato unitario. C'è una fabbrica tayloristica che sfrutta ancora gli operai con il cottimo, una massa operaia divisa, senza grandi ambizioni, dove si fa un gran parlare ma dove i cembiamenti avvengono solo dopo una disgrazia. Poco dialogo, un'alienazione totale dalla propria vita che conduce alla follia o al consumismo o all'incomunicabilità. Un film tutt'altro che ottimista anche se alla fine gli affetti familiari e alcune riforme portano a sperare se non altro in una vita tranquilla. Gian Maria Volontè descrive un personaggio indimenticabile nella sua furia e nella sua consapevolezza acquisita. Da rivedere alla luce dei cambiamenti di oggi.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Il film è un CA-PO-LA-VO-RO assoluto per la regia, il soggetto, la sceneggiatura, la fotografia (primissimi piani da Corazzata Potemkin), il montaggio, le ambientazioni (fantastica la fabbrica e il suo cortile), la musica (Ennio Morricone) e/o rumore di fondo che sembra di essere in un videogioco degli anni 70...ma soprattutto per l’interpretazione di Gian Maria Volontè che come al solito si trasforma nel film stesso facendoti uscire dalla fabbrica stanco, avvilito e pieno d’olio, o facendoti litigare con sua moglie, la compagna o desiderando la collega: non sembra un film, ma di vivere la realtà virtuale.

E’ un film da vedere assolutamente, non solo per amore verso il Cinema, ma anche per capire qualcosa, e cioè come si viva in fabbrica, come ci si abbruttisca e come da abbruttiti, si sia facilmente manovrabili dal padrone, da quelli più ricchi di lui e padroni di squadre di pallone, dal sindacato organizzato (che è l’unico che pare ragionare e quindi dare una speranza ai lavoratori), dagli autonomi o dalle piccolezze stesse della vita.

E’ un film da vedere assolutamente anche perchè parla di un mondo che praticamente è sparito, è sparito perchè all’epoca l’Italia era una potenza industriale, non solo per il suo fatturato, ma anche e soprattutto per la qualità e la quantità di merce prodotta che rendeva il lavoratore padrone del proprio lavoro e quindi lo poneva nella condizione di contrattare, discutere o litigare con la proprietà.

Appunto, un mondo che non c’è più perchè in un Italia che è ancora una potenza ma solo per quanto consuma, le cose vanno diversamente perciò si resta abbruttiti (e per alcuni aspetti anche molto di più) ma senza i mezzi per riscattarsi.

Non voglio dire che si stava meglio quando si stava meglio, ma di sicuro, chi sta male o almeno così così deve avere motivi e mezzi per lottare e migliorare così la propria esistenza, altrimenti vivere senza migliorarsi porta ad abbruttirsi ancora di più, non più come bestie, ma come stupidi.
 
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