Moresco, Antonio - La lucina

Lollina

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Un uomo solo, età indefinita ma lo immaginiamo nella sua maturità, unico abitante di un borgo abbandonato: una scelta di isolamento, forse di fuga, forse di espiazione. Intorno lo scorrere delle stagioni, il pulsare folle e violento della vita, il trapassare continuo da questa al suo contrario: polloni, radici aeree, funghi e filamenti vegetali che si intricano, avvolgono, soffocano piante secolari in una spietata fame di vita.
E in questa solitudine vegetale si manifestano varie presenze, quasi epifanie: le rondini con i loro folli voli, un cane da combattimento con le zampe spezzate, un mandriano a caccia di Ufo e le sue vacche che hanno viaggiato nell'iperspazio. E la terra trema e sobbalza, squassata nel profondo da invisibili lacerazioni.
Ma la presenza più misteriosa è quella segnalata dalla lucina che, ogni sera alla stessa ora, si accende nel fitto del bosco sull'opposto pendio della gola: un appuntamento quotidiano che accende la curiosità dell'uomo, lo stana dal suo nascondiglio spingendolo fino ad una casina in rovina, abitata da un bambino solo, in calzoncini corti e con un dentino spezzato. Un bambino che, come tutti i bambini, è uno straordinario condensato di ruvida forza, tenero dolore e dignitosa solitudine.
Questo incontro inatteso scardinerà ogni residua certezza, rivelando la labilità di tutti i confini: tra la vita e la morte, tra luce e buio, tra passato e presente, abbattendo persino le barriere che tengono insieme ciò che presuntuosamente chiamiamo Io.
Un romanzo filosofico, ma senza pretese dogmatiche e capace di generare un crescendo di attenzione e di attesa: una riflessione ad alta voce - e una voce bellissima, che assume l'essenzialità e la necessità della poesia - sull'esistenza e sull'esistente, sull'assurda urgenza di vita che pervade l'universo e sulla sua, meravigliosa, assenza di senso.
 
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qweedy

Well-known member
Davvero strano. Pero' l'ho letto volentieri, non so perche'.
C'e' molta natura, e non e' una natura molto benevola, e' piuttosto aspra e dura. In uno spazio senza tempo e in un luogo indefinito, un uomo, di cui non conosciamo né l'età né la storia, decide di ritirarsi in un borgo abbandonato, lontano dai suoi simili.
L'autore stesso si e' meravigliato del successo inaspettato di questo suo piccolo libro. Poetico, filosofico, irreale, chissà?

Consigliato a chi vuol leggere un piccolo libro diverso dal solito!


“È solo di notte, nella luce lunare, che si capisce veramente cosa sono gli alberi, queste colonne di legno e di schiuma che si protendono verso lo spazio vuoto del cielo. Se non c’è la luna, bisogna andare a tentoni nel buio, sotto la sconvolgente volta celeste crivellata di miriadi di stelle disabitate e di altre bave di luce”.

“Sono venuto qui per sparire, in questo borgo abbandonato e deserto di cui sono l’unico abitante”.

Solo, quando il buio diventa ancora più fitto e si cominciano ad accendere le prime stelle, dall’altra parte di questa stretta gola a strapiombo, su un tratto più pianeggiante del crinale di fronte, incavato in mezzo ai boschi come una sella, ogni notte, ogni notte sempre alla stessa ora, si accende improvvisamente una lucina”

“Perché c’è tutto questo sottobosco cattivo?” mi domando. “Che cerca di avviluppare e di cancellare e di soffocare gli alberi più grandi? Perché tutta questa misera e disperata ferocia che sfigura ogni cosa? Perché tutto questo brulicare di corpi che cercano di prosciugare gli altri corpi suggendoli con le loro mille e mille scatenate radici e le loro piccole, forsennate ventose, per dirottarne su di sé la potenza chimica, per creare nuovi fronti vegetali in grado di annientare tutto, di massacrare tutto? Dove posso andare per non vedere più questo scempio, questa irreparabile e cieca torsione che hanno chiamato vita?”
 
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