Simenon
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JIM THOMPSON, l’uomo in noir
Biografia .Jim Thompson è il “cattivo ragazzoâ€� della letteratura noir americana: le vite di altri grandi classici del genere, si pensi soltanto a Dashiell Hammett, in confronto sono acqua benedetta.
Nato nel 1908 ad Anadarko, Oklahoma, ha vissuto, attraverso le gesta del padre, sceriffo, avvocato, politicante, speculatore petrolifero, fallito cronico, l'intera traiettoria del capitalismo americano di inizio secolo, fino al suo crollo nel 1929.
Per mantenere la famiglia d'origine e poi quella acquisita, è stato costretto a una serie interminabile di mestieri (cuoco, artificiere, attore, fattorino, lattaio, cronista di serie z), che lo hanno portato a stretto contatto con il campionario di reietti che popoleranno i suoi libri: sindacalisti e vagabondi, piccoli gangster e sceriffi, bigotte e mignotte. Nel settembre del 1952, quando la Lion Books pubblica direttamente in edizione tascabile L'assassino che è in me, Thompson ha quarantaquattro anni, un alcolismo ormai cronico, tre romanzi di nessun successo alle spalle. Stanley Kubrick, legge il libro e lo considera “il piú grande romanzo su una mente criminale che sia mai stato scrittoâ€�; assolda Thompson come sceneggiatore per Rapina a mano armata, e, due anni più tardi, per Orizzonti di gloria. Benché entrambi i film lascino il segno – e valgano a Kubrick una meritata fama – Thompson non riesce a sfondare a Hollywood, né come sceneggiatore, né come romanziere.
Eppure, dal 1952 al 1957, Thompson pubblica qualcosa come quindici romanzi, alcuni dei quali sono considerati dalla critica tra le espressioni piú perfette del noir americano.). In quelle pagine è condensata la “moraleâ€�, cirrosi dell’anima, dello scrittore: il suo disprezzo verso la famiglia, da lui considerata la più asfissiante delle istituzioni totalitarie, verso il lavoro, la legge, la scuola, la salute e, soprattutto, verso la rispettabile provincia americana.
Devastato dalle delusioni professionali e dall’alcolismo, scrive sempre di meno. Tuttavia, anche negli anni Sessanta, riuscirà a tirar fuori tre capolavori: In fuga (1960, da cui Sam Peckinpah trasse Getaway), I truffatori (portato sullo schermo da Stephen Frears col titolo Rischiose abitudini) e Colpo di spugna (1964, anche questo diventato un film). Muore nel 1977, povero e completamente dimenticato.
Commento. Come ha scritto Stephen King “Jim Thompson non conosceva la parola fermarsi. Così ha messo in atto tre sfide: vedere tutto quello che era possibile vedere, scriverlo, pubblicarlo�.
Nei suoi libri la violenza non è mai gratuita: è soltanto il bisturi di cui si serve per sviscerare la finzione del sempre eterno benessere.
Thompson aggredisce la realtà , è abilissimo nel calarsi negli orrori e nelle dissociazioni della mente umana. I temi sono massimalisti, la scrittura apparentemente minimalista. Dietro i suoi personaggi non si nasconde che niente, nulla, vuoto e fame (di cibo, di soldi, di amore). Nei suoi romanzi mancano l’eroismo di Marlowe, gli slanci lirici del nostro amatissimo Bandini di John Fante, la paura delle vittime di Woolrich. Scrive con una prosa chiara, secca, spietata, comprensibilissima. I suoi libri sono per certi versi terapeutici: curano, con la rappresentazione del reale e l’uso di un’ intelligenza cinica e ironica, una situazione di montante alienazione individuale e collettiva. Gli appassionati del noir e dell’hardboiled troveranno pane per i loro denti: a contatto con la bruciante realtà se ne ricava un piacere fantastico.
Io ho iniziato anni fa con Vita da niente e L’assassino che è in me, all’epoca pubblicati da Mondadori. Poi ho proseguito con I truffatori, Diavoli di donne e Colpo di spugna, forse il suo libro più bello.
La Fanucci sta ripubblicando le sue opere. Un po’ al rallentatore e coi soliti prezzi assassini, ma sempre meglio di niente.

Biografia .Jim Thompson è il “cattivo ragazzoâ€� della letteratura noir americana: le vite di altri grandi classici del genere, si pensi soltanto a Dashiell Hammett, in confronto sono acqua benedetta.
Nato nel 1908 ad Anadarko, Oklahoma, ha vissuto, attraverso le gesta del padre, sceriffo, avvocato, politicante, speculatore petrolifero, fallito cronico, l'intera traiettoria del capitalismo americano di inizio secolo, fino al suo crollo nel 1929.
Per mantenere la famiglia d'origine e poi quella acquisita, è stato costretto a una serie interminabile di mestieri (cuoco, artificiere, attore, fattorino, lattaio, cronista di serie z), che lo hanno portato a stretto contatto con il campionario di reietti che popoleranno i suoi libri: sindacalisti e vagabondi, piccoli gangster e sceriffi, bigotte e mignotte. Nel settembre del 1952, quando la Lion Books pubblica direttamente in edizione tascabile L'assassino che è in me, Thompson ha quarantaquattro anni, un alcolismo ormai cronico, tre romanzi di nessun successo alle spalle. Stanley Kubrick, legge il libro e lo considera “il piú grande romanzo su una mente criminale che sia mai stato scrittoâ€�; assolda Thompson come sceneggiatore per Rapina a mano armata, e, due anni più tardi, per Orizzonti di gloria. Benché entrambi i film lascino il segno – e valgano a Kubrick una meritata fama – Thompson non riesce a sfondare a Hollywood, né come sceneggiatore, né come romanziere.
Eppure, dal 1952 al 1957, Thompson pubblica qualcosa come quindici romanzi, alcuni dei quali sono considerati dalla critica tra le espressioni piú perfette del noir americano.). In quelle pagine è condensata la “moraleâ€�, cirrosi dell’anima, dello scrittore: il suo disprezzo verso la famiglia, da lui considerata la più asfissiante delle istituzioni totalitarie, verso il lavoro, la legge, la scuola, la salute e, soprattutto, verso la rispettabile provincia americana.
Devastato dalle delusioni professionali e dall’alcolismo, scrive sempre di meno. Tuttavia, anche negli anni Sessanta, riuscirà a tirar fuori tre capolavori: In fuga (1960, da cui Sam Peckinpah trasse Getaway), I truffatori (portato sullo schermo da Stephen Frears col titolo Rischiose abitudini) e Colpo di spugna (1964, anche questo diventato un film). Muore nel 1977, povero e completamente dimenticato.
Commento. Come ha scritto Stephen King “Jim Thompson non conosceva la parola fermarsi. Così ha messo in atto tre sfide: vedere tutto quello che era possibile vedere, scriverlo, pubblicarlo�.
Nei suoi libri la violenza non è mai gratuita: è soltanto il bisturi di cui si serve per sviscerare la finzione del sempre eterno benessere.
Thompson aggredisce la realtà , è abilissimo nel calarsi negli orrori e nelle dissociazioni della mente umana. I temi sono massimalisti, la scrittura apparentemente minimalista. Dietro i suoi personaggi non si nasconde che niente, nulla, vuoto e fame (di cibo, di soldi, di amore). Nei suoi romanzi mancano l’eroismo di Marlowe, gli slanci lirici del nostro amatissimo Bandini di John Fante, la paura delle vittime di Woolrich. Scrive con una prosa chiara, secca, spietata, comprensibilissima. I suoi libri sono per certi versi terapeutici: curano, con la rappresentazione del reale e l’uso di un’ intelligenza cinica e ironica, una situazione di montante alienazione individuale e collettiva. Gli appassionati del noir e dell’hardboiled troveranno pane per i loro denti: a contatto con la bruciante realtà se ne ricava un piacere fantastico.
Io ho iniziato anni fa con Vita da niente e L’assassino che è in me, all’epoca pubblicati da Mondadori. Poi ho proseguito con I truffatori, Diavoli di donne e Colpo di spugna, forse il suo libro più bello.
La Fanucci sta ripubblicando le sue opere. Un po’ al rallentatore e coi soliti prezzi assassini, ma sempre meglio di niente.