Jessamine
Well-known member
TRAMA
Ronit, figlia di un rabbino, cresce all'ombra dell'universo claustrofobico e insieme rassicurante di una comunità ebraica ortodossa, i cui tempi sono scanditi dalle regole del rapporto con Dio e la Sinagoga. Insofferente a quel mondo ultra-ortodosso, se ne distacca in nome di una trasgressione che le permette di recuperare un'identità e una diversità. Da un sobborgo ebraico londinese allo sconcertante paradiso di libertà e autoaffermazione di Manhattan, da cui torna per la morte del padre, la protagonista compie un viaggio a rebours ricco di scoperte esilaranti ma anche molto dolorose.
COMMENTO
Mi trovo in grande difficoltà, cercando di recensire questo libro.
Il punto è che, temo, ho proprio mancato il punto.
Forse mi sono persa qualche dettaglio durante l'ascolto, forse questo era un libro da leggere, e non da ascoltare alla guida, ma una volta arrovata in fondo, mi chiedo quale fosse il punto di quelle nove ore.
Non è che il romanzo non mi sia piaciuto, è che proprio non mi ha comunicato nulla. Sono uscita da questa lettura esattamente come ne sono entrata, e temo che questo sia un po' un fallimento. Se mio o della Alderman, a distanza di una settimana ancora non l'ho capito.
Da totale ignorante in materia, ho apprezzato moltissimo l'ambientazione in una comunità di ebrei ortodossi, mi è piaciuta la struttura, dove ogni capitolo ha origine nel commento di un passo della Torah, ma quanto al resto, il nulla assoluto.
I personaggi mi sono sembrati a tratti piattissimi, a tratti inverosimili, a tratti uno uguale all'altro, a tratti ancora grandi archetipi abbozzati un po' con l'acccetta.
La trama mi è parsa un rimescolarsi di centinaia di storie già lette, senza nulla di nuovo da dire, ma ad un certo punto qualcosa si è guastato, e ho perso completamente la bussola: di che cosa volesse parlare la Alderman, in questo romanzo, non l'ho proprio capito.
Certo non di disobbedienza, perché di disobbedienza, qui, non ne ho vista traccia.
Mi è sembrato che ogni arco narrativo fosse tutto sommato inconcludente, non ho capito a cosa sia servito, per i personaggi, vivere questa esperienza.
Davvero, non l'ho capito. E inizio a chiedermi se sia una lacuna mia, se magari ci fosse qualcosa di fondamentale da cogliere, e se non sia stata io troppo ottusa nella mia lettura.
Però il finale mi è sembrato stridere con qualunque messaggio la Alderman avesse cercato di mandare.
A fine lettura, oltre alla semplice trama, ancora non riesco a dire di che cosa questo romanzo abbia parlato.
Ronit, figlia di un rabbino, cresce all'ombra dell'universo claustrofobico e insieme rassicurante di una comunità ebraica ortodossa, i cui tempi sono scanditi dalle regole del rapporto con Dio e la Sinagoga. Insofferente a quel mondo ultra-ortodosso, se ne distacca in nome di una trasgressione che le permette di recuperare un'identità e una diversità. Da un sobborgo ebraico londinese allo sconcertante paradiso di libertà e autoaffermazione di Manhattan, da cui torna per la morte del padre, la protagonista compie un viaggio a rebours ricco di scoperte esilaranti ma anche molto dolorose.
COMMENTO
Mi trovo in grande difficoltà, cercando di recensire questo libro.
Il punto è che, temo, ho proprio mancato il punto.
Forse mi sono persa qualche dettaglio durante l'ascolto, forse questo era un libro da leggere, e non da ascoltare alla guida, ma una volta arrovata in fondo, mi chiedo quale fosse il punto di quelle nove ore.
Non è che il romanzo non mi sia piaciuto, è che proprio non mi ha comunicato nulla. Sono uscita da questa lettura esattamente come ne sono entrata, e temo che questo sia un po' un fallimento. Se mio o della Alderman, a distanza di una settimana ancora non l'ho capito.
Da totale ignorante in materia, ho apprezzato moltissimo l'ambientazione in una comunità di ebrei ortodossi, mi è piaciuta la struttura, dove ogni capitolo ha origine nel commento di un passo della Torah, ma quanto al resto, il nulla assoluto.
I personaggi mi sono sembrati a tratti piattissimi, a tratti inverosimili, a tratti uno uguale all'altro, a tratti ancora grandi archetipi abbozzati un po' con l'acccetta.
La trama mi è parsa un rimescolarsi di centinaia di storie già lette, senza nulla di nuovo da dire, ma ad un certo punto qualcosa si è guastato, e ho perso completamente la bussola: di che cosa volesse parlare la Alderman, in questo romanzo, non l'ho proprio capito.
Certo non di disobbedienza, perché di disobbedienza, qui, non ne ho vista traccia.
Mi è sembrato che ogni arco narrativo fosse tutto sommato inconcludente, non ho capito a cosa sia servito, per i personaggi, vivere questa esperienza.
Davvero, non l'ho capito. E inizio a chiedermi se sia una lacuna mia, se magari ci fosse qualcosa di fondamentale da cogliere, e se non sia stata io troppo ottusa nella mia lettura.
Però il finale mi è sembrato stridere con qualunque messaggio la Alderman avesse cercato di mandare.
A fine lettura, oltre alla semplice trama, ancora non riesco a dire di che cosa questo romanzo abbia parlato.