Non voglio che nessuno mi veda, nemmeno la mia famiglia. Fatemi cremare, distruggete il mio corpo. Vi supplico: niente funerale, niente cerimonie. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Ma io non sarei mai la brava moglie di nessuno. Sarà molto più felice senza di me. Ditelo a mio padre che, evidentemente, ho fin troppe cose in comune con mia madre.
(uno dei due biglietti lasciati da Evelyn)
Questo libro è stato costruito intorno ad una famosissima foto (in effetti io non l’avevo mai vista, ma sono io l’ignorante dal momento che anche Andy Wharol ci ha fatto su un’opera e David Bowie l’ha “citata” nel video di una sua canzone).
1 Maggio 1947 la ventitreenne Evelyn McHale si suicida gettandosi dall’Empire State Building. Non è la prima a farlo, ma lei è diventata famosa per averlo fatto, perché il suo suicidio, per il verificarsi di due fortuite circostanze, passerà alla storia come “il più bel suicidio del mondo”.
La prima circostanza è che il corpo di Evelyn non si è sfracellato sul marciapiede come ci si aspetterebbe, ma si è adagiato sulla capotte di una limusine parcheggiata lì sotto. Il corpo della giovane, precipitando da un’altezza non indifferente, ha fatto sì che il tettuccio dell’auto si accartocciasse sotto il suo peso, trasformandosi in un incavo delicato che l’ha accolta senza ferirla.
La seconda circostanza fortuita è il fatto che tra le tante persone accorse a guardare la scena ci fosse anche Robert Wiles un aspirante fotografo, autore dello scatto che, qualche settimana dopo, la rivista Life scelse come copertina dandogli immortalità.
Sicuramente a guardare la foto si fa fatica a pensare che si tratti di una persona gettatasi da un grattacielo, sembra piuttosto una modella in posa per una foto. Sia perché il corpo è intatto, non presenta tagli, sangue ematomi o altro; sia per la posizione: i piedi leggermente accavallati, la calze scivolate alle caviglie, il viso perfettamente truccato, e soprattutto (è il particolare che più mi ha colpito e shoccato) alcune dita passate fra la collana di perle come a giocarci.
Come dicevo la Busato ha preso spunto da questa foto per raccontarci la storia di Evelyn, ma ha scelto di farlo in modo molto originale, non ha scritto infatti una biografia, ci ha consegnato invece i racconti di dieci personaggi legati in qualche modo ad Evelyn. In alcuni casi si tratta di legami di sangue: la madre che l’abbandonò quando era molto piccola, ed una delle sorelle a cui toccò riconoscere il corpo; in un altro di legame di affetto: il fidanzato che le resterà fedele per tutta la vita non sposandosi mai; in altri è invece un legame semplicemente “di luogo”: come per Friedrich Eckert (il primo a suicidarsi buttandosi Dall’Empire) o Elvita Adams (una dei due sopravvissuti alla caduta da questo grattacielo. Una storia anche questa che ha dell’incredibile, immaginate una che si butta dall’ottantaseiesimo piano e invece di sfracellarsi sul marciapiede atterra sul cornicione dell’ottantacinquesimo piano – praticamente è precipitata solo per un piano – perché il forte vento l’ha risospinta contro il grattacielo: o c...o incredibile o iella stratosferica!).
Libro molto interessante
P.s. Metterei la foto in questione per chi non la conosce o l'ha dimenticata, ma non so come fare scusate