Viaggio a Shanghai

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
OLTRE OGNI FANTASIA

I giorni trascorsi a Shanghai sono indimenticabili ma per riservatezza non posso raccontare molto.
Il punto è che secondo me, siamo finiti in un giro un po’ troppo grosso, e certi ambienti, certi incontri, certe sedi, certe strette di mano non possono non imbarazzare.
Ma ciò che più lascia di sasso è lo stralusso in ristoranti con vista a 180°, tavolate rotanti per 24 commensali dove ognuno ha la sua vasca d’acqua dove far bollire tutto il ben di dio che gli portano su vassoi di sculture di ghiaccio come gamberi bianchi, gialli, rosa, rossi, verdi e nerastri, mezze aragoste, astici, granchi, gran seole, granchi eremita, seppie, ogni tipo di vongola, filetti di oloturie, filetto di Kobe tagliato sottilissimo, miliardi di non so cosa, e quando finalmente stai scoppiando che desideri solo un petardo per digerire, allora ci portano al buffet dove ci ricevono sculture di ghiaccio di quattro metri per due tempestate da gamberi impalati e un presepio di frutti di mare, quintali di frutti di mare freschi da mangiare a soffocarsi, un perimetro di 40 metri (misurati, e io sono uno che gira col calibro!) di vasche di gamberi, gamberoni, gamberetti, granchi (tutti vivi) da pescare con un retino e cucinare vivi nella propria pentola, vongoline, vongolette, vongoloni, cozze, ricci di mare, frutti di mare sconosciute anche al WWF… ma poi c’è anche il buffet del cotto: 25 metri di distesa di ghiaccio dove tu dici voglio questo, voglio quello, e anche l'altro, e quello, e quell'altro, e di questo ancora, ancora... e i cuochi con la mascherina te lo cucinano sul momento, vivo o morto che sia…e poi… e poi prendo due capesante, scappo e me le porto al mio posto, me le cucino e me le mangio mentre si susseguono i brindisi e i kampè (brindisi alla goccia) di moutai da 300 / 1.000€ a bottiglia, bottiglioni di vino bianco e sakè…una roba che a un certo punto pensavo che sarebbe entrato Caligola a farci conoscere il suo cavallo, Nerone con l’arpa da suonare mentre davamo alle fiamme Shanghai, Eliogabalo coi suoi centurioni sessualmente fluidi, Sardanapalo con le sue concubine e qualche imperatore giapponese con i cigni da strozzare mentre si raggiunge tutti l’orgasmo.
- Ma via! Un sacrificio umano, no? Non vogliamo mangiarlo un cuore pulsante? -
Quasi! Infatti il giorno dopo altro incontro ad un vertice oltre a quello del giorno precedente e altra cena delirante durante la quale, sulla ruota dell’abbuffata, viene deposta una vasca con dentro uno squaletto vivo, che fa il suo giro e poi viene portato via, per ritornare poco dopo cotto nello zenzero.
I miei colleghi continuano a fare incontri su vertici di cime di vette di punte sempre più alte, e perciò gli portano anche le rane (mi auguro già fritte) e le tartarughe, mentre io, fortunato, riesco a scappare da quel matrix demenziale per visitare aziende e tornare nella realtà, una realtà di trucioli, schizzi d’olio, polvere di sinterizzato, botte di stampi, stridolii di utensili di vidia, scintille di saldatura, clangori di magli che rendono i luoghi luoghi, non non-luoghi, e dove le persone possiamo finalmente tornare a parlare e confrontarci senza allucinarci di continuo.
E’ stato bello, impressionante, indimenticabile, grazie, la prossima volta però basta una canna di white widow potenziata con LSD che è più normale.
Mi dispiace, non posso mandare le foto perchè contengono volti e non sarebbe corretto, ma non so come farmi credere, davvero.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
VERSO SUD

Insomma che tutti quanti partono da Shanghai e io rimango solo con Betty, la traduttrice.
Betty lavora a Siena nel campo della musica e della sceneggiatura, e si è unita a noi per fare un lavoretto extra.
Siamo scoppiati, il giorno dopo dobbiamo partire all’alba e perciò decidiamo di cenare in hotel una cosa leggera.
Visto che al ritorno lei rimarrà a Shanghai, le chiedo se ne approfitterà per vedere i suoi parenti, lei mi risponde sì, che vedrà suo figlio, di 8 anni.
Io resto basito.
- Non sapevo… - balbetto io
- Appena torno, vado a prenderlo a scuola – dice lei.
Io non ce la faccio e mi scappa di bocca che l’indomani potevo anche partire da solo col tassista e lei andare da suo figlio, ma lei niente, prima il lavoro e poi il figlio.
Mi racconta un po’ la sua storia, ma siccome è triste e personale, me la tengo per me.

Partiamo all’alba, Betty, io e l’autista noto ormai per riverirmi come se fossi l’imperatore intasando i posteggi e guidando contromano nelle aree di servizio autostradali.
Il nostro hotel è nella periferia di Shanghai, perciò in appena un’ora siamo fuori dalla plutomegalopoli e viaggiamo verso sud.
Dovremo attraversare il Qiantang, il fiume di lì, un po’ come l’Arno per i pisani, e io spero in cuor mio di farlo alla foce, nella baia di hangzhou, attraversando il ponte già percorso un anno fa lungo 40 Km (vedi Wikipedia).
Purtroppo però, l’autista decide di prendere la strada per Jiaxing e poi da lì, scendere a sud e attraversare il fiume in un punto in cui il fiume è largo appena 7 Km: pazienza.
Attraversare questi fiumi è uno spettacolo: lunghi migliaia di chilometri, larghi come una nostra provincia, una portata d’acqua inimmaginabile, petroliere, battelli, portacontainer che ci vanno in lungo e in largo come se fossero nel Pacifico, e noi che quando piove ci facciamo allagare dal Polcevera, dal Bisagno o dall’Entella che sono lunghi si è no qualche chilometro!

Arrivati a Shengzhou gli propongo una sosta in un’area di servizio ancora chiusa, un freddo e un’umidità che avrebbe rattristito chiunque, dove riusciamo appena a prendere un caffè allucinante.
Ripartiamo e dopo qualche ora ci fermiamo ad un’altra area di servizio, quella nota per la mossa in contromano!
E’ molto vasta, tutta su un piano, pulita, curata, piena di negozietti nuovi e tenuti bene: chi prepara i dumplings (una sorta di ravioli al vapore, o in brodo e a volte ripassati in padella); chi tazzoni di spaghetti di riso in brodo; ciambelle più o meno dolci, piccanti, salate o unte; tofu bianco, nero, puzzolente (è una specialità), fritto, bollito; verdure e insalate varie; tea, infusioni…insomma che cammino e cammino perché a quell’ora, con quel freddo e con quell’umido, la prima cosa era fare plìn plin, perciò vista l’insegna più universale al modo, mi avvicino verso la fine della costruzione. Se non che, a pochi metri dal target prefissato, un miasmo ributtante:oops:, un puzzo di cloacao_O, un fetore indescrivibile:sick: mi prende le narici😮‍💨, il palato😮‍💨😮‍💨, la gola😮‍💨😮‍💨😮‍💨, roba da prima guerra mondiale ma senza la maschera antigas. Avete presente quella sensazione che a volte si percepisce nei bagni delle stazioni semi abbandonate che paiono infestate dai fantasmi dell’urea impregnati di Zotal G? Ecco, Chanel numero cinque a confronto.
- Esco e la faccio fuori – dico io – ma poi mi ricordo che non sono in Italia e che qui ci sono videocamere ai 5G ovunque
- Finisco in galera o su tiktok – penso io mentre calcolo che sarà impossibile fare tutto in apnea e perciò, volente o nolente vivrò un’esperienza indimenticabile.
Prendo fiato ed entro di corsa, solo che prima o poi devo buttarlo fuori e respirare di nuovo, e non dico che fosse un campo di fiori, ma insomma, si sopravviveva.
Poi un’altra boccata e complici le finestre aperte, insomma, si ragionava, perciò mi lavo le mani tranquillo, esco dai bagni e di nuovo la morsa alla gola.
Mi allontano di corsa, mi guardo indietro e vedo che alla mia sinistra c’era il bagno delle donne: ma possibile che il loro puzzasse così?
Poi guardo alla mia destra, vedo un fruttivendolo, tutto bello, colorato e capisco: piramidi di arance, mandarini, banane, ananas, mele e feti filamentosi…il durian!
La micidiale frutta puzzolente del sudest asiatico.
Da non credere: un fruttivendolo che copre la puzza dei cessi.
Se penso ancora a quando mi avevano detto che bastava assaggiarla per farsi cambiare la mente!
- Io la mia me la tengo così com’è, va! –
Alla fine mi sono preso un tazzone di minestra di riso calda e qualche dumpling.

Riprendiamo il viaggio e faccio notare alla traduttrice che tutte le aree di servizio sono indicate con una forchetta incrociata ad un coltello.
- Strano, no? –
- E perché mai? – domanda lei – come dovrebbero essere indicate? –
- Con due bacchette incrociate, non ti pare? – dico io – siamo in Cina –
- Eh ma due bacchette incrociate – dice lei – non si riconoscono, non si capisce! – :rolleyes:

Intanto procediamo attraversando la contea di Xianju, l’autostrada si fa in salita, saliamo, saliamo e saliamo e in somma, secondo me iniziavamo ad essere in alto, in montagna.
Pietre aguzze intorno a noi si stagliavano verso il cielo, e sotto di loro boschi di latifoglie gialli e marroni, come se l’autunno si fosse arrestato per sempre, e sotto agli alberi, giù giù fino a ricoprire, la boscaglia di bambù, ma non i canneti a cui siamo abituati noi, no: bambù alto dieci metri o anche più!
Siamo nel cuore della foresta naturale del Yandangshan: molto bella, davvero.
Bambù. Bambù dappertutto. Bello eh, non dico di no, però secondo me, dopo un po’ basta che una montagna tutta di bambù non è mica una cosa seria, che va bene per gli acquitrini, non dico di no, ma la montagna vuole i suoi abeti, c’è poco da fare.
Non so come risolveranno la cosa, vedremo.

Insomma, che poi riprendiamo a scendere e ci ritroviamo a Wenzhou, di nuovo sul Mare della Cina, prima meta di questo nostro viaggio nel viaggio.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Finalmente un'esperienza normale

Arriviamo a Wenzhou e andiamo a visitare una fabbrica a proposito della quale non mi dilungo che tanto non vi interessa quante macchine a controllo numerico c'erano, né i processi di controllo della qualità e tantomeno le statistiche relative agli scarti di produzione tra un processo e l'altro. Se sbaglio, mi corrigerete come diceva quello!.
Da lì ripartiamo e andiamo a Taizhou, sempre sulla costa, sulla strada del ritorno verso Shanghai.
Andiamo in un hotel a quattro stelle (quello di più basssa categoria che per adesso mi è capitato in Cina, ma comunque privo di scovolino, perciò di un certo livello) dove sono state prenotate due stanze per me e la traduttrice.
Per l’autista invece, è previsto che mangi e dorma per conto suo.
Io mi impunto affinchè dorma nel nostro stesso albergo, lui dice di no, io insisto e alla fine l’ho vinta io.
Non è solo cortesia ma anche questione di sicurezza perché ha guidato tutto il giorno per oltre 500Km alzandosi alle 04:30 del mattino, chissà dove dormirà stanotte (magari in macchina) e chi si fida a fare con lui la strada del ritorno?
Meglio spendere 40€ in più ma che dorma bene e si viaggi in tutti in sicurezza.

Siccome siamo stanchi, decidiamo di cenare in albergo.
Nella hall ci dicono di salire al 1 piano dove troviamo un ristorante elegantino ma vuoto e un perimetro di 6x4m di vasche con i soliti frutti di mare, crostacei e pesci vivi, principalmente cefali (che per dirla tutta, in Liguria non diamo nemmeno al gatto).
Alla fine, per farla breve, chiediamo un fritto misto e quando andiamo a scegliere un tavolo al ristorantino, scoppia una lite tra la traduttrice e il cameriere.
Siccome il tutto avviene in cinese, domando, e mi viene spiegato che ci mandano a mangiare giù, alla mensa, dove troviamo dei tavolacci, puliti e coperti con una semplice tovaglia di carta/cartone.
Io dico alla traduttrice di lasciar perdere, che siamo stanchi e che poi a pancia piena ci passerà, ma alla traduttrice non va giù e insiste: forse, da un punto di vista confuciano, vuole più rispetto per un cliente di riguardo come me… 🤣
Comunque il livello del ristorante scende ulteriormente quando ci dicono che se vogliamo della birra dobbiamo pagarla a parte e subito, e per mangiare non ci portano nemmeno le bacchette ma dei guanti di plastica come dal benzinaio.
Dopo un po’ arriva la cameriera e di butta direttamente sulla tovaglia di carta una montagna di verdura, gamberi, granchi, zampe di granchi giganti e pesciolini fritti nella pastella da mangiare direttamente con le mani.
Sembriamo tre cavernicoli che arraffiamo da centro tavola con le mani, ci portiamo il cibo in bocca e sputiamo esoscheletri altrui.
Ma si vede, siamo stanchi ma finalmente rilassati e felici, e dopo una lunga giornata ci rassereniamo tutti un po'.
Ci sarebbe anche della grappa (non moutai, che quella costa troppo), ma non te ne dànno un bicchierino, ma solo a bottiglie intere, perciò lascio perdere.

Autista e traduttrice se ne vanno a dormire e io fuori a fumarmi il mio mezzo toscano, per una volta, dopo una giornata stancante di viaggio e di lavoro, non di allucinazioni collettive.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Rivedo Tang e conosco Mei Ling!

Il giorno dopo andiamo a visitare un’altra azienda che mi incuriosisce da matti: è quella di Tang, il ragazzotto che era venuto a trovarmi a Vienna e in Italia, ve lo ricordate?
Per prima cosa riunione in sala riunioni, grande ma non sfarzosa, anzi, molto bella (almeno per i miei gusti) perché pieno di mensole con esempi di caldaie smontate fino al più piccolo particolare: insomma, in una sala delle riunione di una ditta che ripara caldaie, ci stanno meglio le caldaie smontate che i plastici dei trenini del titolare o i marchingegni da Mago di Oz per fare il tea; ne convenite?
Siamo in cinque: la traduttrice, che in quanto donna si veste bene ma non per forza in maniera formale; io, in calzoni e camicia, perciò elegante ma non formalissimo, e Tang con i suoi due soci tutti in giacca e cravatta ( d’altronde, per loro è una giornata speciale).
Iniziamo a parlare a discutere, attacco con la presentazione in power point della ditta che rappresento, quando arriva una signora sui 45 anni, bassina, tarchiatella, unghie non smaltate, la tuta grigia da operaia con una riga gialla che sembra uscita dal Playmobil e un taglio a caschetto che sembrava l’avessi fatto io, che come un fantasma, muta, si unisce a noi.
Insomma, che stonava come un cane in chiesa, soprattutto perché non aveva nemmeno un nome, perciò dopo un po’ colgo la palla al balzo, domando e risponde che si chiama Mei Ling, e Tang mi dice che è la capa della produzione, cioè quella che dovrebbe capirci di caldaie: gli altri fanno il CEO, il sales manager, il marketing manager, il purchasing manager, il human resources manager, il manager dei manager, eccetera.
Finita la mia presentazione, parte la loro, e perciò, persi 30 minuti in inutili convenevoli, s’inizia a parlare di lavoro, cioè dei loro problemi, che insomma, le loro caldaie mica funzionano tanto bene.
Parliamo tutti, io, la traduttrice e i tre manager, quando Mei Ling interrompe e nel suo stentato inglese (non è che il mio sia chissà cosa) fa una domanda relativa al processo di qualità.
Mi parte un riflesso incondizionato, abbasso la testa e mi metto le mani ai capelli (lo giuro) per poi strizzarmi gli occhi.
Sto così qualche secondo e tutti ad ascoltare il mio silenzio in attesa che il vate dello scaldabagno dica qualcosa.
Ma non sapevo veramente cosa dire! Mei Ling aveva fatto una domanda inaspettata e talmente acuta che dimostrava che sapeva di non averci capito nulla, ma non perché ottusa, no: perché non aveva gli strumenti adatti per poter fare esperimenti, capire e chiarirsi quel dubbio che evidentemente la rosicava dentro; se no quella domanda, col cavolo che la faceva!
Cioè: lei sapeva di non sapere perché non aveva mai avuto i mezzi, perciò era ovvio (quelli del mestiere lo sappiamo), che se avesse potuto, avrebbe capito, avrebbe saputo.
Veramente: la risposta alla sua domanda era che aveva fatto un’osservazione giusta, che il processo di controllo della qualità proposto da lei era corretto, solo che occorreva un’apparecchiatura (con cui ho lavorato in passato) che nel 2.000 costava quasi due miliardi di lire, perciò oggi a far due conti…ma che comunque, niente paura, se ne può fare a meno perché applicando le equazioni differenziali di secondo grado ai dati ottenuti per via tradizionale poteva ricondurre tutto a un sistema lineare…oppure se le spiegavo il trucco del mestiere che lei non poteva sapere ci sarebbe arrivata in un attimo!

(Scusate, faccio una pausa riflessiva: lo so, non è una cosa comune, ma a volte capita che un uomo e una donna parlino di meccanica e gli altri presenti non ci capiscano nulla. Lo so, adesso tra i presenti ci siete anche voi e non ci state capendo niente, ma a volte la vita va così, perciò fatevene una ragione, resistete un attimo: io sono qui per lavoro e perciò è difficile che ci scappi un romanzo d'amore!)

Insomma, che faccio i miei sentiti complimenti per la domanda, do la mia spiegazione, lei tutta contenta che le avevo aperto una finestra sul mondo degli scaldabagni e andiamo avanti a discutere, io e i tre manager.
Andiamo avanti, mi parlano di un altro problema per me semplice, per loro insormontabile, quando Mei Ling parte con un’altra domanda che sembra mi legga nel pensiero.
Al che non posso non complimentarmi davvero, e poi ricomplimentarmi di nuovo.
Insomma che basta parlare e andiamo a visitare la produzione.
Come mi aspettavo, la trovo grande (non enorme come le altre visitate in Cina) e abbastanza ordinata e pulita.
Quello che mi sorprende è che hanno fatto un meraviglioso lavoro di analisi del processo di riparazione delle caldaie arrivando a smontare ogni singolo componente, sostituire quelli danneggiati e poi rimontarli con maestria, ma non una caldaia alla volta come si farebbe nel resto del mondo, no!
Loro lo fanno in serie: mai visto! Cioè, non è vero: ne avevo già vista una, una volta, tanti anni fa, ma non importa.
Il risultato sono centinaia di caldaie al giorno riparate come nuove, che hanno però un solo difetto: non ne funziona una.
E’ ovvio che la colpa è di Mei Ling, perché ogni manager fa bene il proprio lavoro, tranne lei che fa tutto male e non si capisce perché.
Allora mi faccio spiegare il processo che adoperano loro per la riparazione degli scaldabagni installati sulle navi da crociera (sapete che in realtà il mio campo non sono gli scaldabagni, no? Ma non posso dire proprio tutto tutto, perciò fatevi andare bene questo esempio) che quando li provano in fabbrica vanno benissimo, quando li installano sulla nave in porto vanno ancora benissimo, ma poi in navigazione non funzionano più e tornano tutti indietro.
Non ce la faccio più a tenermi i trucchi del mestiere dentro e allora le propongo di provare gli scaldabagni inclinati di 15° a destra o a sinistra, in avanti o indietro, non importa.
Tutti restano zitti, tranne Mei Ling che mi dice di no, che non si può, che non funzionerebbe più, ma che tanto gli scaldabagni si montano sempre diritti, però…e a quel punto s’illumina e attacca a parlare in cinese coi colleghi e a fargli segni che rivelano inequivocabilmente che sta spiegando loro che la nave in mare rolla e beccheggia, e perciò appena esce dal porto gli scaldabagni danno i numeri! E allora la vedi che si agita, che il suo cervello sta cercando di mettere insieme anni di frustranti esperienze e capire cosa smette di funzionare quando viene inclinato, capisce al volo che è il sensore cazzabubolico e, e…
- but how I should install it? -
e allora le spiego il barbatrucco, una cavolata.
Le si illumina il viso che sembra una santa al cospetto di Dio, mi guarda come se fossi l’arcangelo Gabriele, la vedi che si trattiene.
Le spiego ancora qualche trucchetto per gli scaldabagni dei treni e quelli dei pollai, poi però basta, che sono lì per guadagnare soldi, mica per fare il profeta agratis!
Insomma, che è il momento di gettare la rete e tornare a casa coi pesci-
- Venite in Italia a fare un corso, un corso di una settimana, però deve venire Mei Ling e almeno due suoi collaboratori, perché ci sarà da sporcarsi le mani -
Mei Ling fremeva, perciò calco la mano e fissandola come se il boss fosse lei, le dico - in tanti anni di lavoro domande così acute me ne hanno fatte proprio poche, veramente, mi hai sorpreso, devi venire in Italia per instaurare un grande rapporto di lavoro tra le due ditte! -
Tutti contenti andiamo a pranzo ma vedo che usciamo solo io, la traduttrice e i tre manager.
- E Mei Ling? –
- No, lei ha da fare e poi si è portata un panino –
- Peccato – dico io, però la faccio finita, se no va a finire che esagero.
Si va a pranzo e troviamo il ristorante tutto per noi.
- Abbiamo prenotato per le due – dice Tang – ma sono le quattro e mezza –
- Eh be’ certo – dico io – se attacco a parlare di scaldabagni si fa notte –
C’è un bancone con del ghiaccio tritato e mi chiedono di scegliere cosa voglio da mangiare: interiora, maiale, manzo, pesce, frutti di mare…
Io chiedo che facciano loro, solo che non esagerino col piccante e le spezie.
Il posto mi piace, anche se a dire il vero non è un ristorante ma sì e no una trattoria, infatti non ho la vista sull'altare sacrificale azteca ma sulla cucina e ogni tanto sbircio a osservo la cuoca che ci dà dentro col wok.
Le pietanze sono buone, gustose, anche abbastanza equilibrate per il mio gusto e soprattutto la compagnia è piacevole perché per seconda volta sono io e tanti cinesi ma in un ambiente normale, non allucinante e la cosa mi fa piacere.
Mi fa piacere perché inizio a entrare nel loro mondo, nel loro tran tran e solo così posso apprezzarne la normalità, la vita quotidiana.
Unica pecca – e nemmeno piccolina – da bere acqua calda.
Sì, quello che vi ho detto: acqua calda!
Non dico una bottiglia di moutai da 1.000€ che tanto nemmeno mi piace, ma una Peroni ci poteva anche stare!
Si discute nuovamente della possibilità di fare un corso, io mi dico entusiasta ma a patto che vengano quelli che poi ci dovranno mettere le mani.
Alla fine ci si accomiata e si riparte.

- Mei Ling aveva gli occhi lucidi - osserva la traduttrice quando ci ritroviamo da soli.
- Vi capita a tutte - stempero io e lei ride, che in Cina mi sembra che l'ironia, soprattutto l'autoironia, non deve essere molto comune.
Arriviamo all'aeroporto, io scendo e saluto l’autista e la traduttrice che tornano a Shanghai: e lei ha fretta, tanta, che deve andare da suo figlio che non vede da agosto, e l'autista è riposato che si è fatto un bel sonno la sera prima!
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Facendo un po’ di parole crociate senza schema, attendo il mio volo per Chongqing della solita Chongqing Airlines avente per simbolo il tappo della Pepsi.
Viaggio tranquillo pensando a quanto siano stati belli i due giorni passati – finalmente – con la gente del posto e vedendo e apprezzando un po’ di Cina vera, quando atterro e inizia la disavventura.
Inizia la disavventura perché salgo su un taxi che sembra un portacenere, mostro al tassista l’indirizzo dove voglio andare e questo blocca la macchina e inizia a farneticare in cinese.
Urla, urla, urla.
Chiamo Marco, il traduttore che è già a destinazione e glielo passo.
Insomma, che viene fuori che la destinazione è a 150Km dall’aeroporto (potevate anche dirmelo, eh!?) e che il tassista non ne vuole sapere di andare fino là.
Io invece, guarda un po’, non ne voglio sapere di scendere dal suo taxi a mezzo chilometro dall’aeroporto!
Sto qui riprende a urlare come un ossesso, perciò visto che ho una certa esperienza in merito, scendo, fotografo targa e licenza del taxi, lo spedisco al traduttore a cui dico di riferirgli con chi eravamo a cena qualche sera prima.
La situazione si calma e iniziamo a parlare di prezzi via whatsapp: vuole 500 yuan.
- OK -
- Sì, ma anticipati -
- No, all’arrivo come su qualsiasi altro taxi del mondo -
Inizia perciò il tira e molla: io offro 200 adesso e 300 all’arrivo, ma lui s’impunta sul contrario e io accetto a condizione che – e al traduttore dico di spiegarglielo bene – durante tutto il viaggio non fumi e stia zitto, che non voglio sentire una parola.
Il tassista accetta ma dopo qualche chilometro s’infila in un posteggio, infila la macchina in una sorta di casello che sembrava un autolavaggio, arriva uno in divisa di non so cosa, lui scende, aprono il bagagliaio, lo richiudono, la macchina viene sollevata a mezzo metro d’altezza (sembrava di essere su Scherzi a parte), sballonzolata, rimessa giù, l’autista rientra e si riparte facendo quasi due ore di autostrada sotto l’acqua a 130 come un pazzo.
Arriviamo a destinazione.
- Money – dice lui
- Ma guarda che adesso hai imparato l’inglese – dico io scendendo.
Al che lui inizia a sbraitare – money, money –
- Luggages – rispondo io e indico il bagagliaio, che voglio vedere se ci sono ancora.
Lui mette la mano sul bagagliaio a far capire che non lo apre se non gli do i soldi.
Io invece resto impassibile a far capire che soldi non gliene do, possiamo star lì fino all’alba quando chiamerò il mio contatto che conta un cicinino più di lui.
Apre il bagagliaio, c’è tutto, prendo le valigie, gli do i soldi, mi giro, me ne vado senza salutare, se ne va senza salutare.

Entro in hotel che si scopre essere una specie di villaggio vacanze a cinque stelle, ma per poco, perché sono le 01:30 del mattino e alle 07:30 ci vediamo nella hall ready to go.
Infatti si parte, si visita un possibile cliente e con la giornata ormai agli sgoccioli, facciamo due passi nella zona turistico commerciale di Chongqing, dove centinaia di piccolissimi negozi cercano di venderti torrone a scaglie, blocchi di strutto pieno di peperoncino da sciogliere e fare il hot pot (una sorta di bagna cauda di grasso piccante dove bollire interiora varie, descritto nel viaggio precedente), tea, giocattoli, vestiti, carabattole varie…fino a quando mi fermo da uno che ha una lamiera sulla brace dove cuoce polli avvolti nella carta e poi nella creta.
Ci tira dentro, noi accettiamo di buon grado, e ci mangiamo un pollo molto gustoso e che si scioglieva letteralmente in bocca.
Verso sera si ritorna in aeroporto, volo per Pechino, poi da lì a Malpensa e finalmente a casa.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
A distanza di una settimana dal mio rientro posso dire che questo viaggio in Cina è stato il più bello di tutti, sia per la compagnia che si è rivelata leggera, che per la conoscenza di Mei Ling che di Idita.
Intanto ho scritto a Idita spedendole le foto di mia moglie che beve il suo te e dei miei figli con i suoi regali, che si è entusiasmata e mi ha risposto con una e-mail fiume in cui mi racconta la storia della campana taoista progettata dal suo amico in ricordo di Zhou Enlai che voleva solo la pace nel mondo (e va be', beviamoci anche questa...) e che perciò adopererà mia moglie quando fa meditazione, e la collana che non è una collana ma un rosario per quando recitiamo i mantra (spesso, infatti :rolleyes:), e... insomma, che mi sta già preparando un corredo per quando tornerò a febbraio.
- tornerò a febbraio? -
- sì, me l'ha detto Marco. Non lo sapevi? -
- no, non lo sapevo, ma adesso lo so, grazie, aspetta che lo dico anche a mia moglie e sul Forum -
Intanto ho ricevuto l'OK perciò a natale lavorerò a un nuovo progetto per Tang e via, il lavoro gira, speriamo che arrivino anche i soldi che per girare ci vuole l'olio e per ballare la musica.
Mi piacerebbe tanto che Mei Ling venisse in Italia a fare il corso, spiegarle le cose che io ho potuto imparare e lei no, farle visitare qualche bel posto e lasciarle qualche bel ricordo.
Mi piacerebbe che venisse anche Idita che mi ha scritto che ha sentito dire che in Italia si mangia bene....e sì, le preparerei una bella carbonara, un pesce con olive e capperi, un agnello al forno con le patate croccanti.
Vediamo, vedremo.
Nel frattempo mi hanno prospettato anche altre trasferte in Olanda e Germania, ma io vorrei tanto tornare in Brasile, in Portogallo, in Spagna, in Grecia, in Turchia, in Meridione... ma non mi ci mandano più! :(:cry:
 
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DaneelOlivaw

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Ho avuto una sola esperienza in un'area rurale di Shangai,
Posto solo per cinesi, piuttosto sporco, la sera le strade non erano praticamente illuminate, molte case hanno il pavimento in terra battuta, tutti davanti a casa vendono qualcosa, ho mangiato quasi sempre del finger food, senza sapere cosa fosse.
Ho pernottato nell'unico hotel della zona "decente" per un occidentale, era però un bordello, solo quello c'era. Bordello nel senso proprio di casa con le signorine.

Nessuno al di fuori della ditta di proprietà inglese parlava un idioma diverso dal cinese, quindi tutto un po a gesti, loro invece provavano con le loro mille app di traduzione simultanea :D

Il cibo a parte il fritto era semplice ed insapore, a colazione le stesse cose che potevo trovare a pranzo.
Era l'inizio del 2020 e con ogni probabilità mi son portato a casa il covid, visto che poco dopo mi son preso un influenza fortissima, ma prima che arrivasse la notizia di questo nuovo virus.

Questo un tipico emnù a parete. :)

 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Dai racconta di più!
Perché sei andato la?
Che luoghi hai visto?
Che esperienze hai fatto?
Questo non è un blog ma una discussione aperta a tutti!!!
 

DaneelOlivaw

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Sono andato ad installare delle macchine tessili.
Non visto granchè perchè ero appiedato in un paesone alla confluenza di tanti canali, piena di ponticelli in pietra, una specie di Venezia medievale.
Solo un pomeriggio mi hanno portato a Shangai a fare un giro, ma questa città non è più Cina, è troppo occidentale.

Le mie esperienze sono unicamente mangerecce, ero l'unico a pagare cash nel 2019/20, i cinesi pagavano tutti inquadrando un QR code, ero rimasto meravigliato da questa cosa.
Altra esperienza il fatto che non hanno riscaldamento, nemmeno nei ristoranti, ti tieni il giubbotto e via.

Sono entrato in un negozio di dolci per assaggiarne un po', ma sono dolci leggermente zuccherati, alla fine commosso ho trovato un Kinder Bueno e l'ho divorato :ROFLMAO:
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Sono andato ad installare delle macchine tessili.
Non visto granchè perchè ero appiedato in un paesone alla confluenza di tanti canali, piena di ponticelli in pietra, una specie di Venezia medievale.
Solo un pomeriggio mi hanno portato a Shangai a fare un giro, ma questa città non è più Cina, è troppo occidentale.

Le mie esperienze sono unicamente mangerecce, ero l'unico a pagare cash nel 2019/20, i cinesi pagavano tutti inquadrando un QR code, ero rimasto meravigliato da questa cosa.
Altra esperienza il fatto che non hanno riscaldamento, nemmeno nei ristoranti, ti tieni il giubbotto e via.

Sono entrato in un negozio di dolci per assaggiarne un po', ma sono dolci leggermente zuccherati, alla fine commosso ho trovato un Kinder Bueno e l'ho divorato :ROFLMAO:
Bene, spero che se leggi i commenti addietro, tu possa trovare qualche ricordo anche tuo! :)
 
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