Lark
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Quarto capitolo della saga di Earthsea, L'isola del drago riprende gli eventi a pochi giorni dalla fine del precedente, La spiaggia più lontana. Torna protagonista, come ne Le tombe di Atuan, Tenar, invecchiata (di un'età indefinibile tra i 30 e i 50 anni), madre di una figlia sposata e di un figlio marinaio, vedova di un contadino, madre adottiva di una bambina di 8-9 anni, terribilmente sfigurata da un tentato omicidio dei suoi genitori di sangue che dopo averla picchiata e credendola morta l'avevano gettata nel fuoco.
Tenar vive sull'isola di Gont, di cui Ged Sparrowhawk, l'arcimago ed eroe di Earthsea è originario, dove un giorno viene a sapere della malattia di Ogion, mentore di Ged ed amico di lei, e lo raggiunge accudendolo negli ultimi giorno di vita.
E niente, cerco le parole per continuare a descrivere la trama - senza spoilerare troppo - ma non riesco, e questo è il problema del libro: la trama non c'è. Per buona parte del libro, scritto nel 1980, più di dieci anni dopo il precedente, la Le Guin si sforza di sistemare i punti oscuri o dubbi dei precedenti, ma la pezza è spesso peggio del buco - e, semplicemente, spiega troppo. Il resto è un manifesto femminista abbastanza miope, in cui sottolinea i danni della mascolinità tossica e descrive (questo sì, in modo efficace) il senso di impotenza dell'essere donne in una società fortemente maschilista. Però non è una storia. Dialoghi infiniti e strumentali a portare avanti la tesi, la morale sovrasta di gran lunga la storia, e la annienta. Alla fine ci butta lì una botta di magia, una trovata ad effetto, un deus ex machina che risolve una situazione difficilmente comprensibile.
Molto deluso, non lo consiglio!
Tenar vive sull'isola di Gont, di cui Ged Sparrowhawk, l'arcimago ed eroe di Earthsea è originario, dove un giorno viene a sapere della malattia di Ogion, mentore di Ged ed amico di lei, e lo raggiunge accudendolo negli ultimi giorno di vita.
E niente, cerco le parole per continuare a descrivere la trama - senza spoilerare troppo - ma non riesco, e questo è il problema del libro: la trama non c'è. Per buona parte del libro, scritto nel 1980, più di dieci anni dopo il precedente, la Le Guin si sforza di sistemare i punti oscuri o dubbi dei precedenti, ma la pezza è spesso peggio del buco - e, semplicemente, spiega troppo. Il resto è un manifesto femminista abbastanza miope, in cui sottolinea i danni della mascolinità tossica e descrive (questo sì, in modo efficace) il senso di impotenza dell'essere donne in una società fortemente maschilista. Però non è una storia. Dialoghi infiniti e strumentali a portare avanti la tesi, la morale sovrasta di gran lunga la storia, e la annienta. Alla fine ci butta lì una botta di magia, una trovata ad effetto, un deus ex machina che risolve una situazione difficilmente comprensibile.
Molto deluso, non lo consiglio!