Szabó, Magda - La notte dell'uccisione del maiale

bouvard

Well-known member
Dopo parecchi anni sono tornata a leggere Magda Szabò e l’ho fatto con un libro, scelto solo per l’inconsueto titolo, che mi ha invece folgorato come non mi capitava da tempo.
Ho letto da più parti che si tratta di “una storia di dolore e di morte” e non posso che essere d’accordo.
Il libro è ambientato tra il 15 ed il 16 Dicembre 1955, mentre si compiono appunto i preparativi per l'uccisione del maiale, ma in effetti oscilla continuamente tra quel presente e i decenni precedenti. Racconta, infatti, la storia di due famiglie: i Kemery, nobile famiglia attaccata al proprio blasone non avendo più denari a cui attaccarsi, e i Toth semplice e onesta famiglia di saponieri. Che cosa fa incrociare i destini di queste due famiglie altrimenti separate da condizioni sociali e fede religiosa? L’amore tra Paula Kemery e Jonas Toth.
La storia del libro è narrata in modo corale, da più voci narranti. E pian piano che le diverse voci raccontano la loro parte di storia veniamo trascinati in un vortice sempre più asfissiante di dolore, incomprensione, menzogne e… delitti. Eh già, se la matriarca Kemery viene chiamata “l’assassina” una ragione ci sarà. Ed è una ragione shoccante. Ma abbiamo appena il tempo di riprenderci dalla storia di Veronka Kemery che veniamo travolti da quella, forse anche più shoccante, di Gyozo Kemery. E pian piano ci facciamo un’idea anche dell’amore di Paula e Jonas e la rabbia cresce, si avrebbe la voglia di scrollare Jonas e dirgli “apri gli occhi!”, ma il suo amore per Paula è tanto cieco quanto profondo. Il potere che Paula ha su di lui arriva al punto da fargli rompere (quasi del tutto) i legami con la propria famiglia. E se "l'assassina" ci ha fatto accapponare la pelle Paula ne è la degna erede!
Questo libro ha il pathos di una tragedia greca e degno di una tragedia greca è anche il finale quando finalmente tutta la rabbia...
Mi rendo conto che non ho detto molto sul libro, ma non è possibile dire molto senza incorrere negli spoiler, l’unica cosa che posso dirvi è leggetelo perché ne vale davvero la pena.

Consigliatissimo
 

ayuthaya

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La notte dell’uccisione del maiale è stato uno dei pochissimi libri che ho amato fin dalla prima pagina, un vero colpo di fulmine. È vero che mi aspettavo molto da questo romanzo, ma sappiamo che questo non è assolutamente una garanzia di gradimento, anzi! Spesso più le nostre aspettative sono alte, più grande è la delusione. Beh, in questo caso è stato tutto il contrario.

Innanzitutto l’opera è di una potenza straordinaria e si sente fin dalle primissime pagine, dalle primissime righe. C’è una forza incredibile che sprigiona da questa storia, tanto intensa quanto cruda. L’impressione è immediata: è una vicenda dura quella che stiamo per affrontare e non riusciremo a restare indifferenti di fronte al destino di questi personaggi, alle loro sofferenze. In questo senso ho sentito una grande affinità con Faulkner: come lui, la Szabò non fa sconti col lettore, non ci concede alcun appiglio, nemmeno nella comprensione di ciò che sta accadendo. L’autrice non ci cala pian piano nella vicenda, ma direi quasi che ci scaraventa dentro. L’inizio è dunque forte e spiazzante.
Chi è Jànos? Perchè ha perso i contatti con la sua famiglia d’origine? E perchè anche sua moglie sembra così dura nei suoi confronti, così estranea? Chi sono nonna Róza, zia Ilka, Győző e Sára, e poi Paula, zia Klárika, Veronka, Győző e l’Assassina?
Tra nomi, nomignoli, parentele che non ci vengono spiegate, sarebbe impossibile districarsi fra queste prime pagine se non avessimo l’aiuto di due alberi genealogici che ci vengono gettati nella prefazione come ancore di salvezza. I due alberi corrispondono a due famiglie: quella dei Toth, saponieri da generazioni, a cui appartiene Jànos, e quella dei Kémery, nobile famiglia decaduta, anche a causa dell’instaurazione del regime comunista, da cui proviene Paula. Jànos e Paula sono quindi l’anello di congiunzione fra queste due famiglie che nulla avrebbero in comune; ma scopriremo presto che la loro unione non nasce dall’amore, ma al contrario nasconde in sè rancore, odio, superbia, disprezzo. Per questo dicevo che si tratta di un romanzo molto duro, una cosa tanto più sorprendente se pensiamo che è di ispirazione autobiografica: nella figura di Veronka (forse l’unico personaggio positivo, la cui vita sarà stroncata in modo crudele) la Szabò ha voluto celebrare la giovinezza perduta di sua madre, così come altri personaggi richiamano persone realmente esistite (a questo proposito molto interessante è il “riscatto narrativo” che la scrittrice offre all’alter ego di Jànos, la vera vittima del romanzo).

Ogni capitolo si intitola con il nome di un personaggio: si tratta quindi di un romanzo corale. Anche questo mi ha fatto pensare a Faulkner, sebbene i protagonisti dei capitoli non siano narratori in prima persona e non ci permettano di penetrare totalmente nella loro intimità. Anzi, direi quasi che l’anima dei personaggi ci è preclusa: crediamo di avvicinarci, ma a un certo punto ne veniamo respinti. O forse è talmente arido il loro cuore, talmente pieno di risentimento o di delusione, che è impossibile raggiugerlo. Ad ogni modo, passo dopo passo, questi difficili rapporti umani ci vengono svelati e più ne veniamo a conoscenza più ne proviamo orrore, più proviamo orrore e più ci sentiamo avvinghiati in questa storia, come complici che non possono più fingere di non sapere. Come i testimoni di un destino che ci appare sempre più ineluttabile, esattamente come accadeva nelle tragedie greche. Questa vicenda è intrisa di morte: i morti sono quasi più vivi dei vivi e incombono su di loro come fantasmi dei quali non è possibile liberarsi.

Mi rendo conto che della trama vi ho raccontato ben poco, ma non voglio svelarvi troppo (alcuni commenti trovati su Internet sono molto espliciti, state attenti). Perchè, nonostante il vero soggetto di questo romanzo sia la durezza dei rapporti umani, la forza della donna che può trasformarsi anche in crudele determinazione, vi è comunque dietro una vicenda piuttosto articolata, che coinvolge molti personaggi e che vale la pena di essere scoperta poco a poco.
Una vicenda che fra l’altro è inserita in un contesto storico ben preciso: l’affermazione del regime comunista in Ungheria. Non per niente la pubblicazione del romanzo fu osteggiata dai “recensori marxisti” che consideravano “insolente” il suo “comportamento letterario” che “richiamava l’attenzione sui difetti allarmanti del sistema”.
Insomma, La notte dell’uccisione del maiale, sebbene non sia annoverato fra i capolavori di questa autrice di indubbio valore, ha suscitato in me il desiderio fortissimo di leggere altre sue opere, per ritrovare la stessa durezza che diventa potenza creatrice.

5/5
 
Ultima modifica:

darida

Well-known member
Concordo in tutto con ogni parola scritta negli ottimi commenti precedenti!
E di solito per pigrizia mi limito a confermare 👍
In questo caso però vorrei spendere due parole per un romanzo che mi ha folgorata.
Dopo una leggera confusione nelle prime pagine ho provato un gran piacere a dipanare questa straordinaria matassa narrativa. Nelle ultime pagine avrei voluto fermarmi...qualche volta non si ha tutta questa voglia di concludere la lettura. Dopo è finita.
Grande penna! Corro subito a fermare queste sensazioni sul mio booklover 💜
 
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