La bellezza del dialogo

greenintro

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Inoltrando un mio messaggio nel topic "i poeti che leggono le loro poesie":

Settimana scorsa mi hanno trascinato a un certamen poetico, gara di poesia serale, all'aria aperta, con 7 ragazzi provenienti da tutta Italia, con il pubblico a fare da giuria, con tanto di lavagnette da esporre con i voti al termine di ogni declamazione. Atmosfera scherzosa e informale. A vincere un signore che ha esaltato la platea con dei componimenti in cui ha saputo utilizzare solo parole con la lettera "e", poi solo lettera "o", poi solo la "u". Bravissimo, geniale, eppure non l'avrei fatto vincere. Perché ho trovato il tutto uno sfoggio di bravura tecnica fine a se stesso, autoreferenziale, senza un vero e proprio contenuto emotivo da comunicare, alcun messaggio. Il suo obiettivo non era, evidentemente, trasmettere qualcosa al pubblico, ma mostrare quanto è bravo a giocare con le parole, col linguaggio, riuscendoci perfettamente, ma, dal mio punto di vista, manca quello che alla poesia è essenziale. Questa cosa però mi ha fatto riflettere, si può considerare "arte" un'opera che ha come obiettivo l'essere perfetta, geniale dal punto di vista tecnico, ma senza una vera e propria intenzionalità comunicativa di un significato?

Non sto dicendo che necessariamente l'arte e la poesia debbano trasmettere un contenuto romantico e sentimentale. L'umorismo, l'ironia possono essere a tutti gli effetti una forma d'arte, ma a condizione, secondo me, che non siano mai qualcosa fine a se stessi, ma sempre posti come linguaggi entro cui veicolari contenuti satirici, che contengono un giudizio sulla politica, sulla società. Plauto, Aristofane non erano certi artisti "sentimentali", ma la loro ironia era funzionale all'espressione di un messaggio... sinceramente non so quanto uno che ha l'obiettivo di scrivere componimenti in cui utilizzare solo la lettera "e" o la "o" di senso compiuto, possa aver margini di manovra per pensare anche ad un autentico significato da comunicare. Personalmente considero tutto ciò un abilissima performance da circense del linguaggio, da applaudire, da ammirare tantissimo, ma che poi, a livello interiore, non ti dà nulla. Mi pare il tipico caso per cui va benissimo la seconda posizione ad un concorso: il migliore tecnicamente, ma manca, per vincere, il requisito fondamentale, l'anima.
 

Pathurnia

Well-known member
Non sto dicendo che necessariamente l'arte e la poesia debbano trasmettere un contenuto romantico e sentimentale.
Qui avrei qualcosa da aggiungere. Quello che io penso è che troppo spesso si usa il termine "romantico" o "sentimentale" per parlare di poesia, quando a mio avviso sarebbe più esatto dire "emozionale". In questa accezione del termine la poesia ha sempre un contenuto emozionale, anche quando esprime sdegno e odio come nella poesia di Primo Levi che ho commentato nello scorso poetic forum (e qui devo ammettere che ero cascata anch'io nel tranello di considerare la lirica come unico canale espressivo) .
Ma sia che si tratti di odio, di passione civile, di satira o di amore, in ogni caso la poesia esprime - e quando ci riesce comunica anche - un contenuto emozionale. Da questo punto di vista anche il linguaggio è idiosincratico:
(per i due virgola cinque lettori che sono arrivati fin qui, cito da wikipedia)
<< In linguistica i fenomeni idiosincratici sono le creazioni linguistiche limitate a un ambito ristretto e costruite senza applicare le norme valide negli ambiti più ampi: in pratica, si intendono con questo termine soprattutto le invenzioni dei singoli parlanti, i quali formano parole e strutture sintattiche secondo la fantasia e la propria struttura cognitiva, spesso creando dei neologismi>>
Quindi non più soggetto-predicato-complemento ma immagini, analogie, metafore, allusioni. associazioni di idee non esplicitate. Per fare questo lavoro il poeta deve essere necessariamente in contatto con la parte più profonda di sé, quella più istintuale ed emotiva. E fin qui siamo dal lato dell'espressività.
Poi c'è il lato comunicativo: se il poeta riesce a sviluppare quest'ultimo aspetto, nell'ascoltatore si propagherà uno stato di apertura per cui le immagini, le associazioni, il contatto profondo con se stesso entreranno in risonanza con quelli del poeta. Ciò secondo me non implica sempre l'esistenza del famoso "messaggio", ma può trattarsi semplicemente di un'attitudine emozionale che si risveglia alle parole del poeta, magari senza somigliare affatto a quello che l'autore intendeva dire. Questo perché esprimere e comunicare possono essere due cose del tutto diverse. Se l'ascoltatore è in contatto con se stesso, comunque qualcosa si sveglia, qualcosa si smuove, qualcosa entra in vibrazione.
Però in una piazza con cento o duecento persone, con il palco le luci i rumori la musica gli applausi il conduttore o la conduttrice che presenta gli autori, il brusio la distrazione festaiola, l'attenzione diffusa che sempre caratterizza questi eventi, me lo dite voi come fa lo spettatore ad entrare in contatto con le proprie parti profonde ecc. ecc. per lasciare entrare la poesia dentro di sé?
Al limite qualche verso ben riuscito solleciterà il senso estetico.
Il resto è festa, è se vogliamo anche celebrazione della poesia, ed è bello che si celebri una attività umana così preziosa. Ma quella stessa attività non passa per il palcoscenico, o per i reading in piazza. Quella sul palcoscenico è rappresentazione, la poesia si scrive e si legge a casa, nel bosco, anche all'ufficio, ma è attenta, raccolta, silenziosa.
In passato ho partecipato molte volte a dei reading, sono stata su quei palchi ma anche a letture poetiche per le strade del mio paese nelle notti d'estate, e perfino ai reading nei supermercati. Divertente.
Ma sono momenti d'animazione, niente di più.
🙋‍♀️
 

greenintro

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Intervento molto interessante e strutturato. Vorrei solo aggiungere un appunto, che però ci porterebbe un pò fuori dal tema specifico della poesia, e per questo si è preferito aprire un nuovo topic. Non penso che la parte più profonda di noi coincida con quella più emotiva e istintiva, almeno non necessariamente. La parte più profonda di noi coincide col livello più essenziale, innato della nostra personalità, e ciascuno di noi ha una personalità con vari livelli di istintualità e tendenza alla riflessione. Associando la profondità all'istinto, si potrebbe dedurre che le persone aventi un carattere più riflessivo o analitico tendano per questo a essere più superficiali, mentre gli istintivi sarebbero più fortemente a contatto col loro vero "sè", a essere persone più autentiche. Al contrario, associando il sé profondo alla nostra autentica personalità, quel livello che resta tale indipendentemente dalle influenze esteriori dell'ambiente (che si sovrappongono ma non cancellano del tutto quel nucleo), allora questo coinciderà con delle tendenze caratteriali, di cui l'istintivo è solo una delle tipologie. Una persona dal carattere riflessivo avrà il proprio sé profondo riflessivo, e chi ha un carattere più istintivo lo avrà istintuale. Che esista un equivoco secondo cui gli istintivi sarebbero più a contatto con le proprie profondità si ripercuote spesso nelle abitudini linguistiche, quando si finisce, spesso e volentieri, nell'usare il termine "spontaneo" come sinonimo di istintivo, di contro alla persona riflessiva e prudente vista come inibita, artefatta e non naturale (equivoco in parte causato dalla psicanalisi con la sua metafora dell'iceberg in cui la coscienza, la razionalità sarebbe solo la punta visibile, esteriore, prodotto del condizionamento della società e del principio di realtà, mentre tutta la maggior parte in ombra sono impulsi inconsci). Io non sono d'accordo, spontaneo non è sinonimo di impulsivo, dipende dalle differenti tipologie caratteriali. Così come l'istintivo troverà spontaneo lasciar libero sfogo alle proprie pulsioni e l'autocontrollo come una fastidiosa forzatura, così il riflessivo, il razionale troverà spontaneo prendersi del tempo per riflettere e ponderare prima di agire, e si sentirà a disagio, forzato nel dover sbrigarsi a prendere una decisione affidandosi all'istinto, alla prima impressione. Cioè spontaneità vuol dire coerenza col proprio carattere, qualunque esso sia, si può essere spontaneamente riflessivi e forzatamente impulsivi e viceversa.

E un altro tema strettamente connesso a questo è quello del rapporto emozione/sentimento, dato che si è accennato alla loro differenza. Proprio perché la poesia è esperienza di connessione del fruitore con la propria interiorità profonda, che essa ha più a che fare col sentimento che con l'emozione. Per sentimenti intendo il complesso degli atti entro cui riconosciamo la nostra personale gerarchia di valori, di preferenze, di priorità esistenziali intorno a cui si sviluppa la personalità, e in questo senso è qualcosa di stabile, permanente, e dunque più profondo rispetto all'emozione, più legata al rapporto con l'agire nel mondo esterno in una certa particolare momentanea circostanza (lo dice la parola stessa, ciò che muove, che ci porta a reagire in un certo modo nei confronti di uno stimolo esterno). L'emozione è legata al sentimento ma spesso può anche andare in contraddizione con esso, portandoci a compiere azioni, o anche solo a desiderarle di compiere, in contrasto con la vostra vera natura, con ciò che riterremmo giusto in un momento di calma e lucidità (sentimento). Esempio, il sentimento mi porta a disprezzare la violenza, ma in un momento di forte rabbia (emozione) mi capita di prendere a pugni una persona che ha suscitato in me quell'emozione (è un esempio astratto, per fortuna non mi è mai capitato). Quale sarebbe il mio vero Io, le mie profondità? L'io del sentimento che ripudia la violenza o l'Io che che travolto dallo stimolo esterno, l'innesco dell'emozione, contraddice i propri valori e prende a cazzotti? Io penso che il sentimento stia a una profondità superiore all'emozione, in quanto mentre l'emozione è condizionata dallo stimolo esterno, la cui forza travolge la nostra capacità di elaborarlo, il sentimento è ciò verso cui siamo orientati nel momento in cui abbiamo la calma per valutare interiormente diverse possibilità e optare per quella che ci rappresenta di più.
 

Pathurnia

Well-known member
Ciao, non ti ho dimenticato, ma tu sii paziente con i miei ritmi arcilenti!
Ti rispondo appena posso, in fondo il bello di un forum - contrapposto ad un qualunque social - è questo senso diverso del tempo.
Ciao dal bradipo Path:)
 

Pathurnia

Well-known member
Eccomi. Finalmente posso concedermi il piacere di uno scambio di idee non finalizzato dopo un periodo passato ad organizzare slide su slide per il prossimo anno scolastico (o accademico che dir si voglia). 😵‍💫
Innanzitutto ti ringrazio per aver staccato con uno spazio le due aree tematiche del tuo intervento, non immagini - o forse sì - quanto questo alleggerisca la lettura. :)
Tu dici: << Non penso che la parte più profonda di noi coincida con quella più emotiva e istintiva, almeno non necessariamente. La parte più profonda di noi coincide col livello più essenziale, innato della nostra personalità, e ciascuno di noi ha una personalità con vari livelli di istintualità e tendenza alla riflessione.>>
Questa considerazione mi piace molto. Il cosiddetto iceberg freudiano è una schematizzazione che nasce dalla sua concezione della psiche e, senza nulla togliere alla grandezza dello studioso, ritengo che la sua parola non sia necessariamente il Verbo. Francamente ritengo molto più interessanti le concezioni elaborate a questo proposito di Michel Onfray, un filosofo discutibile ma decisamente originale.
In ogni caso mi trovo abbastanza d'accordo sul tuo discorso a proposito delle personalità più originariamente riflessive e su quelle più originariamente istintuali e di conseguenza mi convince l'idea che "autenticità" non corrisponda in entrambi casi allo stesso atteggiamento.
Qui però potremmo aprire una parentesi e chiederci quanto ciò che manifestiamo normalmente corrisponda alla nostra autentica personalità. Ti porto la mia esperienza personale.
Tendenzialmente io sono un'introversa, amo le costruzioni teoriche e le spiegazioni profonde e accurate, non sono impulsiva né particolarmente emozionabile, potrei affermare che amo molto più le teorie che le persone e molto più la contemplazione che l'azione. Però verso la fine dell'adolescenza mi sono resa conto che così non avrei avuto amici ed ho deciso, bada bene, non la persona che volevo essere, ma il personaggio che volevo rappresentare.
Sono diventata esuberante, spiritosa, anticonformista, eccetera. Quella che doveva tuffarsi quando le onde erano anche troppo alte, quella che aveva il coraggio di dire le verità scomode che nessuno osava dire, che si permetteva atteggiamenti "rivoluzionari" molto tempo prima che essere anticonformisti diventasse conformismo. Bè, non posso negare di essermi anche divertita molto, poi alla fine la maschera diventa il volto, l'atteggiamento diventa attitudine, e uno scopre che si può permettere comportamenti trasgressivi perché tanto "lei è così", e in questo c'è anche un certo tornaconto.
Ma dopo mezzo secolo, che fatica. Che stanchezza. E che belli i momenti di solitudine, di silenzio; che belli i giorni da sola nella mia campagna ad ascoltare soltanto il vento e il parlottio delle gazze che si contendono un nido..

Ecco, tutto questo per dirti che trovo accettabile la tua affermazione che "si può essere spontaneamente riflessivi e forzatamente impulsivi e viceversa".
Apprezzo molto la profondità della tua riflessione.

Veniamo adesso all'argomento emozione/sentimento.
Eravamo partiti dal reading di poesia. Quindi, perfettamente d'accordo con la tua interessante digressione su emozione e sentimento e sul loro diverso livello di elaborazione.
Però, quando nel primo post che hai scritto, quello sul reading eccetera, tu affermi <<Non sto dicendo che necessariamente l'arte e la poesia debbano trasmettere un contenuto romantico e sentimentale >> mi sembra evidente che tu accosti i due termini quasi identificandoli per mettere in risalto la caratteristica comune a tanta poesia, o pseudopoesia, di esprimere stati d'animo e atteggiamenti intimistici. E va bene, in questo caso i termini "romantico" e " sentimentale" rendono benissimo l'idea del genere a cui ti riferisci.
Ma proprio perché accetto il tuo discorso dei differenti livelli di elaborazione tra emozione e sentimento penso che una poesia, soprattutto se letta in piazza, faccia appello più alla dimensione emozionale che al sentimento. Cioè risvegli uno stato di attivazione psicofisica legato in parte al significato, in parte a componenti come la musicalità, il ritmo, la piacevolezza delle metafore e in parte alla festosa aspettativa legata al contesto.
Al sentimento profondo espresso dalla poesia o al particolare insieme di sentimenti che il poeta immancabilmente sottintende in conformità alla propria weltanschauung ci si può arrivare solo nella quiete di una riflessione che - secondo me - non avviene che in solitudine.
E siamo tornati alla discussione iniziale forse con qualche elemento in più.
Ciao, questo confronto mi è sembrato interessante ed ho apprezzato la tua capacità di analisi.
Alla prossima
🙋‍♀️
 
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