Winn, Alice - In memoriam

qweedy

Well-known member
"Quando ha ascoltato per la prima volta i versi di "In Memoriam" di Tennyson, Gaunt era all'ultimo anno di scuola. Ricorda perfettamente la voce baritonale del suo migliore amico Sidney mentre li recitava nel cortile del collegio, in un pomeriggio plumbeo. È stata una bella giornata, quella, pensa, sdraiato su una brandina cigolante, con la testa bendata e la mascella rigida. Rigida come la bocca spalancata del soldato che ha calpestato fuggendo per trovare riparo in trincea. Non riesce a toglierselo dalla testa e le uniche cose che lo tengono ancorato alla realtà sono Tennyson e le lettere che Sidney gli ha inviato dall'Inghilterra, dandogli notizie sui compagni, sulle lezioni, sugli studi. Gaunt darebbe l'anima per tornare a quei giorni, a discutere di metrica e poesia greca, invece di indossare la divisa. In collegio l'eco delle bombe e dei proiettili era pioggia, qui è tuono insondabile. Eppure ci sono quei versi. Eppure ci sono due braccia che lo stringono forte e un corpo caldo con cui condividere il misero spazio della brandina. Il respiro di Sidney, accanto a Gaunt, lo rassicura e, lentamente, lo rende consapevole del cuore che batte."

Una storia che racconta ombre e luci dell'inizio del Novecento, attraverso gli occhi di due giovani uomini che trovano l'uno nell'altro la forza di superare l'insensatezza del conflitto e consolazione nell'immortale lezione dei classici, appresa tra i banchi di scuola..

Una storia drammatica, intensa, travolgente, durante la Prima Guerra Mondiale. Nel college di Preshute i ragazzi si dividono tra entusiasti della guerra, e paura per quel che accadrà, rischiando di finire nell’elenco sul giornale, sull’Albo d’onore dove una singola riga definisce il destino di quello specifico essere umano: morto, ferito. Per Gaunt cambia tutto dopo aver compiuto diciotto anni. Tra le pressioni della madre, che lo invita ad arruolarsi per evitare di essere trattati come spie, date le loro origini tedesche, e le ragazze che con sgarbo donano una penna bianca, il ragazzo decide di arruolarsi, cambiando per sempre la sua vita e la percezione del mondo.

Una carneficina: Loos. Ypres. La Somme. I ragazzi che uno dopo l’altro vengono mandati al fronte, nelle trincee, muoiono o vengono feriti in modi più o meno gravi; ragazzi che combattono per un paese e che quando tornano hanno danni inimmaginabili. Tra citazioni di Tucidide e descrizioni di ferite, Alice Winn consegna al lettore una storia cruda e immensa, con una scrittura scorrevole, non pesante e che tuttavia riesce a far percepire la crudeltà della guerra.

VINCITORE DEL WATERSTONES DEBUT FICTION PRIZE 2023 ASSEGNATO DAI LIBRAI INGLESI (“piacevolmente classico ma audacemente originale”)

Consigliatissimo! Mi è piaciuto molto!


Alla fine di tutto, per tutti,
l’inverno diventa primavera.


«Tuo padre è sotto osservazione in banca per questo motivo… Devi arruolarti, Heinrich. Se abbiamo un figlio nell’esercito, non oseranno dire che non siamo patriottici.»
[…] «Devi arruolarti prima che sia troppo tardi», tornò alla carica la madre. «Se lo fai quando la guerra sta per finire, la gente dirà che non avevi intenzione di combattere.»

«Alcune ragazze mi hanno dato una penna bianca in città. Ci sono rimasto così male che sono andato ad arruolarmi quel pomeriggio stesso.»

«Sembra ingiusto, vero? I nostri genitori hanno vissuto tutta la loro vita senza dover affrontare nulla di simile.»
«Erano impegnati a costruire il mondo che ha portato a questa guerra.»

Mi chiedo cosa direbbe il mio In memoriam” dice sprezzante Sidney, quasi a contemplare un tragico – ed eroico– epilogo, accompagnato da roboanti descrizioni di gesta belliche. “Ragazzo vanitoso muore in uno strano incidente con l’ombrello. Indagini in corso” la sarcastica risposta di Henry, quasi ad allontanare ogni possibilità di arruolamento per l’amico, per cui prova un forte sentimento che sembra andare ben oltre la semplice amicizia.

Gli uomini parlano soprattutto del fango, dei topi e di Dio. Ci tocca censuare il fango e i ratti, ma Dio è sempre ben accetto. Ironico, no? È un lavoro monotono, ma meno odioso dell’altro: scrivere condoglianze. Sempre, di ragazzi che conoscono o di cui non so nulla, di soldati che sono morti da valorosi e di altri che hanno perso la vita in modi che mi rifiuto di descrivere, di uomini troppo anziani o troppo giovani per combattere al fronte. Non so più che parole usare per dire: ‘suo figlio si è spento pacificamente e ha reso onore all’Impero‘”.
 
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