Questo biopic su Bob Dylan inizia in maniera brillante, con uno sconosciuto Dylan diciottenne che si presenta davanti al letto di ospedale in cui Woody Guthrie giace muto e inerme e gli canta una sua canzone che parla di lui. Quattro colpi di approvazione secchi e decisi danno inizio alla strepitosa carriera della star che tutti conosciamo. Tutti si fa per dire, perché io sono una di quelle (poche) persone che, prima di vedere il film, conoscevano sì e no cinque o sei canzoni. E' stato un piacere ascoltarle tutte leggendo i testi nei sottotitoli (spesso si tratta di vera e propria poesia), il che rende il film, a tratti, quasi una sorta di musical raffinato.
Dylan è interpretato da Timotée Chalamet, che stupisce in senso positivo, anche perché è lui a cantare tutte le canzoni. Il personaggio sembra essersi perfettamente impossessato di Chalamet, il quale porta avanti la pellicola con empatia e professionalità, finendo per somigliare al cantautore persino fisicamente.
Non so quanto ci sia di vero e quanto di romanzato ma io l'ho trovato un bel film, una storia che sembrerebbe abbastanza verosimile e che suggerisce il carattere scontroso e spesso egoista - soprattutto con le sue partners - del cantante mentre vengono tratteggiate le sue vicissitudini professionali e private, comprese le relazioni sentimentali con la prima fidanzata (interpretata dalla bravissima Elle Fanning) e quella più travagliata con Joan Baez, la quale gli teneva testa (l'attrice però mi ha convinto meno). Molto emozionante e d'impatto una delle decisive scene finali in cui si sottolinea che, probabilmente, se Dylan fosse stato meno cocciuto pezzi come Like a rolling stone non avrebbero visto la luce. Una pecca c'è a mio parere, ed è il fatto che nelle biografie delle grandi star si tende spesso a fermarsi prima di raccontare le cose più scomode o, come in questo caso che non fa eccezione, ad alleggerirle, forse per una sorta di timore reverenziale nei loro confronti.
In ogni caso Dylan credo abbia gradito, e per fare contento lui ce ne vuole.
Dylan è interpretato da Timotée Chalamet, che stupisce in senso positivo, anche perché è lui a cantare tutte le canzoni. Il personaggio sembra essersi perfettamente impossessato di Chalamet, il quale porta avanti la pellicola con empatia e professionalità, finendo per somigliare al cantautore persino fisicamente.
Non so quanto ci sia di vero e quanto di romanzato ma io l'ho trovato un bel film, una storia che sembrerebbe abbastanza verosimile e che suggerisce il carattere scontroso e spesso egoista - soprattutto con le sue partners - del cantante mentre vengono tratteggiate le sue vicissitudini professionali e private, comprese le relazioni sentimentali con la prima fidanzata (interpretata dalla bravissima Elle Fanning) e quella più travagliata con Joan Baez, la quale gli teneva testa (l'attrice però mi ha convinto meno). Molto emozionante e d'impatto una delle decisive scene finali in cui si sottolinea che, probabilmente, se Dylan fosse stato meno cocciuto pezzi come Like a rolling stone non avrebbero visto la luce. Una pecca c'è a mio parere, ed è il fatto che nelle biografie delle grandi star si tende spesso a fermarsi prima di raccontare le cose più scomode o, come in questo caso che non fa eccezione, ad alleggerirle, forse per una sorta di timore reverenziale nei loro confronti.
In ogni caso Dylan credo abbia gradito, e per fare contento lui ce ne vuole.