Sondaggio 2° Concorso "Lettere d'amore"

Quale lettera d'amore vorresti vincesse il Concorso?


  • Votanti
    13
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GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Partecipanti:

1) Pathurnia
2) Ondine
3) bouvard
4) Pnin
5) MaxCogre
6) Carcarlo

Gli pseudonimi in ordine sparso:

1) Amaretto
2) Luisa67
3) TortellinoInBrodo
4) Nino & Nelly
5) Falco d’oro
6) Dallal

Di seguito posterò le lettere con il relativo pseudonimo. Votate la vostra preferita qui nel sondaggio (voto unico e visibile), ma non commentate qui, aprirò un thread apposta per elogi, critiche e totoautore.
Buona lettura e buona votazione!
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Caro Zenzero,

questo è il soprannome che ti ho dato da quando ti ho sentito dire, in pausa pranzo, il nome del profumo che usi. E dire che lo zenzero non mi è mai piaciuto, ma questo accadeva prima di conoscerti. Adesso la sera bevo una tisana allo zenzero, tutte le sere. Quando ti ho visto la prima volta non avrei mai immaginato che tu potessi risvegliare in me tutta la dolcezza che mi ostinavo a tenere nascosta dietro un’aspra corazza, non volevo innamorarmi, ma con te è successo ed ora so che era inevitabile perché tu, tu e solamente tu, non mi hai fatto sentire trasparente. Ricordo che eravamo in pausa caffè, c’erano altri colleghi intorno a noi, tu mi hai guardato e mi hai sorriso, i tuoi occhi color fiordaliso sono rimasti su di me per alcuni secondi ed io d’istinto ho abbassato lo sguardo. Ogni volta che ti incontravo nei corridoi e mi salutavi io rispondevo al tuo saluto e abbassavo lo sguardo. Ora però non voglio più abbassare lo sguardo, ora ti guarderò dritto negli occhi, ti sorriderò… vorrei prenderti la mano, vorrei baciarti. Non sono una persona abituata ad esprimere le proprie emozioni, non ho ricevuto mai grandi gesti d’affetto dalla mia famiglia perché per i miei genitori una carezza, un abbraccio, erano sinonimi di debolezza. Non volevano che crescessi con un’acuta sensibilità, per affrontare al meglio le difficoltà della vita, dicevano. Non fermarti all’apparenza, ti prego, ti supplico, conoscimi. So che stare con me può far paura, so che la mia camminata è “strana”, citando Baglioni! Vai oltre questo e parla con me, perché io sono tante altre cose.

Tuo Amaretto (è il nome del mio profumo!)​
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Ciao Amore,
come va?

È un po’ che non ci sentiamo, vero?

L’ultima volta è stata quando abbiamo litigato e ti ho cacciato dalla mia vita.

Ogni tanto ci ripenso a quel periodo, soprattutto all’atto conclusivo: tu non sei donna, non puoi capire, perciò, affinché tu possa fartene un’idea, fu proprio come espellerti dal mio corpo, come abortirti, come se si fosse concluso un esorcismo.

Esagero? Sì, un pochino, ma sai, quando smetti di correre e ti viene il fiatone è difficile regolare il tono della voce.

Infatti, secondo me tutto iniziò proprio quando tutto andava bene: i bambini belli come il sole, a scuola; mio marito, la promozione e la macchina aziendale; io un lavoro part-time orizzontale; mutuo estinto di una casa con giardino e un labrador di due anni a farci le feste quando tornavamo…Sì, fu esattamente allora quando iniziai a sentire il fiatone!

Il lunedì sveglia presto per portare fuori il cane, preparare la colazione, fargliela fare ai bambini, che si lavino, che si vestano, la sciarpa, la cartella, hai preso il compasso? Sbrinare i vetri, corri, lascia i bambini, adesso corri al lavoro e iniziare la giornata che ero già stanca. Tornare a casa facendo la spesa, portare il cane fuori, entrare nelle camere, trovare un campo di battaglia da sistemare giusto in tempo per andare a prendere i bambini alla fermata dello scuolabus e correre a danza per una o a calcio per l’altro, ritornare a casa, i compiti, la cena e il cane, ancora il cane! E se ero stanca alle nove del mattino, ma te lo immagini alle nove di sera quando i bambini lottavano per non andare a letto e mio marito scalciava per portarmici? Proprio quando una sperava di riposarsi un attimo, si ricominciava! E il martedì mattina, invece di essere stanca quando arrivavo in ufficio, ero già stanca quando lasciavo i bambini a scuola.

Certo, c’era anche il finesettimana, ma man mano che crescevano i bambini erano sempre più stancanti, al punto che la domenica pomeriggio non vedevo l’ora che fosse di nuovo lunedì, e lunedì non vedevo l’ora che fosse l’ora di andare a dormire, ma non a letto, no, proprio a dormire.

Avevo raggiunto l’agognata vetta, come un alpinista, solo che l’alpinista, arrivato in quota, si mangia una barretta di cioccolata e torna a valle, io invece realizzai che allora iniziava un lungo e inesorabile cammino - e non in pianura – fino alla pensione.

Capii inoltre che quella stanchezza che sentivo non sarebbe stata passeggera, ma mi avrebbe accompagnato tutta la vita e sarebbe cresciuta sempre di più. Cioè, non è proprio vero che lo realizzai allora, no, lo realizzai tempo dopo, dopo che ti avevo fatto sloggiare, perché per capire le cose, anche le più banali, devi prima distaccarti dai problemi, se no non ce la fai. Però, sì, ecco, quello che avevo chiaro era che il problema erano gli altri, o se il problema non erano proprio loro, era il fatto che io fossi a loro legata, ecco, sì, proprio i legami erano il problema, perché era a causa loro che la mia vita era diventata come stare sull’autobus dall’alba al tramonto.

Che poi fu solo l’inizio, perché in seguito alla stanchezza si unì il dolore (ma non il mal di testa, che vabbè, quello cosa ve ne parlo a fare!), ma proprio un dolorino, una fitta fredda e profonda che mi prendeva alle dita e non potevo più muoverle; poi fu la volta dell’aggrottamento dei muscoli del collo, a cui seguirono il mal di schiena, un dente del giudizio, una perdita che mi fece gelare il sangue, che per fortuna non fu nulla, ma da lì in poi non feci altro che sentirmi cose strane sottopelle ogni volta che mi passavo una mano su una coscia, sul seno o sul collo…ah sì, il collo e i controlli alla tiroide che a una mia collega gliel’hanno tolta e poi sono andata in paranoia. Perfino i ricordi di gioventù diventarono un peso, perché il ginocchio che mi ero rotta a sedici anni giocando a pallavolo tornò a farmi male. Non per tediarti, lo so che lo sai, ma poi vennero i problemi di digestione, di intestino, l’insonnia mista ad una stanchezza cronica che però dovevo incastrare con la scuola dei bambini, la casa, il lavoro, la danza, il calcio, il cane che doveva fare la pipì tre o quattro volte al giorno e mio marito, anche lui con necessità simili.

Sì perché anche lui era stanco, gli faceva male la schiena, era nervoso, solo che una volta sotto le coperte, invece di girarsi dall’altra parte e dormire, gli passava tutto…e una volta era sì, ma poi erano no, no perché ero stanca, no perché mi fa male mezza enciclopedia della salute, no perché non ne ho voglia: NO!

Io credo che una differenza tra uomini e donne è che noi viviamo in un corpo che non ci appartiene, in un corpo che va protetto ed esibito (chi può!) come se fosse di Murano per poi diventare della persona che ami, del figlio che porti dentro, servire a fargli il latte, della sorellina che arriva dopo qualche anno, e il latte anche a questa e poi di nuovo del marito, e allora ti guardi allo specchio per capire come ti vede lui, come ti guardano gli altri e per un po’ va bene, può anche essere bello, ma solo finché il corpo stesso va bene e funziona, perché quando invece inizia a fare cilecca, no, diventa una trappola e ogni volta che ti guardi allo specchio non pensi se ti sta bene il vestito o se sei ingrassata, no: pensi che da quel corpo vorresti uscire, scappare, lasciarlo alla tua famiglia, al lavoro e scappare via come una statua del Canova.

Gli uomini invece no: a loro è come se il corpo non gli pesasse mai, come se non ce l’avessero, come se ne avessero una parte sola o non avessero il cervello per sentirselo addosso: non lo so, ma lo vedi che mio marito non sa nemmeno cosa siano i miei problemi, i miei pensieri, e se guardo i mariti delle altre, anche peggio: giocano a tennis, dormono in tenda, bevono il whisky che solo ci provo io una volta mi fa male tutto per un mese.

A proposito di lui: a forza di tenere le distanze, per un po’ ha provato a farmi la corte, poi sono iniziate le discussioni, poi c’è stato un momento che uno dei due doveva andarsene di casa e allora, come per incanto, tutto è tornato a posto: finite le sue richieste, finite le discussioni, tutto ha iniziato a filare liscio. Come mai? Non lo so e non voglio saperlo: sono fatti suoi. Io sto meglio (o meno peggio) e lui non si lamenta più. Certo, adesso ci sono dei momenti che mi sento sola, sì, ma meglio.

Coi bambini è diverso, perché sono un pezzo di me, perciò li amerò sempre, ma a parte che ormai sono ragazzi, però anche con loro ho dovuto rivedere le cose: danza? Calcio? Se si può sì, se no, no e se a casa non sapete cosa fare, fate i compiti, guardatevi Netflix, giocate con la playstation, chattate coi vostri amici, avete instagram, facebook, snapchat, tutto quello che volete ma se prendo le gocce, poi devo rilassarmi, non posso andare avanti e indietro come un autobus.

Il cane? Il cane è rimasto in montagna da un amico così ha tanto spazio per correre che il giardino gli era diventato piccolo e i bambini se ne sono fatti una ragione.

Ecco, Amore mio, ti ho scritto non perché mi manchi, che non mi manchi, ma per gioco, un gioco su un forum.

Cioè, non è che non mi manchi, è che mi manca la mia gioventù, quando nel mio corpo ci stavo bene, quando non era tutto un tormento, quando mi stancavo giocando, non vivendo, e allora sì, pensavo sempre a te perché eri l’unica speranza che avrei trovato qualcuno con cui risalire le montagne, ma una volta arrivataci, adesso lo capisco, sei diventato più una condanna che una speranza: tutta questa fatica per poi risalirne ancora? E ancora? E per sempre? No, no.

Tu pensi che sono un’egoista vero? Che penso solo a me stessa, che voglio tutto per me. E’ quello che mi rinfacciava mio marito, ma tu puoi pensare quello che vuoi, tanto eri dentro di me, perciò sai benissimo come stavano le cose, e cioè che sono stanca, mi fa male tutto, non posso vedere allo specchio il corpo in cui sono rinchiusa, perciò non è che voglio tutto per me, anzi, per me non voglio proprio più nulla, è che voglio essere giusto il minimo necessario per i miei figli e nulla per gli altri.

Non è bello? Sì lo so, non è bello stare male con se stessi ed è per quello che ti ho escluso dalla mia vita.

Adesso la lettera l’ho scritta, al gioco ho partecipato perciò addio per sempre.

Luisa67
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Se mai dovessi scrivere una lettera d’amore la scriverei a te. Lo so, solo poeti e scrittori possono scrivere lettere d’amore a montagne, a fiumi, alla Libertà o alla Felicità, senza cadere nel ridicolo, mentre noi gente comune rischieremmo di scrivere solo cose patetiche o banali. Eppure io ci provo lo stesso a scriverti una lettera: vita mia.
E inizio col dirti che non ti ho sempre amata, qualche volta ti ho detestata e sono arrivata persino ad odiarti. Ma questo immagino che tu lo sappia già. In fondo mi conosci meglio di quanto mi conosca io. Perché tu non cerchi scuse, giustificazioni, non recrimini, non rimpiangi, tu vai avanti inesorabile per la tua strada e nessuno riesce a fermarti, neppure il tempo. Ancor meno il dolore.
Ho visto andare in frantumi i miei sogni di bambina e di ragazza. Dici che questo non è colpa tua? Che io non ci ho messo abbastanza convinzione, che mi sono arresa troppo facilmente? Che mi limitavo a sognare senza cercare di dare corpo a quei sogni? Sì, in quello che dici c’è molto di vero, ma nel pacchetto di sopravvivenza che mi è stato fornito alla nascita le qualità di cui parli tu non erano state inserite. Ci sono persone che nascono con le idee chiare, con una forza di volontà capace, se non di spostare le montagne, quanto meno di piegarle ai propri desideri. E poi ci siamo noi altri. Quelli troppo timidi per lottare per i propri sogni, quelli che non gridano riuscendo a malapena a balbettare, quelli che arrossiscono per più di uno sguardo puntato addosso.
Te lo chiedi mai tu come io e te saremmo potute essere completamente diverse da quello che siamo se solo io avessi fatto altre scelte? Un’altra città, un altro lavoro, una famiglia, quante te diverse ho scartato? Quante altre vite diverse da questa avrei potuto vivere? Chi altro sarei potuta diventare? Domande stupide lo so, ma te le fai anche tu qualche volta?
Comunque non ti ho odiata per i miei sogni non realizzati, perché per quello, l’ho già ammesso, c’è un concorso di colpe. No, io ti ho odiato per i dolori che non ho scelto e non ho potuto evitare, per i vuoti che hai imposto al mio cuore, ti ho odiato per le persone che mi hai dato e poi ti sei ripresa. Non dirmi ti prego: “questa è la vita” perché in una lettera d’amore non ci può essere spazio per le frasi fatte.
Ma non preoccuparti ho smesso da un bel po' di odiarti, da quando ho finalmente capito che lottare contro di te è un lottare contro i mulini a vento. Perciò anche se, come il Poeta, anch’io al vento ho visto cadere molto più che aquiloni spero lo stesso che faremo ancora un bel tratto di strada insieme, non lo dico per paura, lo sai bene, ma perché vorrei continuare a sentire il profumo della terra riarsa dopo la pioggia, emozionarmi per il suono di un pianoforte o per una carezza inaspettata, sentire ancora l’odore dell’origano sulle dita e sul viso quello salato delle lacrime e quello salmastro del mare... Vorrei, insomma, ancora cogliere e gustarmi qualcuna di quelle piccole preziose fragoline che elargisci con così avara parsimonia, ma che proprio per questo ti rendono così degna di essere vissuta...

TortellinoInBrodo
 

GermanoDalcielo

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Ciao Nelly, ti scrivo dal mio esilio al mare dove attendo una improbabile guarigione e ascolto "La mer". La mer, dicono i francesi e lasciano maliziosamente respirare una H invisibile nel mezzo dell'articolo femminilizzante, perché il nome sussurrato palpiti come il tuo seno prima di estinguersi nel rauco risucchio del desiderio. Della dolcezza muliebre delle onde Debussy ha illuminato la forza contenuta con tratti di verde e riflessi di azzurro e di cangiante opale. La mer, verde e azzurra come il tuo sguardo adesso così indecifrabile e straniero. La mer, madre dei miti, anche dei miei, quando andavo ad aspettare l'alba su un tratto di spiaggia, dove il lungomare finiva, declinando l'estate, di settembre, quando nell'aria e nella luce si insinuava appena un filo di gelo. Per colpa dei miei desideri la luce si apriva come una corolla dai petali abbaglianti e intorno a me il visibile appariva fuori fuoco e come offuscato dalla troppa luce. Molto più tardi ho scoperto le parole, "caligine luminosa", con le quali i mistici chiamano la visibile invisibilità che rivela e nasconde il mistero divino, nell' "Itinerario della mente in Dio". Ma io allora sognavo solo te e forse, per le poche ore di sonno, scivolavo come un tessitore tra il sonno e la veglia. Sognavo che in quel silenzio marino, immobile come può essere il mare da noi, risuonasse improvviso il suono del tuo nome come il baluginare che scompariva in una macchia inesistente che scorreva sulla duna, tra la curva del mare e la fitta pineta. E ciò perché, allora come adesso, senza te la mia solitudine era estrema e in questa condizione nascono ancora oggi libere parole e visioni. Così rileggo la tua ultima lettera e penso che ha come il morire un tono d'azzurro e di stanchezza. Ma ora arriva Pippetto trotterellando e porta negli occhi notizie della luce com'è nei suoi desideri felini. Reclama croccantini gusto "exigent" variante "savour" e latte fresco, così dice con la coda, i baffi ed il miau. Vado a fare l'umano del gatto e chiudo questa inconsueta lettera intessuta di sogni.
Ancora una volta, buona giornata. Nino

Nino & Nelly
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Amore mio chissà se il destino sarà così gentile da portare i tuoi occhi su queste pagine…
Dopotutto è stato proprio da un lungo scambio epistolare che è iniziato tutto. Due anni mi sembra, due anni di lettere.
La prima me la mandasti tu, ricordi? io me ne accorsi dopo parecchio tempo e ti risposi scusandomi; anche se non ti conoscevo e mi sembrava strano ricevere una lettera da un tizio che mi ringraziava per aver scritto in rete una mia esperienza… ma tu mi hai scritto qualcosa come “grazie mi hai fatto sognare” e io ero veramente mortificata di rispondere a questo gentile sconosciuto dopo così tanto tempo… E tu, tu hai iniziato a raccontarmi la tua storia a puntate, come un romanzo d'appendice; una storia dura, lunga, incentrata soprattutto sul tradimento che avevi subito.
Abbiamo iniziato a scriverci spessissimo, mi piaceva dialogare con te in questo modo, era bello avere un amico di penna… poi hai iniziato a chiedere di vederci, io ero molto restia, sapevo che eri sposato… e pure io ero impegnata e tu lo sapevi. Tuttavia erano anche così ingenui e quasi infantili i nostri scambi che non ci sarebbe stato nulla di male: io ti consideravo un amico. Poi in una delle tue lettere mi hai mandato alcune foto. Eri bellissimo, porca miseria! Così bello che mi sono spaventata e ho cercato di prendere le distanze. Ho avuto paura di non restare salda né onesta con me stessa nel pensarti come un amico.
Ma mi mantenevano legata a te il tuo candore, la tua semplicità… emergeva dai tuoi scritti un uomo mite, umile, sensibilissimo e per questo svalutato, prigioniero quasi di un matrimonio infelice con una donna dal carattere dominante. Volevo continuare ad avere un legame con te e ad un certo punto ho accettato di vederti.
Abitavamo lontani e abbiamo scelto Brescia come meta estranea a entrambi. Io ero giunta prima e ti aspettavo su una panchina, tu sei arrivato: eri emozionatissimo, un po’ agitato, si vedeva… e mi hai detto semplicemente “eccoci qui” con un sorriso imbarazzato.
Siamo andati in un bar, io ho preso un caffè freddo e tu una Coca. Abbiamo parlato tanto, mi hai raccontato tanto di te, il tuo passato, la tua prima fidanzata, il tuo matrimonio, le tue figlie… e quando, nel parlarmi della storia di Pinocchio ti sei commosso… io, io credo di essermi innamorata lì. Siamo tornati poi sulla panchina a chiacchierare di cani, tu parlavi, io ti guardavo di profilo ed eri davvero l’uomo più bello che avessi mai visto… e completamente inconsapevole della tua bellezza. Quando ci siamo salutati mi hai chiesto di aspettare a partire per controllare che la tua auto andasse in moto perché aveva un piccolo problema. Anche questo ho amato di te: non hai avuto paura di figurare male, non hai mai avuto bisogno di mostrarti come un “uomo alfa”.
Ci siamo rivisti dopo non molto a Cremona, la scusa era che io dovevo spiegarti le regole del baseball… abbiamo camminato tutto il giorno, abbiamo pranzato insieme e poi su una panchina ho iniziato a spiegarti, tu capivi tutto ed eri molto interessato, poi però… ti giuro non ricordo come è accaduto che ci siamo baciati: c'era pure gente in quel parco. Non ero più una ragazzina, ma mi sono accorta in quel momento che baciavo per la prima volta in vita mia. Fino a prima avevo solo ricevuto – o subito – i baci, ora era tutto diverso, il mio cuore ed il mio spirito si posavano con le mie labbra sulle tue!
Da lì sono iniziati i nostri incontri (chissà se ricordi quella cameriera che ti disse che sei “bello come il sole”… quanto aveva ragione!) e abbiamo anche fatto qualche piccolissima vacanza. Sbagliavamo? Agli occhi del mondo indubbiamente sì. Eppure mi sembrava un amore così puro… non toglievamo niente a nessuno, anzi il tuo matrimonio sembrava andare pure meglio e io avevo sempre dentro di me uno stato d’animo tale per cui tutte le persone intorno ne beneficiavano. Tuttavia dai racconti che mi facevi di tua moglie avevo il terrore di crearti dei problemi, di farti passare guai. E infatti poi se n'è accorta.
Ho compreso benissimo il tuo non riuscire a stravolgere la tua vita, non voler traumatizzare le tue figlie: ho vissuto l’accettare l'abbandono come l’ultimo gesto d'amore che mi era consentito. E tu piangevi, mi chiedevi scusa per essere stato tu a cercarmi, per avere insistito, per aver causato l'inizio della nostra relazione e poi dirmi che non poteva continuare… ma io ti amerò per sempre, non mi devi alcuna scusa, con te ho capito cosa sia l’amore incondizionato: un amore che non è possesso mai, che è solo voglia del bene dell’altro, qualunque cosa accada.
Anche se ormai è passato tanto tempo, dentro di me continuo ad amarti infinitamente: spero con tutto il cuore che questa cosa che c’è stata fra noi abbia fatto capire a tua moglie che tragedia sarebbe stata perderti e che ora lei sappia apprezzarti come meriti e rapportarsi a te come alla creatura preziosa che sei.
Sarai per sempre il mio ragazzo, il mio amore assoluto: è importante per me fartelo sapere. Nel terrore che tu possa credere che ti ho dimenticato, ho pensato molte volte a come farti arrivare questo messaggio senza crearti ulteriori problemi, ma nulla mi sembrava fattibile. Ora quindi mi affido al destino e metto qui questa lettera, come un messaggio nella bottiglia…
Mi rimane questa debole, matta speranza, oltre alla maglietta che non ti ho mai più potuto restituire e che abbraccio ogni notte.

Per sempre tua,
Falco d’oro.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Cara Anna,

ti scrivo di getto queste righe, le bagno di lacrime e saliva, Anna ti amo, ti adoro. E’ stato subito fisica tra di noi, non l’esame che entrambi preparavamo, ma la fisica di un rapporto carnale, selvaggio. Perdonami amore mio se t’amo per come ogni volta mi possiedi, come una fiera il suo prossimo pasto. E io estasiato ti ricambio graffiando, mordendo, divorando. Perdonami se t’amo per la tua bellezza, fatta di tante cose meravigliose. Prime le tue sopracciglia che m’innamorarono subito: aspre setole di cinghiale irte e folte, congiunte al centro e perennemente accigliata la destra. Picasso. La tua bocca leporina coi denti sporgenti, disegualmente grandi i due davanti, e attraverso i quali mi sussurri, peculiarmente intonate, le parole che qualsiasi uomo adorerebbe. Dalì. Le tue gambe arcuate come se fossi nata in sella ad un cavallo. Mia amazzone. E come ti muovi e vesti, l’impatto dei colori e del tuo incarnato, del tuo piccolo viso sul lungo collo che si offre. Non posso io offrirti altrettanto, ma accetta la mia adorazione, il mio delirio amoroso, e il dipingerti e fotografarti, immortalare il tuo miracolo.
Anna. Lo so che è difficile non accorgersi di te. Altri e più begli uomini ti desidereranno, lo sento e mi struggo. Quando succederà, sarai certo libera, ma ricordati che t’amo t’amo t’amo! Lo scrivo col mio sangue (e anche un po’ della solita saliva). Accludo tuo ritratto!

Marco (che ti ama, ripeto)

Dallal
 
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