Ciao Amore,
come va?
È un po’ che non ci sentiamo, vero?
L’ultima volta è stata quando abbiamo litigato e ti ho cacciato dalla mia vita.
Ogni tanto ci ripenso a quel periodo, soprattutto all’atto conclusivo: tu non sei donna, non puoi capire, perciò, affinché tu possa fartene un’idea, fu proprio come espellerti dal mio corpo, come abortirti, come se si fosse concluso un esorcismo.
Esagero? Sì, un pochino, ma sai, quando smetti di correre e ti viene il fiatone è difficile regolare il tono della voce.
Infatti, secondo me tutto iniziò proprio quando tutto andava bene: i bambini belli come il sole, a scuola; mio marito, la promozione e la macchina aziendale; io un lavoro part-time orizzontale; mutuo estinto di una casa con giardino e un labrador di due anni a farci le feste quando tornavamo…Sì, fu esattamente allora quando iniziai a sentire il fiatone!
Il lunedì sveglia presto per portare fuori il cane, preparare la colazione, fargliela fare ai bambini, che si lavino, che si vestano, la sciarpa, la cartella, hai preso il compasso? Sbrinare i vetri, corri, lascia i bambini, adesso corri al lavoro e iniziare la giornata che ero già stanca. Tornare a casa facendo la spesa, portare il cane fuori, entrare nelle camere, trovare un campo di battaglia da sistemare giusto in tempo per andare a prendere i bambini alla fermata dello scuolabus e correre a danza per una o a calcio per l’altro, ritornare a casa, i compiti, la cena e il cane, ancora il cane! E se ero stanca alle nove del mattino, ma te lo immagini alle nove di sera quando i bambini lottavano per non andare a letto e mio marito scalciava per portarmici? Proprio quando una sperava di riposarsi un attimo, si ricominciava! E il martedì mattina, invece di essere stanca quando arrivavo in ufficio, ero già stanca quando lasciavo i bambini a scuola.
Certo, c’era anche il finesettimana, ma man mano che crescevano i bambini erano sempre più stancanti, al punto che la domenica pomeriggio non vedevo l’ora che fosse di nuovo lunedì, e lunedì non vedevo l’ora che fosse l’ora di andare a dormire, ma non a letto, no, proprio a dormire.
Avevo raggiunto l’agognata vetta, come un alpinista, solo che l’alpinista, arrivato in quota, si mangia una barretta di cioccolata e torna a valle, io invece realizzai che allora iniziava un lungo e inesorabile cammino - e non in pianura – fino alla pensione.
Capii inoltre che quella stanchezza che sentivo non sarebbe stata passeggera, ma mi avrebbe accompagnato tutta la vita e sarebbe cresciuta sempre di più. Cioè, non è proprio vero che lo realizzai allora, no, lo realizzai tempo dopo, dopo che ti avevo fatto sloggiare, perché per capire le cose, anche le più banali, devi prima distaccarti dai problemi, se no non ce la fai. Però, sì, ecco, quello che avevo chiaro era che il problema erano gli altri, o se il problema non erano proprio loro, era il fatto che io fossi a loro legata, ecco, sì, proprio i legami erano il problema, perché era a causa loro che la mia vita era diventata come stare sull’autobus dall’alba al tramonto.
Che poi fu solo l’inizio, perché in seguito alla stanchezza si unì il dolore (ma non il mal di testa, che vabbè, quello cosa ve ne parlo a fare!), ma proprio un dolorino, una fitta fredda e profonda che mi prendeva alle dita e non potevo più muoverle; poi fu la volta dell’aggrottamento dei muscoli del collo, a cui seguirono il mal di schiena, un dente del giudizio, una perdita che mi fece gelare il sangue, che per fortuna non fu nulla, ma da lì in poi non feci altro che sentirmi cose strane sottopelle ogni volta che mi passavo una mano su una coscia, sul seno o sul collo…ah sì, il collo e i controlli alla tiroide che a una mia collega gliel’hanno tolta e poi sono andata in paranoia. Perfino i ricordi di gioventù diventarono un peso, perché il ginocchio che mi ero rotta a sedici anni giocando a pallavolo tornò a farmi male. Non per tediarti, lo so che lo sai, ma poi vennero i problemi di digestione, di intestino, l’insonnia mista ad una stanchezza cronica che però dovevo incastrare con la scuola dei bambini, la casa, il lavoro, la danza, il calcio, il cane che doveva fare la pipì tre o quattro volte al giorno e mio marito, anche lui con necessità simili.
Sì perché anche lui era stanco, gli faceva male la schiena, era nervoso, solo che una volta sotto le coperte, invece di girarsi dall’altra parte e dormire, gli passava tutto…e una volta era sì, ma poi erano no, no perché ero stanca, no perché mi fa male mezza enciclopedia della salute, no perché non ne ho voglia: NO!
Io credo che una differenza tra uomini e donne è che noi viviamo in un corpo che non ci appartiene, in un corpo che va protetto ed esibito (chi può!) come se fosse di Murano per poi diventare della persona che ami, del figlio che porti dentro, servire a fargli il latte, della sorellina che arriva dopo qualche anno, e il latte anche a questa e poi di nuovo del marito, e allora ti guardi allo specchio per capire come ti vede lui, come ti guardano gli altri e per un po’ va bene, può anche essere bello, ma solo finché il corpo stesso va bene e funziona, perché quando invece inizia a fare cilecca, no, diventa una trappola e ogni volta che ti guardi allo specchio non pensi se ti sta bene il vestito o se sei ingrassata, no: pensi che da quel corpo vorresti uscire, scappare, lasciarlo alla tua famiglia, al lavoro e scappare via come una statua del Canova.
Gli uomini invece no: a loro è come se il corpo non gli pesasse mai, come se non ce l’avessero, come se ne avessero una parte sola o non avessero il cervello per sentirselo addosso: non lo so, ma lo vedi che mio marito non sa nemmeno cosa siano i miei problemi, i miei pensieri, e se guardo i mariti delle altre, anche peggio: giocano a tennis, dormono in tenda, bevono il whisky che solo ci provo io una volta mi fa male tutto per un mese.
A proposito di lui: a forza di tenere le distanze, per un po’ ha provato a farmi la corte, poi sono iniziate le discussioni, poi c’è stato un momento che uno dei due doveva andarsene di casa e allora, come per incanto, tutto è tornato a posto: finite le sue richieste, finite le discussioni, tutto ha iniziato a filare liscio. Come mai? Non lo so e non voglio saperlo: sono fatti suoi. Io sto meglio (o meno peggio) e lui non si lamenta più. Certo, adesso ci sono dei momenti che mi sento sola, sì, ma meglio.
Coi bambini è diverso, perché sono un pezzo di me, perciò li amerò sempre, ma a parte che ormai sono ragazzi, però anche con loro ho dovuto rivedere le cose: danza? Calcio? Se si può sì, se no, no e se a casa non sapete cosa fare, fate i compiti, guardatevi Netflix, giocate con la playstation, chattate coi vostri amici, avete instagram, facebook, snapchat, tutto quello che volete ma se prendo le gocce, poi devo rilassarmi, non posso andare avanti e indietro come un autobus.
Il cane? Il cane è rimasto in montagna da un amico così ha tanto spazio per correre che il giardino gli era diventato piccolo e i bambini se ne sono fatti una ragione.
Ecco, Amore mio, ti ho scritto non perché mi manchi, che non mi manchi, ma per gioco, un gioco su un forum.
Cioè, non è che non mi manchi, è che mi manca la mia gioventù, quando nel mio corpo ci stavo bene, quando non era tutto un tormento, quando mi stancavo giocando, non vivendo, e allora sì, pensavo sempre a te perché eri l’unica speranza che avrei trovato qualcuno con cui risalire le montagne, ma una volta arrivataci, adesso lo capisco, sei diventato più una condanna che una speranza: tutta questa fatica per poi risalirne ancora? E ancora? E per sempre? No, no.
Tu pensi che sono un’egoista vero? Che penso solo a me stessa, che voglio tutto per me. E’ quello che mi rinfacciava mio marito, ma tu puoi pensare quello che vuoi, tanto eri dentro di me, perciò sai benissimo come stavano le cose, e cioè che sono stanca, mi fa male tutto, non posso vedere allo specchio il corpo in cui sono rinchiusa, perciò non è che voglio tutto per me, anzi, per me non voglio proprio più nulla, è che voglio essere giusto il minimo necessario per i miei figli e nulla per gli altri.
Non è bello? Sì lo so, non è bello stare male con se stessi ed è per quello che ti ho escluso dalla mia vita.
Adesso la lettera l’ho scritta, al gioco ho partecipato perciò addio per sempre.
Luisa67