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Nasce in Algeria, all'inizio del Novembre 1913. Meno di un anno dopo, l' 11Ottobre 1914, suo padre muore in una trincea francese, uno dei primi caduti della Grande Guerra. Quando Albert a sua volta morirà nel 1960 in un incidente automobilistico, tra i rottami dell'automobile, insieme al suo cadevere e a quello dell'editore Gallimard, verrà rinvenuto un manoscritto, col quale Camus intendeva interrompere il suo lungo silenzio letterario, seguito al Nobel per La Peste e agli ultimi, grandi racconti (La caduta, e L'esilio e il regno).
La figlia, Catherine, riuscirà a riordinare quel manoscritto, incompleto e pieno di parole a volte tracciate con una grafia quasi impossibile da decifrare. Nel 1994, gli eredi di Gallimard lo pubblicheranno col titolo che Albert aveva scelto, Le Premier Homme. La scena che lo apre è nota: un quarantenne, deciso a cercare il padre mai conosciuto, arriva sulla tomba di quel soldato poco più che ventenne. Scopre allora di essere assai più vecchio del proprio padre. Sente quasi d'essere lui il padre di quel ragazzo morto, eterno ventenne fermo da quarant'anni in quella terra secca e senza tempo. E avverte di essere il primo uomo, senza storia e identità. Comincia così l'affresco in cui la vita di uno e la vita di tutti dovevano confondersi sulla strada del ritorno alle origini, della ricerca di un padre sconosciuto e smarrito in mezzo all'assurdo. L'asfalto bagnato dalla pioggia, la curva della strada e l'albero su cui l'automobile si schianta ci lasceranno, di quel grandioso progettato affresco, solo un abbozzo a mala pena restaurato, trent'anni dopo, dalle mani di una figlia.
Dell'abbozzo rimasto, colpisce una pagina. Il piccolo protagonista, le cui memorie sono esattamente quelle di Albert, vive orfano in una famiglia poverissima, con una madre occupata a procacciarsi di che vivere,e per di più sorda, che non può dialogare con lui. Nella scarna pagina che, come dicevo colpisce, si ha notizia dell'unica volta in cui il bambino scopre, al di là di ogni dubbio, di essere amato da quella madre inerme e silenziosa, che non può ascoltarlo.
Intorno ai 18 anni, deciso a non diventare uno "scrittore militante", e forse nemmeno un filosofo pur amando la filosofia più d'ogni altra disciplina, Albert Camus scrive alcuni saggi e alcuni racconti giovanili, che quasi dimentica. Verrà indotto a rintracciarli e a pubblicarne una seconda versione (è il tempo di L'Envers et l'Endroit, 1958), premuto dai molti che vogliono conoscere tutto dello scrittore ormai famoso, del giovane genio che ha ricevuto un meritatissimo Premio Nobel per la letteratura. E così scopre di essere vissuto, letterariamente, intorno a due o tre "rivelazioni", di cui quella dell'amore della madre è forse la fondamentale. Queste sono le parole con le quali Camus ci dice la sua scoperta:
"Di sicura scienza so questo, che un'opera umana non è nient'altro che questo lungo procedere per ritrovare attraverso le strade tortuose dell'arte le due o tre immagini semplici e grandi su cui il cuore dell'uomo si è aperto una prima volta. Ecco perché forse, dopo vent'anni di lavoro e di produzione, continuo a vivere con l'idea che la mia opera non sia neppure cominciata (Dalla Prefazione a L'Envers et l'Endroit)
L'opera a cui Camus si riferisce annovera ormai i titoli famosissimi di romanzi come Lo Straniero e La Peste, di saggi come L'Uomo in Riivolta e Il Mito di Sisifo, di drammi come Caligola, I Giusti, Lo Stato d'Assedio e Il Malinteso, di illuminanti magistrali splendide pagine come quelle di Nozze, L'Estate, Lettere a un Amico Tedesco e Discorso di Svezia.
Solitudine come altra faccia della solidarietà umana, amore totale per la vita e la libertà, confronto coraggioso con la morte e l'assurdo senza cedere mai al cinismo, al relativismo o alla consolazione delle religioni istituzionalizzate. Sono questi i temi che troverete nelle sue opere. Di qualcuna, che ho amato profondamente, scriverò qualche commento, in modo che i libri di Camus possano rientrare fra quelli che qualcuno di voi, forse, vorrà inserire nell'elenco dei propri libri preferiti.
Per invitarvi alla lettura, riporto qui una delle frasi de La Peste che più amo, e che descrive lo stato mentale di coloro che, nella città assediata dalla morte (metafora, fra l'altro, della guerra assurda e dell'ideologia nazista che Camus combatte in Lettere a un Amico Tedesco), non riescono a mantenere il coraggio di vivere liberi:
"Chiudevano gli occhi sul mondo esterno, che può sempre guarire da tutto, intestarditi com'erano a carezzare le loro chimere".
Non vi sembra una grande semplice verità, che aprire gli occhi sul mondo esterno possa sempre guarirci da ogni male dell'anima?
La figlia, Catherine, riuscirà a riordinare quel manoscritto, incompleto e pieno di parole a volte tracciate con una grafia quasi impossibile da decifrare. Nel 1994, gli eredi di Gallimard lo pubblicheranno col titolo che Albert aveva scelto, Le Premier Homme. La scena che lo apre è nota: un quarantenne, deciso a cercare il padre mai conosciuto, arriva sulla tomba di quel soldato poco più che ventenne. Scopre allora di essere assai più vecchio del proprio padre. Sente quasi d'essere lui il padre di quel ragazzo morto, eterno ventenne fermo da quarant'anni in quella terra secca e senza tempo. E avverte di essere il primo uomo, senza storia e identità. Comincia così l'affresco in cui la vita di uno e la vita di tutti dovevano confondersi sulla strada del ritorno alle origini, della ricerca di un padre sconosciuto e smarrito in mezzo all'assurdo. L'asfalto bagnato dalla pioggia, la curva della strada e l'albero su cui l'automobile si schianta ci lasceranno, di quel grandioso progettato affresco, solo un abbozzo a mala pena restaurato, trent'anni dopo, dalle mani di una figlia.
Dell'abbozzo rimasto, colpisce una pagina. Il piccolo protagonista, le cui memorie sono esattamente quelle di Albert, vive orfano in una famiglia poverissima, con una madre occupata a procacciarsi di che vivere,e per di più sorda, che non può dialogare con lui. Nella scarna pagina che, come dicevo colpisce, si ha notizia dell'unica volta in cui il bambino scopre, al di là di ogni dubbio, di essere amato da quella madre inerme e silenziosa, che non può ascoltarlo.
Intorno ai 18 anni, deciso a non diventare uno "scrittore militante", e forse nemmeno un filosofo pur amando la filosofia più d'ogni altra disciplina, Albert Camus scrive alcuni saggi e alcuni racconti giovanili, che quasi dimentica. Verrà indotto a rintracciarli e a pubblicarne una seconda versione (è il tempo di L'Envers et l'Endroit, 1958), premuto dai molti che vogliono conoscere tutto dello scrittore ormai famoso, del giovane genio che ha ricevuto un meritatissimo Premio Nobel per la letteratura. E così scopre di essere vissuto, letterariamente, intorno a due o tre "rivelazioni", di cui quella dell'amore della madre è forse la fondamentale. Queste sono le parole con le quali Camus ci dice la sua scoperta:
"Di sicura scienza so questo, che un'opera umana non è nient'altro che questo lungo procedere per ritrovare attraverso le strade tortuose dell'arte le due o tre immagini semplici e grandi su cui il cuore dell'uomo si è aperto una prima volta. Ecco perché forse, dopo vent'anni di lavoro e di produzione, continuo a vivere con l'idea che la mia opera non sia neppure cominciata (Dalla Prefazione a L'Envers et l'Endroit)
L'opera a cui Camus si riferisce annovera ormai i titoli famosissimi di romanzi come Lo Straniero e La Peste, di saggi come L'Uomo in Riivolta e Il Mito di Sisifo, di drammi come Caligola, I Giusti, Lo Stato d'Assedio e Il Malinteso, di illuminanti magistrali splendide pagine come quelle di Nozze, L'Estate, Lettere a un Amico Tedesco e Discorso di Svezia.
Solitudine come altra faccia della solidarietà umana, amore totale per la vita e la libertà, confronto coraggioso con la morte e l'assurdo senza cedere mai al cinismo, al relativismo o alla consolazione delle religioni istituzionalizzate. Sono questi i temi che troverete nelle sue opere. Di qualcuna, che ho amato profondamente, scriverò qualche commento, in modo che i libri di Camus possano rientrare fra quelli che qualcuno di voi, forse, vorrà inserire nell'elenco dei propri libri preferiti.
Per invitarvi alla lettura, riporto qui una delle frasi de La Peste che più amo, e che descrive lo stato mentale di coloro che, nella città assediata dalla morte (metafora, fra l'altro, della guerra assurda e dell'ideologia nazista che Camus combatte in Lettere a un Amico Tedesco), non riescono a mantenere il coraggio di vivere liberi:
"Chiudevano gli occhi sul mondo esterno, che può sempre guarire da tutto, intestarditi com'erano a carezzare le loro chimere".
Non vi sembra una grande semplice verità, che aprire gli occhi sul mondo esterno possa sempre guarirci da ogni male dell'anima?
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