Se questo libro mi ha colpito meno è forse per la sua immediatezza. Certo l'essere stato scritto nel periodo peggiore dell'apartheid ne fa uno sfogo, un tentativo di ribellione allo stato delle cose.
L' Età di Ferro prende la forma di un memoriale scritto dalla protagonista, l'insegnante in pensione Elizabeth Curren, per la figlia, lontana. È una lettera di confessione, per un crimine senza nome, al quale non riesce a trovare un nome.
La protagonista si trova coinvolta in eventi storici violenti, destabilizzanti, davanti ai quali non riesce a reagire, né a capire come dovrebbe comportarsi. È il Sudafrica divorato dall'apartheid la causa dell'incapacità di vivere, di raccontare, di trovare le parole esatte per descrivere l'odio e la violenza nei quali si è immersi.
Sia la protagonista che ha un cancro sia il sudafrica sono ammalati sembra dirci Coetzee e non ci pare essere rimedio.
Le sue confessioni saranno la sua eredità morale, per la figlia, l'unica cosa che pare utile fare, testimoniare. Infatti la ribellione finisce con la violenza. Il messaggero di questa epistola sarà, forse, il signor Vercueil, un barbone, compagno degli ultimi giorni della signora Curren. Figura enigmatica e ambigua, non svelerà mai il suo ruolo, in quel tempo, in quei momenti, né il suo compito.
Come detto un romanzo in presa diretta su una situazione allora così insostenibile. Un grido di disperazione, ma che comunque ci rende due protagonisti ( una donna morente e un barbone) che difficilmete si dimenticano.
L' Età di Ferro prende la forma di un memoriale scritto dalla protagonista, l'insegnante in pensione Elizabeth Curren, per la figlia, lontana. È una lettera di confessione, per un crimine senza nome, al quale non riesce a trovare un nome.
La protagonista si trova coinvolta in eventi storici violenti, destabilizzanti, davanti ai quali non riesce a reagire, né a capire come dovrebbe comportarsi. È il Sudafrica divorato dall'apartheid la causa dell'incapacità di vivere, di raccontare, di trovare le parole esatte per descrivere l'odio e la violenza nei quali si è immersi.
Sia la protagonista che ha un cancro sia il sudafrica sono ammalati sembra dirci Coetzee e non ci pare essere rimedio.
Le sue confessioni saranno la sua eredità morale, per la figlia, l'unica cosa che pare utile fare, testimoniare. Infatti la ribellione finisce con la violenza. Il messaggero di questa epistola sarà, forse, il signor Vercueil, un barbone, compagno degli ultimi giorni della signora Curren. Figura enigmatica e ambigua, non svelerà mai il suo ruolo, in quel tempo, in quei momenti, né il suo compito.
Come detto un romanzo in presa diretta su una situazione allora così insostenibile. Un grido di disperazione, ma che comunque ci rende due protagonisti ( una donna morente e un barbone) che difficilmete si dimenticano.