Dory
Reef Member
Tahar Ben Jelloun, scrittore franco-marocchino, compie un vero e proprio viaggio tra le scuole di Francia e Italia per cercare di far comprendere ai ragazzi cos’è il razzismo, da cosa nasce e come si può combatterlo.
Il libro è nato come dialogo dell’autore con sua figlia, una bimba di dieci anni che rivolge a suo padre delle domande sul razzismo, e su altri argomenti ad esso correlati, che scaturiscono da eventi concreti da lei vissuti in prima persona.
In seguito agli incontri che l’autore fa con ragazzi di prima e seconda media, si arricchisce di un’appendice che riporta le mille domande che gli sono state rivolte; in più, vengono da lui riportati anche stralci di lettere ricevute da persone che avevano letto il suo libro, che sono in gran parte delle critiche negative, ad esempio sull’uso improprio di determinate parole o il fatto di nominare avvenimenti che hanno poco a che fare con il razzismo e implicano tutta una serie di problematiche differenti.
In sé il dialogo originario devo dire che non mi ha entusiasmato moltissimo, mi aspettavo qualcosa di più dal punto di vista stilistico. Indubbiamente è un libro eccezionale per il suo scopo, e il contenuto è senz’altro valido, ma la cosa che più mi piace è ciò che è scaturito successivamente alla sua pubblicazione iniziale. Infatti mi è piaciuta molto di più l’appendice, e soprattutto mi è piaciuto il fatto che l’autore abbia pubblicato i commenti dei lettori che ponevano delle critiche negative, ma molto costruttive e perfettamente logiche, a quanto da lui scritto, a dimostrazione di una grande apertura mentale e di una sua grande umiltà.
In questo l’autore si pone proprio come un input, un qualcosa che serva a smuovere le coscienze (nel libro ci sono infatti molte domande e poche risposte), non certo a riportare delle verità assolute.
Ciò che mi ha colpito di più è stato il commento di una persona che solleva la questione di come spiegare il razzismo ad una persona razzista. Nel libro stesso si parla di come il razzista sia chiuso nelle sue idee e per nulla incline all’ascolto, com’è ovvio; quanto è scritto è quindi comprensibile da una persona che non sia razzista, o forse che non abbia ancora idee precise in merito, ma come poter spiegare l’assurdità, l’aspetto deleterio e aberrante di questo atteggiamento ad una persona razzista o ad un ragazzo che sia stato così (dis)educato dai genitori?
Il libro è nato come dialogo dell’autore con sua figlia, una bimba di dieci anni che rivolge a suo padre delle domande sul razzismo, e su altri argomenti ad esso correlati, che scaturiscono da eventi concreti da lei vissuti in prima persona.
In seguito agli incontri che l’autore fa con ragazzi di prima e seconda media, si arricchisce di un’appendice che riporta le mille domande che gli sono state rivolte; in più, vengono da lui riportati anche stralci di lettere ricevute da persone che avevano letto il suo libro, che sono in gran parte delle critiche negative, ad esempio sull’uso improprio di determinate parole o il fatto di nominare avvenimenti che hanno poco a che fare con il razzismo e implicano tutta una serie di problematiche differenti.
In sé il dialogo originario devo dire che non mi ha entusiasmato moltissimo, mi aspettavo qualcosa di più dal punto di vista stilistico. Indubbiamente è un libro eccezionale per il suo scopo, e il contenuto è senz’altro valido, ma la cosa che più mi piace è ciò che è scaturito successivamente alla sua pubblicazione iniziale. Infatti mi è piaciuta molto di più l’appendice, e soprattutto mi è piaciuto il fatto che l’autore abbia pubblicato i commenti dei lettori che ponevano delle critiche negative, ma molto costruttive e perfettamente logiche, a quanto da lui scritto, a dimostrazione di una grande apertura mentale e di una sua grande umiltà.
In questo l’autore si pone proprio come un input, un qualcosa che serva a smuovere le coscienze (nel libro ci sono infatti molte domande e poche risposte), non certo a riportare delle verità assolute.
Ciò che mi ha colpito di più è stato il commento di una persona che solleva la questione di come spiegare il razzismo ad una persona razzista. Nel libro stesso si parla di come il razzista sia chiuso nelle sue idee e per nulla incline all’ascolto, com’è ovvio; quanto è scritto è quindi comprensibile da una persona che non sia razzista, o forse che non abbia ancora idee precise in merito, ma come poter spiegare l’assurdità, l’aspetto deleterio e aberrante di questo atteggiamento ad una persona razzista o ad un ragazzo che sia stato così (dis)educato dai genitori?