VARGAS LLOSA: MISERIA MORALE DEL PREMIO NOBEL
di Luis Arce Borja
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José Carlos Mariategui diceva che la letteratura coloniale non era peruviana, ma spagnola. Parafrasando questo pensatore, è certo che la letteratura di Mario Vargas Llosa non è peruviana ma straniera, appartiene alle grandi metropoli imperialiste. La traiettoria di questo scrittore è vasta e diversificata, ma non ha – come diceva Mariategui – una “fede appassionata e creatrice, è puro dilettantismo”. La sua vocazione è politica e accumula un percorso che poco ha a ché vedere con il talento e la creatività letteraria. Questo scrittore è reazionario ed esercita un anticomunismo primario. La sua difesa del liberismo è cieca, fanatica e lo fa da posizioni di estrema destra. Le sue pretese personali non hanno limiti né frontiere. Nel 1960 ha appoggiato la rivoluzione di Fidel Castro con l’ambizione di diventare un personaggio rinomato di questo cambiamento e, quando vide troncata la sua aspirazione, si trasformò in un feroce anticubano.
Nel 1983 si camuffò di difensore dei diritti umani ad Ayacucho, in Perù, e finì per appoggiare i militari criminali. Fare come fa Vargas Llosa, usare gli elementi estrapolati da un avvenimento storico sociale per favorire la repressione e il crimine, è trasformare la letteratura in una parafrasi oscurantista.
Separare arbitrariamente la condizione di scrittore e il comportamento sociale di un uomo è negare la relazione tra la morale e l’etica nel vissuto di ogni essere umano, quale che sia il ruolo che ricopre nella società. L’espressione del talento individuale, persino il più avanguardista, non può prescindere dai fatti primordiali che caratterizzano il suo tempo. La letteratura, la poesia e altre forme d’arte riflettono una realtà concreta, e questa esprime in vari modi i conflitti sociali più importanti che lo scrittore, sia come autore che come osservatore, vive quotidianamente. La letteratura, di qualunque genere essa sia, ha una dimensione classista e può risultare lucida o perversa, ma fuori dal contesto della lotta per la libertà, per la democrazia, si rende antiestetica, immorale e grottesca. L’arte per l’arte, senza contenuti sociali, è un’invenzione della propaganda borghese e dei meccanismi di dominio che i gruppi di potere impongono alla società. Il testo più innocente ha contenuti ideologici. E’ condizionato dalla lotta di classe ed esprime la sua posizione di fronte alla società odierna. La borghesia, così come fecero gli antichi colonizzatori, non gestisce solo l’economia, la politica, l’apparato militare, ma anche l’ideologia e la cultura. Per questo fine promuovono premi elitari, comprano scrittori e prostituiscono la creatività intellettiva.
Nell’ambito dell’alienazione culturale dei popoli, scrittori come Mario Vargas Llosa sono utili e si inseriscono nella struttura di dominio del sistema imperialista mondiale. Infatti, considerato il momento di crisi internazionale del capitalismo, con guerre imperialiste, bancarotta delle banche, milioni di disoccupati e significative resistenze popolari in tutto il mondo, non è un caso che la Commissione del Premio Nobel abbia consegnato questo premio allo scrittore Mario Vargas Llosa che, in campo politico, rappresenta le forze più destrorse e fasciste dello scenario politico d’Europa, Stati Uniti ed America Latina.
A riguardo, il giornale spagnolo di destra ABC ha titolato: Mario Vargas Llosa “Nobel dell’orgoglio ispanico”. Alan García Pérez, l’attuale presidente del Perù, ha segnalato: “Un grande giorno, perché il mondo riconosce la chiara intelligenza e la volontà libertaria e democratica di Mario Vargas Llosa”. Il parlamento peruviano, un ladrocinio della corruzione, ha reso pubblico il suo saluto al premiato scrittore. L’ufficio per gli Affari dell’Emisfero Occidentale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato che Vargas Llosa è un “maestro della lingua spagnola” e che è “amico” degli Stati Uniti. E così, senza sosta, sono piovuti i convenevoli e i saluti per questo scrittore peruviano. Persino Carlos Alberto Montaner, anticubano e agente della CIA, ha espresso la sua felicità per la decisione dell’Accademia svedese.
Il nobel per Vargas Llosa è la ricompensa allo scrittore servile trasformato in simbolo culturale dalla decadente borghesia internazionale. Se il Nobel per la Pace del 2009 a Barack Obama ha confermato il discredito di questo premio, questo che è stato appena otorgato a Vargas Llosa rappresenta un’altra forma di mostrare la ricompensa che ricevono scrittori complici di abominevoli massacri, invasioni militari e violazioni dei diritti umani. Questo scrittore ha appoggiato la brutale aggressione imperialista contro l’Iraq, che secondo quanto riporta la britannica Opinion Research Business, fino al settembre 2007, ha causato la morte di 1.200.000 persone morte a causa dell’invasione militare. Tra giugno e luglio 2003, Vargas Llosa andò in Iraq per conto degli invasori. Lì, sotto la protezione delle forze militari degli Stati Uniti, scrisse una serie di articoli nauseabondi con il proposito di giustificare il massacro e l’invasione a nome della democrazia e della libertà. Questi testi, che nulla hanno da invidiare ai reporter nazisti della seconda guerra mondiale, sono pieni di falsità e segnalano, tra le altre cose, che tutta la sofferenza che l’azione armata ha inflitto al popolo iracheno è minima in confronto all’orrore vissuto con Saddam Hussein. “Adesso, per la prima volta nella sua lunga storia”, disse questo scrivente, “Iraq ha la possibilità di rompere il circolo vizioso di dittature in cui è vissuto e, come la Germania e il Giappone alla fine della seconda guerra mondiale, di inaugurare una nuova tappa, assumendo la cultura della libertà…”.
Mario Vargas Llosa, con la stessa tempra senza scrupoli con cui ha sostenuto gli abominevoli crimini imperialisti, ha avuto relazione con i personaggi più fascisti d’Europa. Si sente vicino al franchista José María Aznar in Spagna e a François Revel, ideologo neofascista che difende gli “aspetti positivi” della collaborazione durante la seconda guerra mondiale tra il governo francese e Adolf Hitler. In Cile appoggia il presidente di destra Sebastián Piñera, in Colombia ha difeso Álvaro Uribe (ex presidente di questo paese), un personaggio legato al narcotraffico internazionale e appoggiato dagli Stati Uniti. Vargas Llosa, parlando di Uribe, ha detto: “Credo che Uribe sia stato un presidente magnifico; tirando le somme, il suo governo sarà considerato come uno dei più grandi nella storia della Colombia”. Pubblicamente si dichiara un “difensore” del governo di Alan García, un presidente corrotto e repressivo. Su di lui pesano capi d’accusa come corruzione, organizzazione di gruppi paramilitari, eccidi di massa di prigionieri (1986) e recenti massacri di contadini nella selva peruviana. Vargas Llosa, nel riferirsi a lui ha detto “sono una persona che difende il suo secondo governo”.
Il Perù, come nessun altro paese, è testimone della miseria totale dello scrittore Vargas Llosa. Nel suo paese è stato complice dei gruppi di potere, dei governi corrotti e delle forze armate criminali. In diverse occasioni è stato accusato di evasione e di plagio. E’ vincolato all’Opus Dei ed è unito ai politici conservatori. Nel 1990, come candidato presidenziale, è stato leader del FREDEMO (fronte democratico) che raggruppò tra gli altri, il Partito popolare cristiano e Azione Popolare, due organizzazioni di destra che sono responsabili storiche della bancarotta e della rovina della società peruviana. Ma la sua maggior prova di complicità con i crimini organizzati dallo Stato è il caso Uchuraccay.
Nel 1983, per decisione del governo di Fernando Belaúnde, fu eletto presidente di una commissione per “indagare” sul massacro di Uchuraccay, una comunità andina situata nel dipartimento di Ayacucho, in cui furono assassinati selvaggiamente 8 giornalisti e una guida di quei luoghi. L’eccidio fu eseguito dalla Ronda Campesina di questa comunità, organizzazione che dipendeva dal Commando Militare della zona che, a quel tempo, era diretto dal generale Clemente Noel, un militare accusato di crimini di guerra. E’ stato Noel a stabilire in Ayacucho prigioni clandestine in cui centinaia di prigionieri accusati di sovversione sono stati torturati, mutilati e desaparecidos.
Finora nessun peruviano dimentica il dossier “Uchuracay Vargas Llosa”. La sua vergognosa versione è concentrata sulla protezione al generale Noel, ai militari, al governo e alle criminali Rondas Campesinas. Alla fine, come se si trattasse dell’ultimo paragrafo di un romanzo disse: “siamo tutti colpevoli”.
Luis Morales, un giornalista de El Diario, che sarebbe stato assassinato in seguito da un comando paramilitare del governo, scrisse nel 1985 su Vargas Llosa e la sua commissione. “Tutto il pasticcio della Commissione Vargas Llosa è messo a nudo dai familiari indignati dei giornalisti scomparsi. Mettono in chiaro che questa Commissione è servita soltanto per rendere torbide, in modo calcolato, le indagini, per impedire il veridico chiarimento dei fatti, il processo ai veri colpevoli e affinché quanto scritto da Vargas Llosa renda in profitto personale e faccia guadagnare soldi al costo dei cadaveri dei giornalisti assassinati”. (El Diario, 8 marzo 1985)