La trovo molto criptica, solo alla seconda lettura sono riuscita a "sentire" qualcosa.
Il perdono come luce, la morte interiore - il cimitero - per chi non riesce a perdonare e muore prima del tempo.
Come interpretate i versi sul giovane ancor più giovane, il vecchio ancor più vecchio etc.?
Concordo con l'interpretazione di Alessandra, "Il perdono come luce, la morte interiore - il cimitero - per chi non riesce a perdonare e muore prima del tempo."
Più che la morte come atto, “l’eccesso di morte”, tutto quanto, cioè, che nella vita si configura come estrema chiusura dell’orizzonte, della possibilità di speranza e di perdono.
Il titolo del libro è "Nel rovescio del perdono", e il primo verso di questa poesia è stupendo: Il destino della luce è il perdono. Anche l'ultimo verso è bellissimo, "L'uno è un calice di luce nella notte." Rimane però aperta la domanda: se l'uno è così, l'altro (che non perdona) com'è?
I versi sul giovane ancor più giovane, il vecchio ancor più vecchio potrebbero forse essere interpretati nel senso che la luce generata dal perdono illumina chi perdona, quindi nel giovane la giovinezza risalta ancora di più, e nel vecchio risalta il corpo invecchiato, contrapposti al cimitero prima del tempo di chi palleggia solo per sè.
Questo poeta, che non conoscevo, mi ricorda un po' Pessoa...
Bruno Lugano descrive se stesso in poche frasi, incisive e impietose: “nervi fragili e presunzione divina... malgrado parli sempre di me, di me non saprei dire granché”. “Chiunque fossi io non mi fiderei di me/ ve lo garantisco io che mi sono perso in ogni debolezza/ che mi sfiorava appena”
Mi piacciono i suoi versi:
“E’ indispensabile per me mettere le parole/ nelle mie piaghe/ curare le piaghe sempre leggermente diverse del giorno/ con parole leggermente diverse”.
“Mi mangio il cielo e la terra a cucchiaiate”.
"Mi sospira oscenamente un male elementare”
“si comincia tutti dal proprio zero disperato”