Simenon, Georges - La Marie del porto

Ondine

Logopedista nei sogni
Questo romanzo non è né un giallo né un noir ma io lo definirei umano, con tutte le contraddizioni dell'animo, nel voler dipingere l’ambiguità di una ragazzina di diciotto anni già provata dalla vita.
Marie è il personaggio imprevedibile, dotato di una sua personalità imperscrutabile, diverso da tutti gli altri.
Nonostante la giovane età Marie ha già le idee chiare sul suo futuro e per ottenerlo elabora un piano giocato sulle giuste distanze e su un equilibrio apparente, mirati a portare un uomo all’ossessione.
Simenon nulla ci svela di cosa provi nel suo cuore Marie, dall’aspetto anonimo, con i capelli arruffati, la figura acerba, l’abito nero con sopra il grembiule.
Il suo comportamento è fatto di silenzi, malinconie, slanci improvvisi che però non sono mai risolutivi, sorrisi che non svelano felicità.
Nel romanzo a fare da cornice a Marie è il suo porto che vive in base alle maree, quasi fosse lo specchio del suo animo inespresso, di ciò che agita il suo cuore perché anche Marie ha un cuore, come quando di nascosto piange nel letto.
L’aspetto che mi affascina, oltre alla storia in sé, sono le descrizioni di questa cittadina di provincia, la sua quotidianità, i pescatori che escono la mattina presto accompagnati dalle donne avvolte nei loro scialli, i profumi del porto e del Caffè dove si beve caffè corretto con il calvados, la sirena e le luci del ponte girevole, il cielo nebuloso.
L’atmosfera che si respira è lenta e ovattata e anche i minuti dei momenti solenni trascorrono senza solennità, è un’atmosfera dove si respira un senso di attesa per qualcosa di drammatico che arriva, penso alla vicenda di Viau e di Marcel, ma che non raggiunge esiti irreparabili.
E’ un romanzo sospeso a livello emotivo, pervaso da un senso tragico che rimane contenuto e forse proprio per questo ancora più potente.
La vita in questa cittadina scorre e i suoi abitanti si lasciano trascinare da essa come dalle onde che lambiscono le scogliere per poi tornare indietro, in un movimento continuo.
 
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isola74

Lonely member
Come spesso succede con Maigret, quando arriva la fine del romanzo, molte cose sembrano lasciate in sospeso, eppure in realtà, a ben guardare, l'autore ha semplicemnte descritto uno spaccato di vita. E' come se avessimo assisitito realmente a tutti gli accadimenti, non sappiamo (e non lo sanno le persone che le sono accanto) cosa Marie provi davvero (secondo me aveva deciso fin dal principio di emanciparsi e accalappiare Chatelard), la vita continua nel paesino di pescatori in cui siamo stati ospiti per qualche giorno. Poi si va avanti.
Secondo me è questa la grande abilità di Maigret, è un bravissimo narratore e ha la capacità di indagare l'animo umano in tutte le sue sfaccettature, senza "romanzare" troppo.
Promosso!
 

estersable88

dreamer member
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"La Marie del porto" è un bellissimo e suggestivo romanzo che Simenon – che l'adorava – scrisse nel 1938. Ambientato nel paesino di Port-en-Bessin, in Normandia, il romanzo narra un tratto della vita di Marie Le Flem, una ragazzina di diciassette anni, non ancora del tutto formata, smilza ed apparentemente insignificante, che durante il funerale del padre viene notata da Chatelard, un odioso arrivista che vive nella città vicina e che conosce intimamente Odile, la sorella della ragazza. Dal giorno in cui la nota per la prima volta, Chatelard non riuscirà mai più a dimenticare Marie – anzi la Marie – e comincia a tampinarla senza requie: trova un modo per venire spesso in paese, si reca assiduamente al caffè dove lei presta servizio, cerca in ogni modo di avvicinarla con i suoi modi spicci e sicuri da seduttore ricco e navigato. Ma la ragazza appare indifferente quando non scostante e più lei gli sfugge, più il desiderio di lei s'incaglia nella mente dell'uomo fino a portarlo allo spasmo. Ma chi è davvero la Marie? Cosa pensa quella giovane donna che non ha ancora visto il mondo, ma che sembra conoscerne profondamente le dinamiche più oscure? Simenon mette tanto di sé in queste pagine: mette la sua capacità di ricreare paesaggi e contesti con le parole giuste, la sua bravura nell'analizzare a fondo l'animo umano, la sua abilità nel raccontare, conducendoci là dove vuole pur mantenendosi lucido ed oggettivo. Una mirabile prova di talento narrativo, oltre che un ottimo romanzo da leggere.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Questo romanzo è di una bellezza particolare, sofisticata. Altri romanzi (non polizieschi) di Simenon mi avevano abituato a situazione tragiche o comunque drammatiche (la sparizione di una donna, passioni violente che si trasformano in omicidi, processi...), in cui l’autore è abilissimo a scandagliare la mente umana mostrandone tutte le sue debolezze. In questo breve romanzo, invece, Simenon affronta una situazione piuttosto banale, penso abbastanza comune nella realtà di un paesino portuale in un’epoca imprecisata ma non lontana dalla nostra. L’evento più tragico consiste infatti nella morte naturale di un pescatore padre di famiglia, già vedovo, che lascia una figlia maggiorenne, considerata una “poco di buono” perché vive in un’altra città con un giovanotto piuttosto losco, un’altra figlia di quasi diciotto anni, la “Marie” del titolo, e altri due bambini più piccoli, affidati dopo la morte alle cure di altri parenti.
Rimasta sola, Marie non sembra preoccuparsi troppo per se stessa e continua a guadagnarsi da vivere lavorando presso il Caffè della Marina. Senza che faccia nulla di particolare, fin dal giorno del funerale attira l’attenzione di Chatelard, amante della sorella, che da quel momento in poi sembra vivere in funzione di questa ragazza non particolarmente attraente, eppure magnetica.

Se è vero che la protagonista è Marie, è altrettanto vero che questo personaggio risulta per noi il più enigmatico: è evidente la volontà dell’autore di creare un vuoto attorno alla figura di questa ragazza, soprannominata “acqua cheta” perché appunto nessuno sa ciò che pensi veramente. Si tratta di certo di una giovane indipendente, che sa il fatto suo e sa cavarsela, al contrario di sua sorella maggiore, insicura, pigra, irresoluta. Ma ciò che Marie serba davvero nel cuore non è dato saperlo, né a chi la circonda, né a noi lettori.
È evidente che questo stratagemma aumenti la suspance, ma c’è qualcosa che va oltre questo, secondo me, ed è il modo in cui veniamo trascinati dalla narrazione, in assoluta balia di Marie e di Simenon.
Mi spiego: fino a un certo punto ho pensato naturalmente che l'unica protagonista fosse Marie e che la cosa più importante per noi fosse svelare la sua natura e i suoi sentimenti: se queste sono le aspettative, c’è da restare delusi. Da un certo punto in poi, tuttavia, l’attenzione dell’autore si sposta, come una cinepresa, da Marie a Chatelard: è lui che osserviamo agire, diventare sempre più scontroso, irrequieto, sempre più in trappola. Si crede padrone della situazione e se ne scopre vittima: quello che sembrava un personaggio secondario si dilata e occupa per diverse pagine una posizione di primo piano, mentre la Marie tace e aspetta.
Cos’è successo da un punto di vista narrativo? Che, pur continuando a non conoscere le intenzioni di Marie, vediamo gli effetti da lei prodotti su un altro personaggio, talmente soggiogato da diventare quasi un burattino nelle sue mani! Mi sono quindi venuti in mente altri romanzi, quelli stessi a cui ho accennato all’inizio, in cui il protagonista era un uomo, ma talmente dominato da una donna (spesso psicologicamente forte, o comunque in grado di imporsi col potere della sua femminilità) da diventare un tutt’uno con la sua coscienza.

Mi sono così resa conto che, a dispetto del titolo, la vera protagonista non è la sola Marie, ma il gioco di potere della seduzione. Non per forza quella amorosa o sessuale, ma piuttosto quel potere che abbiamo come essere umani di influenzarci l’un l’altro, di entrare in relazione non in modo diretto, alla luce del sole, ma in modo sotterraneo, in un gioco di sguardi, silenzi, vibrazioni. Questo romanzo ha l’incredibile capacità di raccontare ciò che alla parola scritta è solitamente precluso: la tensione che si innesca fra due persone quando una prende possesso della mente dell’altra. Non ci svela il perché o il come questo accada, ma solo i suoi potenti effetti psicologici, e nel farlo tesse la sua tela narrativa.
Simenon è maestro nell’arte dell’indagine psicologica e questo romanzo così apparentemente innocuo, che non ha nulla di tragico né di violento, ci mostra con grande lucidità la forza delle relazioni umane e del loro manifestarsi.
 
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