Dara, Domenico - Malinverno

MonicaSo

Well-known member
Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni e promesse. Timpamara è un paese così, almeno da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera calabrese, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio. E di Timpamara Astolfo Malinverno è il bibliotecario: oltre ai normali impegni del suo ruolo, di tanto in tanto passa dal macero, al ritmo della sua zoppia, per recuperare i libri che possono tornare in circolazione. Finché un giorno il messo comunale gli annuncia che gli è stato affidato un nuovo, ulteriore impiego: alla mattina sarà guardiano del cimitero e al pomeriggio starà alla biblioteca. Ad Astolfo, che oltre a essere un appassionato lettore possiede una vivida immaginazione, bastano pochi giorni al cimitero per essere catturato dalla foto di una donna posta su una lapide. Non c’è altro; nessun nome e cognome, nessuna data di nascita e morte. Col tempo Astolfo è colto da un quasi innamoramento e si trova a inseguire il filo del mistero racchiuso in quel volto muto. Attorno a lui si muovono i lettori della biblioteca, gli abitanti di Timpamara e i visitatori del cimitero, estinti e in carne e ossa, con le loro storie comiche, tenere, struggenti – dal “resuscitato” alla ragazza rimasta vedova alla vigilia delle nozze, che tinge l’abito nuziale di nero e chiede ad Astolfo di unire lei e il trapassato in matrimonio. Domenico Dara possiede il talento dei narratori orali, unito a una scrittura che sospende il tempo: qui ci regala un romanzo pieno d’incanto sui libri, sul potere delle storie, dell’immaginazione, dell’amore.

Ho trovato questo romanzo bellissimo! Un altro ambientato in un cimitero (dopo "Cambiare l'acqua ai fiori") ma questo mi ha convinto molto di più.
È ben raccontato, è romantico, è onirico, è umoristico... mi ha ricordato alcune ambientazioni di Vitali e i personaggi sono interessanti, con storie da scoprire un po' per volta.
L'ho letto in un fiato e sicuramente lo consiglio
 

darida

Well-known member
Anche a me è piaciuto molto in tutto e per tutto. Ci ho trovato del realismo magico alla Marquez, citazioni in abbondanza ma non slegate, l'originalità dei nomi mi ha ricordato Vitali un autore del nord che tempo fa ho letto con una certa assiduità. Altro spessore però con questo scrittore!
Se devo trovare un difetto forse un pochino di pomposità nello stile con qualche termine ricercato o desueto... oppure semplicemente erano sconosciuti a me 🙃😉
Bravo Domenico! 🙂
 

Grantenca

Well-known member
E’ la storia di accadimenti avvenuti in un paese la cui esistenza è segnata da una cartiera che, nel primo dopoguerra era protagonista sia da punto di vista economico che culturale perché con tutta la carta che veniva portata al macero, (vecchi libri, giornali, riviste ecc…ecc…) molti ne approfittavano per leggere storie che mai avrebbero conosciuto, nomi strani di eroi e protagonisti che poi diventavano nomi di battesimo per gran parte della popolazione. E’ la storia del bibliotecario, claudicante dalla nascita, e successivamente anche custode del cimitero. Sono tante le storie, qualcuna verosimile altre un po’ meno , che caratterizzano la vita di questa comunità. La storia che riguarda più da vicino il protagonista è verosimile e direi anche accattivante. La narrazione è fluida, anche se, all’inizio soprattutto, non mi sembrava particolarmente coinvolgente. Lo scrittore è notevole, senza dubbio, e anche ambizioso, dal momento che dispensa ogni tanto termini molto ricercati che se il lettore vuole conoscerne il vero significato deve interrompere il ritmo di lettura, cosa che io non ho fatto. Alla fine devo riconoscere che, pur con qualche inciso che non è nelle mie corde, è un buon libro, che ho letto volentieri e di cui ho apprezzato soprattutto i tempi e lo stile di narrazione dell’episodio principale. Lettura quindi consigliata, a tutti.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
C'è poco da dire… in certi libri c'è qualcosa di magico. Sarà per il modo speciale in cui sono scritti, per la sensibilità particolare con cui sfiorano certi temi, per la potenza che talvolta sprigionano certe alchimie di parole particolarmente azzeccate… è soggettivo e difficile da razionalizzare, figuriamoci da spiegare, ma è così, certi libri diffondono magia, la magia delle storie, delle parole, delle persone. Di storie, parole e persone parla, infatti, Malinverno, il meraviglioso romanzo di Domenico Dara, ambientato a Timpamara, un paesino della Calabria in cui tutto, per caso o per destino, ruota attorno ai libri. Anche la vita del protagonista, Astolfo Malinverno, ruota attorno ai libri, a cominciare dal suo nome per finire al suo impiego principale: primo e unico bibliotecario di Timpamara. La sua routine solitaria fatta di pagine, storie, prestiti e consigli di lettura viene sconvolta un bel giorno che pareva uguale agli altri, quando gli viene comunicato che, oltre a quello di bibliotecario, dovrà svolgere temporaneamente anche il lavoro di "camposantaro", guardiano e padrone di casa del cimitero. Da custode di libri, dunque, Malinverno diventerà anche custode di anime e le persone che incontrerà, le storie con cui verrà in contatto, gli cambieranno l'esistenza in modo irreversibile. Pagina dopo pagina assistiamo con lui a questi cambiamenti, partecipi della malinconia che come una bruma in un mattino che si preannuncia assolato pervade tutto il romanzo. Malinverno è un uomo solo che solo non si sente, uno che non rinuncia a cercare la giusta collocazione delle cose, che è venuto a patti con la sua vita e, pur non avendolo mai davvero sperato, potrebbe vivere una storia indimenticabile. Tuttavia, per quanto ci si provi, il destino d'un uomo non si può cambiare come il finale di un libro… però si può sempre sperare… O no? Per quanto mi riguarda, non posso non consigliare questo romanzo: ci ho trovato echi del realismo magico tipico della letteratura latinoamericana, personaggi credibili se ed in quanto calati nel contesto "paese" di riferimento, una scrittura ricercata, talvolta piacevolmente desueta, capace di collocare la storia al di là del tempo e dello spazio. Per me "Malinverno" è esattamente come dovrebbe essere un romanzo che parla di libri e di anime, biblioteche e cimiteri, amore, morte e vita. In tanti lo hanno accostato a "Cambiare l'acqua ai fiori", altro romanzo che apprezzai moltissimo: comprendo il paragone, ma lo metabolizzo solo ex post. Mentre leggevo, Malinverno non mi ha mai fatto pensare al romanzo della Perrin, sintomo che – come credo – le due storie sono profondamente diverse. Mi sono piaciute entrambe, ma non mi spingerei a dire che chi non ha apprezzato quel romanzo non apprezzerà neanche questo… ribadisco, sono storie molto molto diverse.

Per me voto 9. E, ora che controllo i miei appunti, guardacaso è pressoché il voto che diedi a Cambiare l'acqua ai fiori.
 
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