Meursault, il protagonista, è uno straniero. Straniero al mondo, a sé stesso, alla sua propria esistenza. Né cinico né infelice (lettura distratta ed errata), bensì: consapevole e indifferente.
Egli è preda di una sorta di “anestesia emotiva”, dovuta ad una coscienza esasperata e lucidissima dell’assurdità della condizione umana, la quale fa sì che ogni sentire si arresti sulla soglia della mera “sensazione”, senza mai raggiungere le profondità del “sentimento”.
«Una cosa vale l’altra», ripete spesso Meursault: se tutto è privo di senso, è come dire che tutto, potenzialmente, può esserne ugualmente valido. Nessuna scelta potrà più essere determinante né risolutiva, alla luce di questo, nel bilancio di un’esistenza.
L'unica certezza nel destino di ogni essere umano rimane la morte: Meursault giungerà al giorno fatidico silenzioso e apatico, lasciando spazio solo ad uno sfogo contro il sacerdote venuto a raccogliere la sua confessione:
<< Allora, non so per quale ragione, c’è qualcosa che si è spezzato in me. Mi sono messo a urlare con tutta la mia forza e l’ho insultato e gli ho detto di non pregare (…) Aveva l’aria così sicura, vero? Eppure nessuna delle sue certezze valeva un capello di donna. Non era nemmeno sicuro di essere in vita dato che viveva come un morto. Io ero sicuro di me, sicuro di tutto, più sicuro di lui, sicuro della mia vita e di questa morte che stava per venire. Sì, non avevo che questo. Ma perlomeno avevo in mano questa verità così come essa aveva in mano me. Avevo avuto ragione, avevo ancora ragione, avevo sempre ragione. Avevo vissuto in questo modo e avrei potuto vivere in quell’altro. (…) E poi? Era come se avessi atteso sempre quel minuto… e quell’alba in cui sarei stato giustiziato. Nulla, nulla aveva importanza e sapevo bene il perché. Anche lui sapeva perché. Dal fondo del mio avvenire, durante tutta questa vita assurda che avevo vissuta, un soffio oscuro risaliva verso di me attraverso annate che non erano ancora venute e quel soffio uguagliava, al suo passaggio, ogni cosa che mi fosse stata proposta allora nelle annate non meno irreali che stavo vivendo. Cosa mi importavano la morte degli altri, l’amore di una madre, cosa mi importavano il suo Dio, le vite che ognuno si sceglie, i destini che un uomo si elegge, quando un solo destino doveva eleggere me e con me miliardi di privilegiati che, come lui, si dicevano miei fratelli? Capiva, capiva dunque? Tutti sono privilegiati. Non ci sono che privilegiati, Anche gli altri saranno condannati un giorno. Anche lui sarà condannato. >>
Pochi altri autori sono stati in grado di riflettere sulla condizione umana con tale limpidezza, coerenza e lucidità.
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