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Il Peccatore, di Germano Dalcielo - - Gialli - Noir - ilmiolibro.it
Il dottor Langella era fermo davanti all’inferriata dello sportellino di vetro ad osservare il paziente della camera ventisei: aveva dovuto fargli una lobotomia invasiva, fargli mettere per precauzione la camicia di forza e tenerlo sotto venti milligrammi di Lorazepam. Ora lo stava guardando da dietro la porta della sua stanza, mentre si dondolava avanti e indietro contro la parete di fondo, contando ad alta voce le piastrelle fino al soffitto. La stanza era completamente bianca e asettica, priva di mobili a parte una rete e un materasso, non c’erano spigoli, ganci, prese di corrente, attaccapanni, solo la tazza di un water nell’angolo più lontano.
Sarebbe riuscito a convivere con quello che aveva fatto?
La sua carriera, per lo meno a livello deontologico, era finita il giorno stesso in cui era sceso a compromessi e aveva fatto quella scelta. Mantenere la moglie lo stava mandando sul lastrico, le vacanze, la barca, la baita in montagna, l’università privata della figlia…. non riusciva a tenere quel ritmo frenetico con lo stipendio che la casa di cura gli passava. Aveva provato a buttare giù un preventivo per aprire uno studio privato ma non aveva né le risorse né il tempo per andare regolarmente dal commercialista, figuriamoci cercare un locale da affittare, arredare e riempire con tutta l’attrezzatura medica. E allora si era accontentato di marcire lì dentro, in mezzo a frustrazione, insoddisfazione e progressiva perdita di autostima. Poi dal nulla, quel giorno di quindici anni prima, lo aveva avvicinato quell’uomo distinto, di cui ancora oggi non conosceva il nome, impettito, abbottonato fino alla gola e con un cappello a tesa calcato sulla testa.
Aveva finito per accettare, non aveva potuto rifiutare un’offerta del genere: cinquanta milioni su un conto aperto nello Stato Vaticano, in nero, senza doverne rendere conto o doverli dichiarare. A posteriori, ancora oggi non si raccapezzava su come aveva potuto calpestare in un giro d’orologio la sua morale, il suo senso del dovere, il suo giuramento d’Ippocrate. E poi pensava al narcisismo di sua moglie, alla figlia viziata come una principessa e al suo carattere debole e pusillanime.
Quella mattina era successo di nuovo: una telefonata da un numero privato, non rintracciabile, la rinnovata proposta d’affari in cambio di una complicata operazione chirurgica, una lobotomia parietale. Aveva risposto semplicemente “va bene” e poi aveva sentito il tipico clic della cornetta che veniva riagganciata all’altro capo del telefono. Ora, davanti a quella stanza, si crogiolava sul perché a distanza di quindici anni avesse accettato di nuovo: stavolta non c’entravano sua moglie che lo aveva lasciato già da due anni per un nababbo sulla costa azzurra o sua figlia che si faceva la sua vita a Milano e gli telefonava soltanto per gli auguri laconici di Natale e per il suo compleanno. No, stavolta i cinquanta milioni erano diventati cinquantamila euro e lui aveva risposto subito di sì, senza remore, senza titubare.
Perché? Perché, in nome di soldi di cui non sentiva il bisogno o di un solletico rivitalizzante al suo ego aveva distrutto per sempre la vita di quel pover’uomo che adesso stava picchiando la fronte contro la piastrella della prigione in cui lui lo aveva rinchiuso?
“I miei ossequi, dottore…”
Quella voce che solo un paio di volte aveva udito al telefono, così fredda, impersonale, così priva di emozione, lo fece sobbalzare. Non incontrava quell’uomo da quindici anni, non sapeva chi fosse o come si chiamasse: poteva solo immaginare che dovesse essere qualcuno di potente all’interno del Vaticano, la veste talare era quella rosso porpora tipica dei cardinali, la berretta marezzata, la croce pettorale e il rocchetto erano quelli tipici delle cariche più prestigiose. Aveva tentato di rintracciare il mittente del bonifico che aveva ricevuto anni prima in occasione del primo “affare” ma le sue ricerche erano finite con un bel buco nell’acqua. Quell’uomo era talmente potente da riuscire a coprire le proprie tracce.
“Allora dottore, stava fantasticando sulla vacanza che si concederà dopo questo lavoretto?” chiese Monsignor Bontempi, avvicinando il naso alla finestrina della camera di Fra’ Remondino, con le mani giunte in grembo, attorno a cui penzolava un rosario di madreperla.
“Stringere quella croce la fa dormire la notte?” gli domandò Langella squadrandolo dalla testa ai piedi.
“Oh dottore… si fa prendere dagli scrupoli di coscienza quando ormai la frittata è fatta? Non è un po’ troppo tardi? Si consoli, se non avessi trovato udienza presso di lei, ne avrei trovati altri dieci di dottorucoli della sua stregua…”
“Che cosa le fa credere che non vada ai giornali e alla televisione a raccontare tutto? Tanto non ho niente da perdere, non ho più una famiglia, non ho un lavoro a cui tenere, una vita a cui aggrapparmi…”
“Chi le crederebbe, eh? Tutti penserebbero che a forza di bazzicare un ospedale psichiatrico alla fine è uscito di testa anche lei…” disse dando fugaci occhiate al frate dallo sportellino. Aveva dato disposizioni perché sulla cartella clinica non figurasse il vero nome Raimondo Rastelli ma bensì un anonimo Mario Rossi, dicitura che si utilizzava per i pazienti che arrivavano in stato confusionale senza documenti o portafogli. “Piuttosto - ri-prese - non faccia mai passare nessuno a fargli visita, se mai dovessero scoprire dov’è fi-nito. Riduca le ore d’aria e non lo faccia stare troppo vicino ai cancelli e alla strada. Il bonifico è già sul suo conto nella Banca Vaticana…”
“Come fa un uomo di Chiesa, un servo di Dio a convivere con questo? Come potete rendere un essere umano un vegetale e continuare a testa alta come se niente fosse?”
“Se le dicessi che in realtà lo abbiamo fatto per il suo bene, non mi crederebbe… quindi non sprechi il mio tempo. Si attenga agli ordini e si goda la vacanza… ah, a proposito… si faccia fare delle maschere e dei trattamenti al viso, quindici anni su di lei sembrano aver infierito…” malignò il cardinale sorridendo mentre si voltava per andarsene.
“Avete un senso contorto della parola “salvare” se riducete un uomo in salute in questo modo! Lo avete praticamente ucciso!!” urlò Langella sputando fuori tutta la sua rabbia.
“Sfumature semantiche….” fece spallucce Bontempi affrettando il passo.