Shoofly
Señora Memebr
<<Considerando:
Che imparare a leggere è, per le donne, qualcosa di superfluo e nocivo al loro naturale ammaestramento: è un lusso, il cui pressoché costante risultato fu la corruzione e la rovina dei costumi. [...]
Che l’intento della natura, buona e saggia, è che le donne dedite esclusivamente alle cure domestiche si sentano onorate di tenere tra le mani, non un libro o una penna, bensì la rocca e il fuso. [...] La felicità del genere umano si fonda interamente sui costumi domestici. [...]
Che l’erudizione di Madame Dacier le fece cambiar sesso; nelle sue dotte disquisizioni, dimenticò tutta l’amabilità del proprio. [...]
La Ragione vuole (anche a costo di sembrare incivile), che le donne (nubili, maritate o vedove) non ficchino mai il naso in un libro, né impugnino mai una penna. [...]
La Ragione vuole che ogni sesso stia al suo posto, e che ci resti. Le cose vanno male, quando i due sessi invadono i rispettivi campi. La luna e il sole non brillano insieme.
La Ragione vuole che una donna possa votare in un’assemblea di famiglia;
la Ragione disapproverebbe assai che le donne esprimessero le proprie opinioni in un dibattito dell’assemblea nazionale. Il primo dei due sessi, rappresentante naturale dell’altro, discute e decide per entrambi. La voce di una donna tra i legislatori suonerebbe fatalmente cacofonica. Che vadano al mercato, invece!…
In attesa che analoga decisione venga presa per molti altri libri, tutte le opere composte da o per le donne saranno ammassate quanto prima in un unico deposito. La fiaccola della critica farà della maggior parte di questa massa di volumi, un sacrificio purificatore in nome del buonsenso. (...)
La ragione vuole che i mariti siano gli unici libri delle loro mogli, ove giorno e notte esse imparino a leggere il proprio destino (...):OO
(...) la donna perde in avvenenza e in verecondia nella misura in cui accresce la sua cultura e il suo talento. Nella vita domestica “regnano scandalo e discordia quando la moglie ne sa quanto o più del marito”.
E poi, “quanto deve essere faticosa la vita domestica per una donna che scrive libri, accanto a un uomo che non li sa scrivere…quanto è ridicolo e rivoltante vedere una ragazza da marito, una donna di casa o una madre di famiglia che infilano rime, imbastiscono parole e si macerano sui libri, mentre la sporcizia, il disordine e la privazione regnano in tutta la casa>>.
L’avvocato Sylvain Maréchal (1750-1803), illuminista e rivoluzionario, non scherzava. Leggendolo senza sapere nulla dell'autore questo libro assomiglia ad una gustosa ed esilarante parodia sullo stile di “Una modesta proposta” di Swift.
In realtà - ed è ciò che colpisce più di ogni altra cosa - non è affatto così.
Il progetto legislativo stilato da Maréchal non è roba da ridere, il buon (si fa per dire) uomo lo pensò prendendosi maledettamente sul serio, in nome della Ragione e della "salute" pubblica.
aura:
La strada verso l'emancipazione femminile era ancora lunga: ricordiamo cosa successe a Olympe De Gouges con la sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791). Ghigliottinata “per aver dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso”.
Questo libello (disponibile ora nell'edizione di Archinto, 2007) è figlio di quegli anni tormentati, è agghiacciante nella lucida follia delle argomentazioni proposte, vien voglia di sorridere ad ogni passo eppure quando lo si chiude si resta con una forte sensazione di sconcerto e qualche riflessione in più nella testa.
Che imparare a leggere è, per le donne, qualcosa di superfluo e nocivo al loro naturale ammaestramento: è un lusso, il cui pressoché costante risultato fu la corruzione e la rovina dei costumi. [...]
considerando
Che l’intento della natura, buona e saggia, è che le donne dedite esclusivamente alle cure domestiche si sentano onorate di tenere tra le mani, non un libro o una penna, bensì la rocca e il fuso. [...] La felicità del genere umano si fonda interamente sui costumi domestici. [...]
considerando:
Che l’erudizione di Madame Dacier le fece cambiar sesso; nelle sue dotte disquisizioni, dimenticò tutta l’amabilità del proprio. [...]
di conseguenza:
La Ragione vuole (anche a costo di sembrare incivile), che le donne (nubili, maritate o vedove) non ficchino mai il naso in un libro, né impugnino mai una penna. [...]
La Ragione vuole che ogni sesso stia al suo posto, e che ci resti. Le cose vanno male, quando i due sessi invadono i rispettivi campi. La luna e il sole non brillano insieme.
La Ragione vuole che una donna possa votare in un’assemblea di famiglia;
la Ragione disapproverebbe assai che le donne esprimessero le proprie opinioni in un dibattito dell’assemblea nazionale. Il primo dei due sessi, rappresentante naturale dell’altro, discute e decide per entrambi. La voce di una donna tra i legislatori suonerebbe fatalmente cacofonica. Che vadano al mercato, invece!…
In attesa che analoga decisione venga presa per molti altri libri, tutte le opere composte da o per le donne saranno ammassate quanto prima in un unico deposito. La fiaccola della critica farà della maggior parte di questa massa di volumi, un sacrificio purificatore in nome del buonsenso. (...)
La ragione vuole che i mariti siano gli unici libri delle loro mogli, ove giorno e notte esse imparino a leggere il proprio destino (...):OO
(...) la donna perde in avvenenza e in verecondia nella misura in cui accresce la sua cultura e il suo talento. Nella vita domestica “regnano scandalo e discordia quando la moglie ne sa quanto o più del marito”.
E poi, “quanto deve essere faticosa la vita domestica per una donna che scrive libri, accanto a un uomo che non li sa scrivere…quanto è ridicolo e rivoltante vedere una ragazza da marito, una donna di casa o una madre di famiglia che infilano rime, imbastiscono parole e si macerano sui libri, mentre la sporcizia, il disordine e la privazione regnano in tutta la casa>>.
L’avvocato Sylvain Maréchal (1750-1803), illuminista e rivoluzionario, non scherzava. Leggendolo senza sapere nulla dell'autore questo libro assomiglia ad una gustosa ed esilarante parodia sullo stile di “Una modesta proposta” di Swift.
In realtà - ed è ciò che colpisce più di ogni altra cosa - non è affatto così.
Il progetto legislativo stilato da Maréchal non è roba da ridere, il buon (si fa per dire) uomo lo pensò prendendosi maledettamente sul serio, in nome della Ragione e della "salute" pubblica.
La strada verso l'emancipazione femminile era ancora lunga: ricordiamo cosa successe a Olympe De Gouges con la sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791). Ghigliottinata “per aver dimenticato le virtù che convenivano al suo sesso”.
Questo libello (disponibile ora nell'edizione di Archinto, 2007) è figlio di quegli anni tormentati, è agghiacciante nella lucida follia delle argomentazioni proposte, vien voglia di sorridere ad ogni passo eppure quando lo si chiude si resta con una forte sensazione di sconcerto e qualche riflessione in più nella testa.