IV
Un secchio bianco di plastica in un campo innevato. Un coltello a serramanico di oche che graffitano nel cielo il nome oscuro di Dio. Un vento pulsante ma silente. Carte di caramella contro rete metallica. Cervi muti sotto le loro menorah di parrucche-spaventacchi. Api mute nella loro cera di fantascienza. Un muto violino di fumo azzurro che scoppia nel camino piegato in cima alla capanna della streghina.
E’ in una domenica pomeriggio fredda e silenziosa, dopo Natale, che la troupe televisiva arriva nel nostro villaggio. A ora di cena tutti, tranne gli irriducibili dell’ospizio, sanno che è in città. Alla colazione della Camera di Commercio di lunedì mattina, organizzata in furia per presentare i teleindividui alla cittadinanza, la sala del banchetto è straripante. Si capisce, noi villici presumiamo che la troupe sia venuta a filmare i nuovi stabilimenti di cui a ragione meniamo vanto. Il regista osserva con fare diplomatico che basi missilistiche e fabbriche di microchip ormai te le tirano dietro.
“Stiamo realizzando un documentario sulla scorreggia”, spiega il direttore. Il pubblico è in delirio.
“un normale essere umano in media emette quattordici scorregge al giorno”, continua. Si sente un generale mormorio. Pochi avrebbero pensato ad una cifra così alta.
“Stiamo parlando di tutti gli esseri umani, dai bimbi in pannolino agli avvocati in abito intero con gilè. Il meccanico fa gonfiare il cavallo della tuta imbrattata di olio, la diva cinematografica esala nella seta… e dà la colpa alla cameriera o allo wolfhound irlandese. “Bestiaccia!”
“Voi, gente, fate pure i vostri conti. Ogni giorno, anno dopo anno, nel mondo si verificano ottantaquattro miliardi di flatulenze. E sto parlando solo degli umani. Anche gli animali muovono aria, perciò quello wolfhound NON è al di sopra di ogni sospetto. Insomma. Possiamo descrivere con una certa precisione cosa sia un peto: un gas composto principalmente di solfuro d’idrogeno e di metano in quantità variabile. E da dove venga: è originato dagli scarti batterici del cibo nel tubo digerente , ed emesso dall’ano. Ma quando è fuori, dove va a finire?”.
I villici si guardano e scuotono la testa.
“Oggi non vi tedierò con considerazioni ambientali , anche se sono sicuro che possiate immaginarvi uno strato flatulento nell’alta atmosfera, che corrode l’ozono. Ne parleremo nel nostro film. Quello che vorrei comunicarvi sono i problemi che abbiamo incontrato nel tentativo di fotografare l’elusivo spiritello dei calzoni, un genio tanto invisibile quanto discolo”.
Il regista (un bell’uomo in giubbotto di jeans, con la pipa in bocca) spiega che i tentativi di fotografia spettrografica, seppure interessanti dal punto di vista scientifico, non sono riusciti a produrre un’immagine di definizione o impatto ottico sufficienti perché sia colta dall’occhio di un osservatore profano. E l’animazione da computer sembrava scialba e fasulla. Poi racconta che lui e la sua troupe hanno alimentato una modella viva a pop corn, birra e fagioli bianchi, facendole poi tuffare le chiappe in una tinozza. Quelli di noi che hanno appena mangiato frittelle a colazione sorridono imbarazzati. “Abbiamo ottenuto alcune bolle stupende”, dice il regista, “ma una bolla di gas di per sé non è un peto”.
“Sabato abbiamo appreso da fonte attendibile che una persona residente in questa comunità, o comunque nei paraggi, è riuscito a catturare veramente in una rete una cometa rettale e a mantenerla integra. Ovvio che lì per lì eravamo scettici, e per giunta vicini alla scadenza, ma anche eccitati e quasi…alla canna del gas; sicché d’impulso abbiamo mollato tutto e siamo venuti subito qui. Adesso chiediamo il vostro aiuto. Questa persona – e il fluido preservato – esistono davvero? Ci hanno detto soltanto che lo ha catturato una beghina…”.
“Streghina!”, grida il pubblico come un sol uomo. Poi ricanta all’unisono, con gioia: “Streghina!”.