Se provo a scrivere qualcosa pensando a questo libro, le parole nella mia mente perdono forma e diventano evanescenti come le storie e i personaggi di Auster. Ho chiuso il libro, e riletto alcune parti, con molta confusione in testa: quanta di questa confusione è frutto del fatto che molto può essermi sfuggito e quanto dell'intento dell'autore di esternare il suo disorientamento trasmettendolo in pieno al lettore? Senza dubbio un, o tre, romanzi geniali, nonostante concordi pienamente con chi sostiene che lasciano un senso di incompiutezza. Incompiutezza, però, credo, intrinseca nella natura di questi tre lunghi racconti "ai confini con la realtà". Senza incompiutezza, sarebbe un altro libro.
Sin dal principio del primo romanzo - il mio preferito, Città di vetro: non scorderò mai il monologo di Stillman giovane, l'ossessione di Stillman vecchio e le divagazioni di Quinn quando si apposta sotto l'appartamento, leggetelo e capirete, non voglio dire di più - l'atmosfera, e i fatti, si rivelano alquanto inquietanti e l'ansia accompagna il lettore fino alla fine del terzo libro, nonostante, a tal punto, si tiri un lieve (ma quanto realistico?) sospiro di sollievo. Il tutto, come già detto, è anche molto surreale. Ogni personaggio si specchia nell'altro, gli inseguitori diventano inseguiti e viceversa, e ciascuno dei protagonisti è, in parte, lo stesso Auster, confuso, raffinato, geniale. I tre romanzi si fondono e si confondono, o meglio confondono il lettore

con omonimie o altro

Il cerchio si chiude solo in alcuni punti, ma in maniera che comunque disorienta. Si legge con passione e non si dimentica.