Shoofly
Señora Memebr
Questo libro, pubblicato nel 1975, è il primo di Fritjof Capra.
Attraverso l'analisi delle analogie tra teorie relativistiche e quantistiche della fisica moderna e le filosofie religiose orientali (induismo, Buddhismo Mahāyāna, taoismo e zen) l'autore rileva che in tutto il pensiero orientale esiste una medesima concezione del mondo che ha come caratteristica principale “la consapevolezza dell’unità e della mutua interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi”.
Ogni cosa è vista come una differente manifestazione di un “tutto cosmico”. Base comune risulta essere anche il mezzo attraverso il quale si raggiunge tale consapevolezza: l’esperienza mistica.
L’unità di tutte le cose è il tema ricorrente del confronto tra fisica e misticismo: molte sarebbero le analogie evidenti tra gli assunti formulati dai fisici e i concetti dei maestri orientali, talvolta così simili da oter essere interscambiate.
In fisica quantistica “le particelle [..] isolate sono astrazioni, poiché le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi”.
Nella visione mistica “le cose derivano il loro essere e la loro natura dalla mutua dipendenza e non sono nulla di per se stesse”.
Se uno spettatore “osserva” un qualunque fenomeno fisico, egli in realtà “partecipa” di quel fenomeno, tanto da arrivare ad influire sulle proprietà del fenomeno stesso (principio di indeterminazione di Eisemberg).
Il concetto di “partecipazione” a qualcosa che si osserva, pur apparendoci paradossale, è ben noto anche agli studiosi di misticismo, per i quali la conoscenza mistica non può mai essere raggiunta tramite la semplice osservazione, ma solo mediante la totale partecipazione di tutto il proprio essere.
“I problemi del linguaggio sono qui veramente gravi. Noi desideriamo parlare in qualche modo della struttura degli atomi…Ma non possiamo parlare degli atomi servendoci del linguaggio ordinario”. (W. Heisenberg)
“La contraddizione, che tanto sconcerta il modo di pensare ordinario, deriva dal fatto che dobbiamo utilizzare il linguaggio per comunicare la nostra esperienza interiore, la quale per sua stessa natura trascende la possibilità della lingua” (D. T. Suzuki).
L’esperienza mistica non può essere esaurientemente descritta attraverso parole o concetti intellettivi, in quanto avviene attraverso uno stato di coscienza che trascende la conoscenza intellettuale, essa può unicamente essere sperimentata.
Nella stessa difficoltà si trovano oggi i fisici nel descrivere il mondo dell’infinitamente piccolo alla luce delle nuove scoperte.
La matematica è in grado di descrivere un universo quadridimensionale in cui la materia è in continua trasformazione e mutua relazione, ma la nostra mente ragiona con gli schemi derivati dall’esperienza di una realtà tridimensionale. Il linguaggio stesso (frutto della creazione intellettiva) non sarebbe pertanto in grado di descrivere una realtà che l’intelletto non riesce a sperimentare.
Così come nella teoria della relatività lo spazio ed il tempo risultano un’unica realtà interconnessa, così il mistico descrive una realtà in cui “spazio e tempo si compenetrano”.
Il concetto a tutti noto che “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” ha portato a scoprire oggi che la materia così come noi la vediamo, solida ed indistruttibile, è in realtà, a livello sub-nucleare, in continua trasformazione; ogni singola particella che ci compone si trasforma continuamente in altre particelle, per poi riprendere la forma originaria e trasformarsi di nuovo. E ancora, che le forze che tengono unite le particelle a formare gli atomi, altro non sono che continui scambi di altre particelle.
Questa sarebbe la meravigliosa “danza di Shiva” descritta dall’induismo; tutto l’universo, dal mondo dell’infinitamente piccolo a quello dell’infinitamente grande, è composto da energia sotto innumerevoli forme, sempre in trasformazione le une nelle altre.
Baluardo di una visone olistica e non frammentata della realtà, quest'opera si conclude tuttavia con un vantaggio in favore dell'approccio mistico:
“Nella concezione orientale, quindi, come in quella della fisica moderna, ogni cosa dell’universo è connessa ad ogni altra cosa e nessuna sua parte è fondamentale…Sia i fisici che i mistici riconoscono l’impossibilità che da ciò deriva di spiegare pienamente un qualsiasi fenomeno, ma poi assumono atteggiamenti diversi. I fisici si accontentano di una conoscenza approssimativa della natura i mistici orientali, al contrario, non sono interessati alla conoscenza ‘relativa’ ma vogliono raggiungere la conoscenza ‘assoluta’, la quale comporta una comprensione della totalità della vita”.
:?? ma ci riescono davvero?? :wink:
Attraverso l'analisi delle analogie tra teorie relativistiche e quantistiche della fisica moderna e le filosofie religiose orientali (induismo, Buddhismo Mahāyāna, taoismo e zen) l'autore rileva che in tutto il pensiero orientale esiste una medesima concezione del mondo che ha come caratteristica principale “la consapevolezza dell’unità e della mutua interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi”.
Ogni cosa è vista come una differente manifestazione di un “tutto cosmico”. Base comune risulta essere anche il mezzo attraverso il quale si raggiunge tale consapevolezza: l’esperienza mistica.
L’unità di tutte le cose è il tema ricorrente del confronto tra fisica e misticismo: molte sarebbero le analogie evidenti tra gli assunti formulati dai fisici e i concetti dei maestri orientali, talvolta così simili da oter essere interscambiate.
In fisica quantistica “le particelle [..] isolate sono astrazioni, poiché le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi”.
Nella visione mistica “le cose derivano il loro essere e la loro natura dalla mutua dipendenza e non sono nulla di per se stesse”.
Se uno spettatore “osserva” un qualunque fenomeno fisico, egli in realtà “partecipa” di quel fenomeno, tanto da arrivare ad influire sulle proprietà del fenomeno stesso (principio di indeterminazione di Eisemberg).
Il concetto di “partecipazione” a qualcosa che si osserva, pur apparendoci paradossale, è ben noto anche agli studiosi di misticismo, per i quali la conoscenza mistica non può mai essere raggiunta tramite la semplice osservazione, ma solo mediante la totale partecipazione di tutto il proprio essere.
“I problemi del linguaggio sono qui veramente gravi. Noi desideriamo parlare in qualche modo della struttura degli atomi…Ma non possiamo parlare degli atomi servendoci del linguaggio ordinario”. (W. Heisenberg)
“La contraddizione, che tanto sconcerta il modo di pensare ordinario, deriva dal fatto che dobbiamo utilizzare il linguaggio per comunicare la nostra esperienza interiore, la quale per sua stessa natura trascende la possibilità della lingua” (D. T. Suzuki).
L’esperienza mistica non può essere esaurientemente descritta attraverso parole o concetti intellettivi, in quanto avviene attraverso uno stato di coscienza che trascende la conoscenza intellettuale, essa può unicamente essere sperimentata.
Nella stessa difficoltà si trovano oggi i fisici nel descrivere il mondo dell’infinitamente piccolo alla luce delle nuove scoperte.
La matematica è in grado di descrivere un universo quadridimensionale in cui la materia è in continua trasformazione e mutua relazione, ma la nostra mente ragiona con gli schemi derivati dall’esperienza di una realtà tridimensionale. Il linguaggio stesso (frutto della creazione intellettiva) non sarebbe pertanto in grado di descrivere una realtà che l’intelletto non riesce a sperimentare.
Così come nella teoria della relatività lo spazio ed il tempo risultano un’unica realtà interconnessa, così il mistico descrive una realtà in cui “spazio e tempo si compenetrano”.
Il concetto a tutti noto che “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” ha portato a scoprire oggi che la materia così come noi la vediamo, solida ed indistruttibile, è in realtà, a livello sub-nucleare, in continua trasformazione; ogni singola particella che ci compone si trasforma continuamente in altre particelle, per poi riprendere la forma originaria e trasformarsi di nuovo. E ancora, che le forze che tengono unite le particelle a formare gli atomi, altro non sono che continui scambi di altre particelle.
Questa sarebbe la meravigliosa “danza di Shiva” descritta dall’induismo; tutto l’universo, dal mondo dell’infinitamente piccolo a quello dell’infinitamente grande, è composto da energia sotto innumerevoli forme, sempre in trasformazione le une nelle altre.
Baluardo di una visone olistica e non frammentata della realtà, quest'opera si conclude tuttavia con un vantaggio in favore dell'approccio mistico:
“Nella concezione orientale, quindi, come in quella della fisica moderna, ogni cosa dell’universo è connessa ad ogni altra cosa e nessuna sua parte è fondamentale…Sia i fisici che i mistici riconoscono l’impossibilità che da ciò deriva di spiegare pienamente un qualsiasi fenomeno, ma poi assumono atteggiamenti diversi. I fisici si accontentano di una conoscenza approssimativa della natura i mistici orientali, al contrario, non sono interessati alla conoscenza ‘relativa’ ma vogliono raggiungere la conoscenza ‘assoluta’, la quale comporta una comprensione della totalità della vita”.
:?? ma ci riescono davvero?? :wink: