Quegli occhi allegri da italiano in gita...
Farà piacere un bel mazzo di rose
e anche il rumore che fa il cellophane
ma un birra fa gola di più
in questo giorno appiccicoso di caucciù.
Sono seduto in cima a un paracarro
e sto pensando agli affari miei
tra una moto e l'altra c'è un silenzio
che descriverti non saprei.
Oh, quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita.
E i francesi ci rispettano
che le balle ancora gli girano
e tu mi fai - dobbiamo andare al cine -
- e vai al cine, vacci tu. -
E` tutto un complesso di cose
che fa sì che io mi fermi qui
le donne a volte sì sono scontrose
o forse han voglia di far la pipì.
E tramonta questo giorno in arancione e
si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato, se tu vuoi andare, vai...
E vai che io sto qui e aspetto Bartali
scalpitando sui miei sandali
da quella curva spunterà
quel naso triste da italiano allegro
tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
C'è un po' di vento, abbaia la campagna
e c'è una luna in fondo al blu...
Tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano
e tu mi fai - dobbiamo andare al cine -
- e vai al cine, vacci tu! -
Questo brano del ’79 è dedicato a uno dei ciclisti più amati della storia sportiva italiana, forse il più conosciuto tra quelli scritti per i campioni del ciclismo (ricordo la canzone di Gino Paoli per Coppi e le molte dedicate a Marco Pantani, ad esempio da Vasco Rossi, Baccini, i Nomadi e Venditti).
"Il disco me lo mandò Jannacci – raccontava lo stesso Bartali - e credevo l'avesse scritta lui".
Quando si conobbero con Paolo Conte - Gino era stato letteralmente trascinato a quel concerto dall’amico e cantante Narciso Parigi – col suo solito humor ruvido e diretto gli disse: “senti Conte, la canzone mi piace ma la fa meglio Jannacci. Eppoi, te lo devo dire, c'è una strofa che mi fa incazzare: cos'è questa storia del naso triste come una salita? Io a naso non sto male ma te, ti sei visto, che nappa ti ritrovi?". Troppo giusto. I due “maestri” si abbracciarono ridendo.
Una delle più belle testimonianze sulla personalità di Bartali si trova nel libro di Maro Marcellini, sull’alluvione che colpì Firenze nel ’66:
"
Per tutto quello che avevo perso ebbi centomila lire. Non rientravo in nessuna categoria, avevo soltanto la tessera di corridore che, a quanto sembrava, non valeva nulla (...) Sono quello che ha corso più di tutti e che ha guadagnato meno di tutti, ma non me ne frega niente. Tanto di là i soldi non se li porta dietro nessuno. E' vero che mi hanno dato un sacco di onorificenze ma se qualcuno le vuole gliele regalo. Le ho avute da gentaglia. Mi dicono che sono un mito, ma che mi importa a me di essere un mito. Il mio amico Kubler, lo svizzero, prende tre milioni e mezzo di pensione al mese, altro che mito! Meno male che l'Arno non si prese anche la mia bicicletta. Forse perché era in soffitta. Ce l'ho ancora e ogni tanto la presto a qualche museo. Con quella, in acciaio e alluminio duro, ci ho fatto tutte le corse. Ha una moltiplica, sempre la stessa, che ha fatto più di cento ottantamila chilometri. (...) Quando ripenso ai tempi dell'alluvione, così come quando penso a tutta la mia vita passata, ringrazio sempre Dio per avermi dato due cose per ogni cosa buona che ho fatto. E lo ringrazio anche per la salute che ancora mi dà. Alla mia età me la cavo ancora bene e leggo anche le scritte più piccole, come quelle sulle polizze dell'assicurazione dove lavora uno dei miei figli, senza bisogno di occhiali. Chi lo sa forse la polvere che m'ha dato Coppi m'ha fatto bene agli occhi".
Nella canzone di Paolo Conte non si fa accenno alla rivalità sportiva con Coppi e gli altri colleghi, al cantautore interessa soprattutto
la strada, tanta, polverosa e sudata, dove il vento trascina giornali vecchi e l’abbaiare dei cani in lontananza, dove si sente odore di gomme consunte e la fidanzata preme per andarsene, accampando mille scuse (il cinema, la pipì…
), dove si respira l’attesa “dell’uomo qualunque che aspetta che dietro una curva spunti un sogno in forma di ciclista”.*
Un’atmosfera epica e surreale dove le fatiche dei campioni si mescolano all’ammirazione estatica dei tifosi nell’Italia del secondo dopoguerra, piena di speranze e di voglia di ricominciare. L’orgoglio nazionale fa da contraltare all’incazzatura dei francesi che non vogliono starci a perdere. E soprattutto, lui, quel leggendario “naso triste da italiano allegro” che se ne fregava dei mazzi di rose, odiava mangiare la polvere dell’amico Coppi ma s’incazzava di più se gli dicevi che aveva il naso grosso.
Da:
«I sogni, gli amori, i litigi nell’attesa del campione» - Corriere della Sera