Grazie, avevo bisogno di un ulteriore spinta per leggerlo.
Giusto per completezza culturale e per argomentare la discussione, se è off-topic prego i moderatori di cancellarlo, vi c/i la risposta che ha dato una giornalista a riguardo questo libro; dopo la risposta della giornalista che seguo mi sono incuriosito, Germano mi ha dato il via per essere una delle prossime letture.
Risposta:
Ho passato il pomeriggio con Michele Serra, e vorrei poterlo confortare: i giovani non sono tutti "sdraiati" come il suo ipotetico figlio raccontato nel libro. Uno che passa le giornate sul divano, fra serie americane e auricolari impiantati nelle orecchie, privo di interessi se non quelli decisi dall'industria del consumismo. Un'ameba, a tratti - sembra paventare Serra - neanche un umano.
Ho 10 anni in più dello sdraiato del libro. 10 anni fa trascorrevo un anno di liceo negli Stati Uniti, per vivere un'esperienza arricchente e per arricchire pure il mio CV, lontana migliaia di chilometri dai miei, che potevo sentire una volta ogni due settimane. La competizione, si sa, e' feroce, e bisogna cominciare da subito a costruirsi il proprio percorso. Nel frattempo le mie amiche trascorrevano l'inverno a scuola e l'estate nei negozi, bar, ristoranti della Riviera, in qualità di commesse, bariste, cameriere. 8, 10, 12 ore al giorno, senza neanche un giorno libero. Attività intraprese chi a 14, chi a 15, chi a 16 anni (come la sottoscritta, ma per una sola stagione) e interrotte solo sull'altare del "lavoro vero". Gente che si è fatta un culo così, chi per necessità, chi perché voleva avere un po' di soldi suoi, chi perché bisogna imparare a lavorare sin da piccoli.
L'università. Chi ha potuto e se l'e' sentita ha lasciato la Riviera per vestire i panni del fuori sede. Chi non ha potuto o non se l'e' sentita ha scelto di frequentare l'università vicino casa. Chi proprio non ha potuto si è messo subito a lavorare (ai tempi ti venivano a cercare a casa, e parliamo di soli 10 anni fa).
Ci avevate detto che impegnandoci all'università si sarebbero aperte tutte le porte. I meno ottimisti aggiungevano un "quasi tutte". Per carità, all'università ci siamo divertiti, e tanto. Ma ci siamo fatti anche un gran culo. Mantieni una buona media che altrimenti non accedi all'Erasmus, se però non hai tutti 30 non vai a quella di Parigi dove sogni di entrare, fai tutte le attività che ti offre l'università che sono quelle che ti formano veramente (radio, giornale, conferenze, elezioni universitarie), fai gli stage che altrimenti ti troverai indietro rispetto agli altri una volta che ti affaccerai nel mondo del lavoro, però non basta inglese e francese, studia pure il russo che non si sa mai. Hai un'offerta di lavoro ma sei ancora all'università? Accettala! E studia alla specialistica e intanto lavora, lavori di giorno e studi di notte. E intanto ti senti che sei sulla buona strada, che stai cogliendo tutte le opportunità che ti sono offerte e che il famoso mondo del lavoro ti aspetterà a braccia aperte.
Poi un giorno ti svegli e il mondo in cui stavi per entrare crolla. Prima la finanza, poi tutti gli altri settori ti cominciano a chiudere le porte in faccia. Ma scusi, guardi il mio CV! Ma io sono disposto anche a lavorare gratis! Guardi, facciamo che l'assicurazione dello stage me la pago io!
Niente. Tutto quello che ci avevate raccontato non vale più, perché quello che avevate costruito era un castello di carta. E ora ci venite a dire che siamo sdraiati.
Caro Serra, forse è vero. Ci siamo seduti, non sdraiati, ma solo per un attimo, dopo che ci avete fatto correre senza meta, per capire in che mondo rialzarci. Un mondo che speriamo di poter costruire con fondamenta solide, e non di carta, come quello che ci avete lasciato. E magari lasciarlo migliore a chi verrà dopo di noi.