Tutto inizia con poche righe di una lettera scritta da uno sconosciuto: Marek Creen. Non è lui che Carlotta Campo sta cercando, ma Paolo Cardinale il suo amante desaparecido da oltre un anno. Le ricerche di Carlotta terminano sempre in qualcos’altro: dei fratelli di Paolo risponde soltanto Enrico, fotografo, che accetta di darle informazioni purché si incontrino di persona. Carlotta, che in realtà cerca se stessa, per trovare Paolo deve compiere un percorso attraverso le vite degli altri. Ed è proprio a partire da quella lettera che le azioni danno vita ad un codice: la chiave per aprire la fase successiva sino all'epilogo, dove il gioco si compie.
In uno spazio dove le date sono soltanto cifre, la storia di tre famiglie si apre a ventaglio nell'arco di cent'anni. Legate tra loro come le tessere di un mosaico le immagini si avvicendano: rifugi antiaerei smantellati dalla ricostruzione, primi passi sulla luna, Vietnam, piazza Fontana, picchetti, cortei, navi in rotta verso i Caraibi.
In realtà, a caratterizzare il romanzo è ciò che si trova dietro la storia: un concetto a metà tra la scienza e la metafisica. Il romanzo, costruito con riferimenti espliciti alle scatole cinesi, rivela l’imponderabilità del percorso e l’imprevedibilità di ogni epilogo, quando un percorso si conclude.
Incipit dal romanzo: "Tracce Invisibili di Universi Paralleli":[/B
Nel “grande quadro”, dove il tempo non esiste, “la realtà si concretizza in una moltitudine di configurazioni reali legate tra loro in statica perfezione”, dice la nuova fisica. E le persone, gli oggetti, i sentimenti rappresentano gli artefici dei cambiamenti che riempiono le tessere di un mosaico. Cambiamenti che, seguendo percorsi precisi, ruotano intorno al filo conduttore di ciascuna vicenda per restringersi via via e raggiungere infine quell’obiettivo che nessuno può immaginare prima che accada. Secondo il linguaggio che intende i mutamenti come causa effetto, si tratta dei coni temporali “principe”, “remoto” e “intermedio”.
Al centro, a comporre gli innumerevoli fotogrammi della tessera, sta ciascuno degli elementi in grado di produrre sentieri che portino ai differenti punti dell’intorno.
La prima tessera del “grande quadro” appartiene al cono temporale “principe”, chiamato così poiché le vicende si susseguono dal prologo all’epilogo. E’ l’ottobre del 1993 e il secondo millennio sta per concludersi; il pianeta vive un momento difficile. Fatti inspiegabili si compiono ogni giorno e solo a posteriori, attraverso la ragnatela delle relazioni umane, è possibile comprenderne le ragioni. Carlotta Campo una ex studentessa sessantottina, divenuta suo malgrado “La donna della domenica” con un matrimonio ormai concluso, è l’amante di Paolo Cardinale. Paolo è desaparecidos da un anno e i Cardinale, secondo la Campo, continuano ad escluderla dal gioco.
Intervista con l'autore
Riporto in questa pagina le mie risposte al thread: "Intervista con l'autore":
Salve, lieta di colloquiare con voi.
Ecco le mie risposte:
1.Hai scritto il libro con carta e penna oppure al computer? Prima con carta e penna e poi al computer.
2.Ritieni indifferente scriverlo con carta e penna o usando un computer? La prima stesura è veloce e molto spontanea, pertanto si presta a carta e penna. Successivamente subentra un po' di tecnica e arriva il computer.
3.Hai mai riletto completamente e senza saltare nessuna pagina una copia stampata e rilegata (come sarà nelle mani dei lettori) del tuo libro? Sì, ho impiegato più tempo del dovuto, cercando un'identità con un lettore che per motivi contingenti è costretto a leggere utilizzando piccoli spazi temporali.
4.Un giudizio negativo e pesante sul tuo libro lo vedi come una martellata che ti ferisce o come una spinta che ti stimola? Entrambe le cose.
5.Quali sono gli autori e i romanzi che pensi ti abbiano dato ispirazione? Sono molti e compariranno nel sito che sto costruendo alla voce bibliografia. Comincio dal più importante: Julian Barbour " La fine del tempo". Poi: Fritjof Capra
Il Tao della fisica, Erasmo da Rotterdam: "Elogio della follia" e molti altri.
6.A chi fai leggere le bozze del tuo romanzo, man mano che lo scrivi? In prima lettura a mia figlia Elena e successivamente a persone differenti, sino ad arrivare all'editor ufficiale. Il motivo di questa variegata scelta sta nel fatto che intendo comprendere come avviene la "comunicazione" con il lettore e quali immagini e sensazioni suscita il libro, ma questa è semlpicemente una verifica in quanto ciò che intendo trasferire al lettore è l'immaginario e i modelli che ho creato.
7.Qual è stata la molla che ti ha spinto a scrivere questo libro? Rispondere in qualche modo alla seguente domanda sul tempo: "E' il futuro a costruire il passato e non viceversa?"
8.Leggi ad alta voce quello che scrivi per sentire se suona bene quando viene letto? Tavolta è successo.
9.Prendi ispirazione da fatti della vita quotidiana? Dai modelli che la realtà mi offre, a tal punto che il personaggio completamente inventato, altro non è che una costruzione di modelli reali.
10.L'ispirazione si basa su fatti successi a te o magari su qualcosa vista per caso camminando per strada? Direi entrambe le cose.
11.Quando inizi a scrivere, immagini mai il tuo libro già con copertina, foto di copertina..insomma, già bell'e pronto da comprare? Francamente no.
12.Pensi mai alle reazioni dei lettori vedendo il tuo libro sullo scaffale? Francamente sì.
13.Quando hai iniziato a scrivere le pagine del tuo libro, avevi già un'idea di dove volevi arrivare o la storia si è costruita con il tempo? Dentro di me certamente c'era il romanzo così come potete leggerlo, ma per costruirlo ho dovuto a lungo scavare così come fa uno scultore sul marmo.
14.Il tuo libro parla di un argomento ben definito. Perchè scegli questo piuttosto che un altro? Esiste sì un argomento principe, ma dal momento che il mio è un romanzo corale differenti e variegati sono gli spunti.
15.Qual è la la molla che spinge una persona a passare da fruitore delle opere altrui (presumo che ogni scrittore prima di diventare tale e anche dopo sia un grande lettore) a creatore di opere? Devo dire che questa molla esiste o non esiste, se esiste viene fuori spontaneamente come la voce di un cantante, comunque sia. Chi scrive ha bisogno di scrivere.
16.Perchè hai scritto il tuo primo libro? Perchè scrivo da sempre ed è un piacere.
Ecco i personaggi salienti del mio romanzo attorno ai quali la fabula si dipana.
Essi sono presenti nei differenti coni temporali.
Carlotta Campo ex "donna della domenica" :
10 Settembre 1993: Torino Palazzo nuovo, “turista per caso”
A dirla chiara e senza tanti fronzoli, Carlotta Campo per Paolo Cardinale era un peccato, una debolezza della quale forse non riusciva a liberarsi; ma neppure questo era vero, aveva finito per concludere lei. In fondo, perché liberarsi di un piacere, sia pure poco edificante, se nessuno ne è a conoscenza? Qualcosa che costa così poco mantenere: giusto la benzina, il biglietto dell’autostrada e qualche telefonata; perché c’era sempre casa sua come albergo. Era sufficiente non parlarne con nessuno, farla diventare un gioco senza importanza, trasformarla in qualcosa che veniva negato in continuazione.
L’ufficio dell’architetto Carlotta Campo era in Via Po, davanti alla chiesa dell’Annunziata, a due passi da “Palazzo Nuovo”; il prestigioso progetto di Levi Montalcini che, a dispetto del nome, da trent’anni accoglieva le facoltà letterarie della città. Quel giorno di settembre, Giovanna Passanti aveva un appuntamento proprio là con la figlia Luciana, iscritta alla facoltà di Scienze Politiche. Prima, però, era passata in studio dall’amica, che si era concessa una pausa.
Le due donne avevano preso un caffè davanti al cinema Faro e poi si erano avviate alla facoltà, per sedersi al sole sulla scalinata e tenere d’occhio l’ingresso principale. Presto, i loro discorsi era andati a Paolo.
<<il mio turista per caso>> aveva detto Carlotta.
<<perché lo chiami così? Per quale motivo hai preso in prestito il titolo da Simenon?>>.
<<perché ormai sono vent’anni che mi visita per caso …>>.
Paolo Cardinale (dai ricordi di Carlotta):
Vidi Paolo per la prima volta nel settembre del '74 ― il giorno francamente non lo ricordo ― al caffè delle Guide di Courmayeur.
Lui era un bel ragazzo, bruno d’occhi e di capelli. Nel suo volto le tracce dell’infanzia contrastavano con l’ampiezza delle spalle e del busto, già adulte. Dal modo in cui sedeva, curvo su se stesso, doveva essere alto. Stava in un gruppo di giovani come fosse solo. Proprio accanto a lui una ragazza ogni tanto gli parlava, o gli domandava qualcosa, e così anche gli altri. Rispondeva distratto, volgendo appena il capo, senza mai entrare per primo nel discorso.
Nemmeno io ero sola; con me c’erano mia sorella e la piccola Francesca, mia figlia.
Paolo era molto impegnato a non perdermi d’ occhio, con lo sguardo sempre incollato su di me. Non potevo alzarmi, sedermi, bere, o fare qualsiasi altra cosa senza sentirmi sempre al centro della sua attenzione. Se ridevo lo faceva anche lui, se parlavo cercava di capire cosa stessi dicendo. Non credo comprendesse le mie parole come io le sue: la distanza tra di noi non lo permetteva.
Avevo ventinove anni e nessun uomo eterosessuale mi guardava con indifferenza; abituata all’attenzione maschile, la ignoravo senza nemmeno rendermene conto.
Con Paolo no, non era possibile.
A rompere il muro della mia indifferenza fu proprio quell’accanimento manifesto. Con tutta l’ammirazione possibile, pur senza indulgere a sottintesi sessuali, non nascondeva il suo interesse, anzi ne cercava l’assenso in modo palese
Foudre,
Carlotta Campo è l’io narrante che scrive, per uno
sconosciuto, l’ouverture del suo amore
con Paolo Cardinale.
A pensarci adesso ― dopo tanto tempo ― ora che la prospettiva dei sentimenti mi ha dato modo di separare il reale dall’immaginario, dopo aver tolto, come per un restauro, tutte le sovrapposizioni e le vernici fittizie, quello che ho rinvenuto ha i precisi connotati dell’amore a prima vista nella sua accezione più normale.
Ma, a volte, le cose prendono una forma stupefacente. Con questo non intendo dire che sia eccezionale che un ragazzo “ci provi” con un paio di turiste in cerca di compagnia. Si dà persino il caso che lui possa averle entrambe.
In genere è il termine “avventura” a definire questo rapporto introducendolo tra le azioni occasionali.
L’avventura” ― prima della “scopata senza cerniera” di Erica Yong, avanti che le femministe la stigmatizzassero come un affare di sesso ― è sempre stata un ibrido, perché la sua natura è composta. In effetti, insieme al mero piacere fisico, si uniscono comunque i sentimenti, poco o tanto a seconda dei casi.
Ebbene, l’avventura, il rapporto occasionale, la storia ― le definizioni, anche nel remoto, sono innumerevoli ― é sempre un oggetto del tipo usa e getta.
Per noi invece ― Paolo e me intendo ― fu differente poiché niente di ciò che ci siamo dati è andato perduto.
Non sto parlando di amore eterno, perché ammesso che esista, non lo conosco. Sto parlando di amore, questo si.
L’Amore condiviso lo conosco bene, perché è ciò che ho provato con lui. E’ la dimensione dove tutti i desideri sono forze congiunte dove il prima e il dopo sono una matassa di coincidenze.
Momenti inafferrabili, quelli dell’amore, ma reali; veri tanto da portare gli amanti a trasformare il medesimo sogno in un’esperienza perfetta; come solo un sogno può essere.
Vi domando: “Possono tracce invisibili trasformare la nostra esistenza? Possono metterci in contatto con altri universi?
Secondo me è possibile, e voi che cosa ne pensate?
Da “Tracce Invisibili di Universi Paralleli”: Febbraio - Maggio 1969: Torino, come Pinocchio
Non poteva crederci ma stava succedendo proprio a lei, Carlotta Campo. Adesso c’era chi la portava avanti e indietro; a scuola e in vacanza e avrebbe voluto tenerla con se giorno e notte come la sua giacca, la sua borsa, il suo fiore. Si perché non sarebbe passato molto e lei si sarebbe sentita il fiore all’occhiello di Antonio; di più, il suo colpo di fortuna.“Sono geloso anche dei fiori che stai raccogliendo”, le disse un giorno a Pino d’Asti. Erano sulla collina appena fuori dal parco, dove le margherite invadevano copiose il prato. La ragazza l’aveva guardato muta, con i fiori ancora tra le mani; aveva scosso il capo felicemente incredula - era convinta di non piacere a nessuno e che nessuno potesse innamorarsi di lei - e invece. “Sono pazzo di te Carlotta, non te ne accorgi? Dipendo dai tuoi begli occhi come un tossico dalla droga; se mi lasci - anche solo per un po’ - al ritorno mi trovi morto stecchito”. Carlotta aveva preso un vezzo da bambina e si era resa conto che stava facendo la civetta: “Proprio come la fatina dai capelli turchini trovò Pinocchio?”. “Certo e avrò anch’io un biglietto al collo e sopra ci sarà scritto: morto per essere stato troppo tempo lontano da Carlotta Campo”. Anche a lei pareva di non aver un braccio o una gamba quando non stavano insieme anzi, era come se fosse lei medesima il braccio o la gamba di Antonio. Lo amo? si chiedeva, certo era la risposta. Ma aveva deciso di amarlo perché aveva bisogno di lui, o lo amava e per questo motivo aveva bisogno di lui? Dio che confusione! Lei - comunque - doveva essere di qualcuno; desiderava appartenere ad un ragazzo come un bambino anela appartenere ai genitori. E invece si era sempre sentita una barca abbandonata che va alla deriva. Solo sapendosi di un’altro trovava se stessa. Carlotta Campo la ragazza di…; era questa l’espressione del desiderio. Ma dopo la preposizione c’erano sempre solo dei puntini, tutt’al più un nome provvisorio. Lei non era mai la titolare, al massimo una supplente, una tappa buchi. La giovane donna soffriva un male che la prostrava, gli aveva anche dato un nome: anemia della mente; questo è il tuo dolore diceva a se stessa sentendosi un clone, una copia, un involucro vuoto. Poi era arrivato Antonio. Adesso c’è - esiste - chi mi vuole davvero aveva pensato. Eppure la questione non finiva lì e non era nemmeno tanto semplice da sistemare. Perché lo fosse, lei avrebbe dovuto trovare la chiave della scatola cinese che era in lei e le combinazioni dei comparti da matriosca del pensiero che continuava a tormentarla.
In uno spazio dove le date sono soltanto cifre, la storia di tre famiglie si apre a ventaglio nell'arco di cent'anni. Legate tra loro come le tessere di un mosaico le immagini si avvicendano: rifugi antiaerei smantellati dalla ricostruzione, primi passi sulla luna, Vietnam, piazza Fontana, picchetti, cortei, navi in rotta verso i Caraibi.
In realtà, a caratterizzare il romanzo è ciò che si trova dietro la storia: un concetto a metà tra la scienza e la metafisica. Il romanzo, costruito con riferimenti espliciti alle scatole cinesi, rivela l’imponderabilità del percorso e l’imprevedibilità di ogni epilogo, quando un percorso si conclude.
Incipit dal romanzo: "Tracce Invisibili di Universi Paralleli":[/B
Nel “grande quadro”, dove il tempo non esiste, “la realtà si concretizza in una moltitudine di configurazioni reali legate tra loro in statica perfezione”, dice la nuova fisica. E le persone, gli oggetti, i sentimenti rappresentano gli artefici dei cambiamenti che riempiono le tessere di un mosaico. Cambiamenti che, seguendo percorsi precisi, ruotano intorno al filo conduttore di ciascuna vicenda per restringersi via via e raggiungere infine quell’obiettivo che nessuno può immaginare prima che accada. Secondo il linguaggio che intende i mutamenti come causa effetto, si tratta dei coni temporali “principe”, “remoto” e “intermedio”.
Al centro, a comporre gli innumerevoli fotogrammi della tessera, sta ciascuno degli elementi in grado di produrre sentieri che portino ai differenti punti dell’intorno.
La prima tessera del “grande quadro” appartiene al cono temporale “principe”, chiamato così poiché le vicende si susseguono dal prologo all’epilogo. E’ l’ottobre del 1993 e il secondo millennio sta per concludersi; il pianeta vive un momento difficile. Fatti inspiegabili si compiono ogni giorno e solo a posteriori, attraverso la ragnatela delle relazioni umane, è possibile comprenderne le ragioni. Carlotta Campo una ex studentessa sessantottina, divenuta suo malgrado “La donna della domenica” con un matrimonio ormai concluso, è l’amante di Paolo Cardinale. Paolo è desaparecidos da un anno e i Cardinale, secondo la Campo, continuano ad escluderla dal gioco.
Intervista con l'autore
Riporto in questa pagina le mie risposte al thread: "Intervista con l'autore":
Salve, lieta di colloquiare con voi.
Ecco le mie risposte:
1.Hai scritto il libro con carta e penna oppure al computer? Prima con carta e penna e poi al computer.
2.Ritieni indifferente scriverlo con carta e penna o usando un computer? La prima stesura è veloce e molto spontanea, pertanto si presta a carta e penna. Successivamente subentra un po' di tecnica e arriva il computer.
3.Hai mai riletto completamente e senza saltare nessuna pagina una copia stampata e rilegata (come sarà nelle mani dei lettori) del tuo libro? Sì, ho impiegato più tempo del dovuto, cercando un'identità con un lettore che per motivi contingenti è costretto a leggere utilizzando piccoli spazi temporali.
4.Un giudizio negativo e pesante sul tuo libro lo vedi come una martellata che ti ferisce o come una spinta che ti stimola? Entrambe le cose.
5.Quali sono gli autori e i romanzi che pensi ti abbiano dato ispirazione? Sono molti e compariranno nel sito che sto costruendo alla voce bibliografia. Comincio dal più importante: Julian Barbour " La fine del tempo". Poi: Fritjof Capra
Il Tao della fisica, Erasmo da Rotterdam: "Elogio della follia" e molti altri.
6.A chi fai leggere le bozze del tuo romanzo, man mano che lo scrivi? In prima lettura a mia figlia Elena e successivamente a persone differenti, sino ad arrivare all'editor ufficiale. Il motivo di questa variegata scelta sta nel fatto che intendo comprendere come avviene la "comunicazione" con il lettore e quali immagini e sensazioni suscita il libro, ma questa è semlpicemente una verifica in quanto ciò che intendo trasferire al lettore è l'immaginario e i modelli che ho creato.
7.Qual è stata la molla che ti ha spinto a scrivere questo libro? Rispondere in qualche modo alla seguente domanda sul tempo: "E' il futuro a costruire il passato e non viceversa?"
8.Leggi ad alta voce quello che scrivi per sentire se suona bene quando viene letto? Tavolta è successo.
9.Prendi ispirazione da fatti della vita quotidiana? Dai modelli che la realtà mi offre, a tal punto che il personaggio completamente inventato, altro non è che una costruzione di modelli reali.
10.L'ispirazione si basa su fatti successi a te o magari su qualcosa vista per caso camminando per strada? Direi entrambe le cose.
11.Quando inizi a scrivere, immagini mai il tuo libro già con copertina, foto di copertina..insomma, già bell'e pronto da comprare? Francamente no.
12.Pensi mai alle reazioni dei lettori vedendo il tuo libro sullo scaffale? Francamente sì.
13.Quando hai iniziato a scrivere le pagine del tuo libro, avevi già un'idea di dove volevi arrivare o la storia si è costruita con il tempo? Dentro di me certamente c'era il romanzo così come potete leggerlo, ma per costruirlo ho dovuto a lungo scavare così come fa uno scultore sul marmo.
14.Il tuo libro parla di un argomento ben definito. Perchè scegli questo piuttosto che un altro? Esiste sì un argomento principe, ma dal momento che il mio è un romanzo corale differenti e variegati sono gli spunti.
15.Qual è la la molla che spinge una persona a passare da fruitore delle opere altrui (presumo che ogni scrittore prima di diventare tale e anche dopo sia un grande lettore) a creatore di opere? Devo dire che questa molla esiste o non esiste, se esiste viene fuori spontaneamente come la voce di un cantante, comunque sia. Chi scrive ha bisogno di scrivere.
16.Perchè hai scritto il tuo primo libro? Perchè scrivo da sempre ed è un piacere.
Ecco i personaggi salienti del mio romanzo attorno ai quali la fabula si dipana.
Essi sono presenti nei differenti coni temporali.
Carlotta Campo ex "donna della domenica" :
10 Settembre 1993: Torino Palazzo nuovo, “turista per caso”
A dirla chiara e senza tanti fronzoli, Carlotta Campo per Paolo Cardinale era un peccato, una debolezza della quale forse non riusciva a liberarsi; ma neppure questo era vero, aveva finito per concludere lei. In fondo, perché liberarsi di un piacere, sia pure poco edificante, se nessuno ne è a conoscenza? Qualcosa che costa così poco mantenere: giusto la benzina, il biglietto dell’autostrada e qualche telefonata; perché c’era sempre casa sua come albergo. Era sufficiente non parlarne con nessuno, farla diventare un gioco senza importanza, trasformarla in qualcosa che veniva negato in continuazione.
L’ufficio dell’architetto Carlotta Campo era in Via Po, davanti alla chiesa dell’Annunziata, a due passi da “Palazzo Nuovo”; il prestigioso progetto di Levi Montalcini che, a dispetto del nome, da trent’anni accoglieva le facoltà letterarie della città. Quel giorno di settembre, Giovanna Passanti aveva un appuntamento proprio là con la figlia Luciana, iscritta alla facoltà di Scienze Politiche. Prima, però, era passata in studio dall’amica, che si era concessa una pausa.
Le due donne avevano preso un caffè davanti al cinema Faro e poi si erano avviate alla facoltà, per sedersi al sole sulla scalinata e tenere d’occhio l’ingresso principale. Presto, i loro discorsi era andati a Paolo.
<<il mio turista per caso>> aveva detto Carlotta.
<<perché lo chiami così? Per quale motivo hai preso in prestito il titolo da Simenon?>>.
<<perché ormai sono vent’anni che mi visita per caso …>>.
Paolo Cardinale (dai ricordi di Carlotta):
Vidi Paolo per la prima volta nel settembre del '74 ― il giorno francamente non lo ricordo ― al caffè delle Guide di Courmayeur.
Lui era un bel ragazzo, bruno d’occhi e di capelli. Nel suo volto le tracce dell’infanzia contrastavano con l’ampiezza delle spalle e del busto, già adulte. Dal modo in cui sedeva, curvo su se stesso, doveva essere alto. Stava in un gruppo di giovani come fosse solo. Proprio accanto a lui una ragazza ogni tanto gli parlava, o gli domandava qualcosa, e così anche gli altri. Rispondeva distratto, volgendo appena il capo, senza mai entrare per primo nel discorso.
Nemmeno io ero sola; con me c’erano mia sorella e la piccola Francesca, mia figlia.
Paolo era molto impegnato a non perdermi d’ occhio, con lo sguardo sempre incollato su di me. Non potevo alzarmi, sedermi, bere, o fare qualsiasi altra cosa senza sentirmi sempre al centro della sua attenzione. Se ridevo lo faceva anche lui, se parlavo cercava di capire cosa stessi dicendo. Non credo comprendesse le mie parole come io le sue: la distanza tra di noi non lo permetteva.
Avevo ventinove anni e nessun uomo eterosessuale mi guardava con indifferenza; abituata all’attenzione maschile, la ignoravo senza nemmeno rendermene conto.
Con Paolo no, non era possibile.
A rompere il muro della mia indifferenza fu proprio quell’accanimento manifesto. Con tutta l’ammirazione possibile, pur senza indulgere a sottintesi sessuali, non nascondeva il suo interesse, anzi ne cercava l’assenso in modo palese
Foudre,
Carlotta Campo è l’io narrante che scrive, per uno
sconosciuto, l’ouverture del suo amore
con Paolo Cardinale.
A pensarci adesso ― dopo tanto tempo ― ora che la prospettiva dei sentimenti mi ha dato modo di separare il reale dall’immaginario, dopo aver tolto, come per un restauro, tutte le sovrapposizioni e le vernici fittizie, quello che ho rinvenuto ha i precisi connotati dell’amore a prima vista nella sua accezione più normale.
Ma, a volte, le cose prendono una forma stupefacente. Con questo non intendo dire che sia eccezionale che un ragazzo “ci provi” con un paio di turiste in cerca di compagnia. Si dà persino il caso che lui possa averle entrambe.
In genere è il termine “avventura” a definire questo rapporto introducendolo tra le azioni occasionali.
L’avventura” ― prima della “scopata senza cerniera” di Erica Yong, avanti che le femministe la stigmatizzassero come un affare di sesso ― è sempre stata un ibrido, perché la sua natura è composta. In effetti, insieme al mero piacere fisico, si uniscono comunque i sentimenti, poco o tanto a seconda dei casi.
Ebbene, l’avventura, il rapporto occasionale, la storia ― le definizioni, anche nel remoto, sono innumerevoli ― é sempre un oggetto del tipo usa e getta.
Per noi invece ― Paolo e me intendo ― fu differente poiché niente di ciò che ci siamo dati è andato perduto.
Non sto parlando di amore eterno, perché ammesso che esista, non lo conosco. Sto parlando di amore, questo si.
L’Amore condiviso lo conosco bene, perché è ciò che ho provato con lui. E’ la dimensione dove tutti i desideri sono forze congiunte dove il prima e il dopo sono una matassa di coincidenze.
Momenti inafferrabili, quelli dell’amore, ma reali; veri tanto da portare gli amanti a trasformare il medesimo sogno in un’esperienza perfetta; come solo un sogno può essere.
Vi domando: “Possono tracce invisibili trasformare la nostra esistenza? Possono metterci in contatto con altri universi?
Secondo me è possibile, e voi che cosa ne pensate?
Da “Tracce Invisibili di Universi Paralleli”: Febbraio - Maggio 1969: Torino, come Pinocchio
Non poteva crederci ma stava succedendo proprio a lei, Carlotta Campo. Adesso c’era chi la portava avanti e indietro; a scuola e in vacanza e avrebbe voluto tenerla con se giorno e notte come la sua giacca, la sua borsa, il suo fiore. Si perché non sarebbe passato molto e lei si sarebbe sentita il fiore all’occhiello di Antonio; di più, il suo colpo di fortuna.“Sono geloso anche dei fiori che stai raccogliendo”, le disse un giorno a Pino d’Asti. Erano sulla collina appena fuori dal parco, dove le margherite invadevano copiose il prato. La ragazza l’aveva guardato muta, con i fiori ancora tra le mani; aveva scosso il capo felicemente incredula - era convinta di non piacere a nessuno e che nessuno potesse innamorarsi di lei - e invece. “Sono pazzo di te Carlotta, non te ne accorgi? Dipendo dai tuoi begli occhi come un tossico dalla droga; se mi lasci - anche solo per un po’ - al ritorno mi trovi morto stecchito”. Carlotta aveva preso un vezzo da bambina e si era resa conto che stava facendo la civetta: “Proprio come la fatina dai capelli turchini trovò Pinocchio?”. “Certo e avrò anch’io un biglietto al collo e sopra ci sarà scritto: morto per essere stato troppo tempo lontano da Carlotta Campo”. Anche a lei pareva di non aver un braccio o una gamba quando non stavano insieme anzi, era come se fosse lei medesima il braccio o la gamba di Antonio. Lo amo? si chiedeva, certo era la risposta. Ma aveva deciso di amarlo perché aveva bisogno di lui, o lo amava e per questo motivo aveva bisogno di lui? Dio che confusione! Lei - comunque - doveva essere di qualcuno; desiderava appartenere ad un ragazzo come un bambino anela appartenere ai genitori. E invece si era sempre sentita una barca abbandonata che va alla deriva. Solo sapendosi di un’altro trovava se stessa. Carlotta Campo la ragazza di…; era questa l’espressione del desiderio. Ma dopo la preposizione c’erano sempre solo dei puntini, tutt’al più un nome provvisorio. Lei non era mai la titolare, al massimo una supplente, una tappa buchi. La giovane donna soffriva un male che la prostrava, gli aveva anche dato un nome: anemia della mente; questo è il tuo dolore diceva a se stessa sentendosi un clone, una copia, un involucro vuoto. Poi era arrivato Antonio. Adesso c’è - esiste - chi mi vuole davvero aveva pensato. Eppure la questione non finiva lì e non era nemmeno tanto semplice da sistemare. Perché lo fosse, lei avrebbe dovuto trovare la chiave della scatola cinese che era in lei e le combinazioni dei comparti da matriosca del pensiero che continuava a tormentarla.
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