Dorn, Wulf - Phobia

Reid

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Phobia, la paura della paura, la peggiore delle paure, una paura cosi generica che non ti rendi conto di aver paura.

È proprio di questo che tratta l’ultima opera di Dorn, mette in evidenza come noi tutti, chiunque noi siamo, a qualsiasi ceto sociale noi apparteniamo, nel momento in cui questo sentimento si prende possesso di noi, diventiamo vulnerabili e poco responsivi a quello che ci circonda.

La protagonista, Sarah, donna di grande successo sia a livello lavorativo, sia a livello personale e famigliare, inizia il suo percorso di distruzione della sua vita per colpa di questa paura, una paura sconosciuta che in poco tempo rovina e logora quello che ha costruito in tutta la sua vita.
Solo con l’aiuto di un uomo, un uomo di nome John che anch’esso prima di essere coinvolto in un fatto tragico avvenuto nella realtà (non sto a specificare per non spoilerare il tutto),aveva una vita normale e soddisfacente, si trova successivamente, per un fattore patologico ed estetico, a diventare un “morto che cammina”; John di Dorn diventa il john kramer (detto Saw) del racconto (notare come Dorn abbia usato lo stesso nome e la stessa motivazione di catarsi dell’anima del personaggio, non vorrei che non fosse un caso).

Per un fatto puramente casuale le vite di queste due persone si incroceranno e diventeranno uno indispensabili per l’altro, naturalmente per diverse motivazioni.

Solo grazie alla spietatezza, pseudo-malvagità e al nativo cinismo verso la morte, John “aiuterà” Sarah ad uscire della sua Phobia, mostrandogli realmente cosa fosse la sua vita apparentemente perfetta.

In Phobia ritorna il nostro amico Mark, anch’esso per questioni fortuite e quasi oniriche, rientra in contatto con Sarah, vecchia compagna di scuola; il suo compito nella storia sarà quella di analizzare il comportamento e la mente del nostro John, per aiutare Sarah ad uscire da alcune situazioni pericolose.

Dorn, oltre a sottolineare l’importanza della vita davanti alla morte, prende in considerazione l’importanza dell’amore e del rispetto verso essa, che dobbiamo avere quotidianamente; con fatti descritti in modo brutale, ci manda un messaggio quasi filosofico di questo enorme sentimento; personalmente in alcune situazioni della storia, mi sono ritrovato a riflettere sulla mia vita personale.

Il nostro Dorn sta cambiando, sta abbandonando a poco a poco la sua scrittura e metodologia da psico-thriller e si sta omologando a tutti i suoi colleghi di gialli; sta abbandonando la sua scrittura che ti lancia in un vortice di turbe psichiche, che nel momento in cui ne vieni a capo, rimani basito solo del fatto di come lo scrittore possa aver pensato a ciò (Es: La psichiatra).

Con questo non voglio assolutamente dire che la sua ultima opera non sia interessante, travolgente e ricca di sorprese, anche perché dalla sua ultima opera (Il mio cuore cattivo) Dorn è riuscito tramite la sua scrittura, a riconquistare la suspance e l’attesa che logora la psiche del lettore e aumenta la sua voglia di continuare a leggere.

Nella sua ultima opera Dorn ha preso in considerazione parecchie tematiche della nostra vita, parecchie paure che riguardano tutti noi e ha inserito in gran parte della sua opera, una morale dedicata all’Amore, che mai precedentemente aveva fatto.

Personalmente ritengo che determinate tematiche riguardanti la vita, sono stati utilizzate in modo non adeguato, ma probabilmente gli sono servite come collegamenti per i personaggi.

Detto ciò, non posso non consigliare questa lettura, soprattutto per chi è patito di Dorn ed è rimasto deluso da “il mio cuore cattivo”.

Ps: in questi giorni gli scriverò per sapere se ce qualche collegamento tra il suo John e il John di James Wan (http://it.wikipedia.org/wiki/Jigsaw_(personaggio); nel caso in cui mi rispondesse, vi informerò della risposta :)
 
G

Gabriel

Guest
Phobia, la paura della paura, la peggiore delle paure, una paura cosi generica che non ti rendi conto di aver paura.

È proprio di questo che tratta l’ultima opera di Dorn, mette in evidenza come noi tutti, chiunque noi siamo, a qualsiasi ceto sociale noi apparteniamo, nel momento in cui questo sentimento si prende possesso di noi, diventiamo vulnerabili e poco responsivi a quello che ci circonda.

La protagonista, Sarah, donna di grande successo sia a livello lavorativo, sia a livello personale e famigliare, inizia il suo percorso di distruzione della sua vita per colpa di questa paura, una paura sconosciuta che in poco tempo rovina e logora quello che ha costruito in tutta la sua vita.
Solo con l’aiuto di un uomo, un uomo di nome John che anch’esso prima di essere coinvolto in un fatto tragico avvenuto nella realtà (non sto a specificare per non spoilerare il tutto),aveva una vita normale e soddisfacente, si trova successivamente, per un fattore patologico ed estetico, a diventare un “morto che cammina”; John di Dorn diventa il john kramer (detto Saw) del racconto (notare come Dorn abbia usato lo stesso nome e la stessa motivazione di catarsi dell’anima del personaggio, non vorrei che non fosse un caso).

Per un fatto puramente casuale le vite di queste due persone si incroceranno e diventeranno uno indispensabili per l’altro, naturalmente per diverse motivazioni.

Solo grazie alla spietatezza, pseudo-malvagità e al nativo cinismo verso la morte, John “aiuterà” Sarah ad uscire della sua Phobia, mostrandogli realmente cosa fosse la sua vita apparentemente perfetta.

In Phobia ritorna il nostro amico Mark, anch’esso per questioni fortuite e quasi oniriche, rientra in contatto con Sarah, vecchia compagna di scuola; il suo compito nella storia sarà quella di analizzare il comportamento e la mente del nostro John, per aiutare Sarah ad uscire da alcune situazioni pericolose.

Dorn, oltre a sottolineare l’importanza della vita davanti alla morte, prende in considerazione l’importanza dell’amore e del rispetto verso essa, che dobbiamo avere quotidianamente; con fatti descritti in modo brutale, ci manda un messaggio quasi filosofico di questo enorme sentimento; personalmente in alcune situazioni della storia, mi sono ritrovato a riflettere sulla mia vita personale.

Il nostro Dorn sta cambiando, sta abbandonando a poco a poco la sua scrittura e metodologia da psico-thriller e si sta omologando a tutti i suoi colleghi di gialli; sta abbandonando la sua scrittura che ti lancia in un vortice di turbe psichiche, che nel momento in cui ne vieni a capo, rimani basito solo del fatto di come lo scrittore possa aver pensato a ciò (Es: La psichiatra).

Con questo non voglio assolutamente dire che la sua ultima opera non sia interessante, travolgente e ricca di sorprese, anche perché dalla sua ultima opera (Il mio cuore cattivo) Dorn è riuscito tramite la sua scrittura, a riconquistare la suspance e l’attesa che logora la psiche del lettore e aumenta la sua voglia di continuare a leggere.

Nella sua ultima opera Dorn ha preso in considerazione parecchie tematiche della nostra vita, parecchie paure che riguardano tutti noi e ha inserito in gran parte della sua opera, una morale dedicata all’Amore, che mai precedentemente aveva fatto.

Personalmente ritengo che determinate tematiche riguardanti la vita, sono stati utilizzate in modo non adeguato, ma probabilmente gli sono servite come collegamenti per i personaggi.

Detto ciò, non posso non consigliare questa lettura, soprattutto per chi è patito di Dorn ed è rimasto deluso da “il mio cuore cattivo”.

Ps: in questi giorni gli scriverò per sapere se ce qualche collegamento tra il suo John e il John di James Wan (http://it.wikipedia.org/wiki/Jigsaw_(personaggio); nel caso in cui mi rispondesse, vi informerò della risposta :)

Grazie. Mi hai dato un ottimo consiglio di lettura e la tua è un'ottima recensione.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
E’ il meno psicologico e, a mio parere, il meno avvincente fra i thriller di Wulf Dorn che ho letto finora, ma non per questo è meno bello! E’ la storia della giovane Sarah e di suo figlio Harvey, che in una fredda notte di dicembre si ritrovano in casa uno sconosciuto con il viso sfregiato da orribili cicatrici. L’uomo è entrato in casa con le chiavi di Stephen, il marito di Sarah, partito quel pomeriggio per un viaggio di lavoro; l’uomo indossa i suoi vestiti, ha la sua valigia e la sua macchina, dice di essere Stephen e conosce la quotidianità di Sarah ed Harvey come se avesse sempre vissuto con loro. Da questo momento per Sarah cominceranno giorni di terrore, incertezza, paura. E’ proprio questa paura che è al centro dell’intera storia, la paura che viene dal passato e che, dal giorno in cui si è dimessa dalla casa editrice in cui lavorava, segue Sarah come un’ombra: è la paura di fallire, di non essere all’altezza. Ed è proprio questa paura che lo sconosciuto con le cicatrici vuole combattere, anche se Sarah ancora non lo sa. Ora è spaventata per sé e per il figlio e vuole ad ogni costo trovare suo marito. La polizia, però, non le crede e l’unica persona che può aiutarla è il suo amico d’infanzia, lo psichiatra Mark Berendt, che da sempre ha un’attitudine naturale a capire le persone. Casualmente anche lui è a Londra, venuto dalla Germania per il funerale del suo relatore, ma quando Sarah lo cerca per chiedergli aiuto scopre che anche lui ha subito un’esperienza traumatica dalla quale fatica ad uscire. Mark, infatti, può capire benissimo, meglio di chiunque altro, cosa si prova quando uno sconosciuto entra d’improvviso nella tua vita e ti ruba la tranquillità.
Chi ha letto “la psichiatra” ricorderà certamente l’anticonformista dottor Mark Berendt, in servizio alla Walt Klinik; lo ritroviamo in questo romanzo con più esperienze e più turbamenti. Cambio di ambientazione, dunque, per Dorn che dalla grigia Germania si sposta nella piovosa Londra per una storia altrettanto intricata ed apparentemente inspiegabile. Qui, al contrario dei libri precedenti, non abbiamo una vera e propria devianza psichica, ma “solo” l’ossessione di uno sconosciuto che definire “pazzo” sarebbe troppo banale: come ci insegna Dorn, infatti, bisogna sempre chiedersi il perché delle azioni che ci sembrano folli ed indagare nel profondo dell’animo umano per capirne il significato. Ma questo è soprattutto un libro che affronta le paure, quelle ataviche che si annidano dentro ognuno di noi e che inesorabilmente condizionano la nostra vita. E poi ci sono anche le paure sociali, quelle che ci impediscono di guardare con serenità un volto deturpato, quelle che minano la nostra tranquillità, i nostri equilibri sempre precari, quelle che non accettiamo perché sarebbe troppo duro sopportarne le conseguenze…
Anche in “Phobia” Dorn fa un’analisi a tutto tondo della psiche umana e delle sue mille sfaccettature. Sebbene, come anticipavo all’inizio, mi sia sembrato il meno avvincente tra i thriller di quest’autore, probabilmente per alcune lunghe digressioni che avrei evitato, “phobia” non è meno affascinante e profondo: ancora una volta Dorn ci mostra che la verità può essere più complessa di quanto immaginiamo e che dietro ad ogni azione possono celarsi i motivi più disparati, ma comunque un motivo c’è sempre e spetta a noi ricercarlo.
Ad ogni modo, bello… consigliato.
 
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