Il film SELMA racconta il breve periodo della vita di Martin Luther King e delle lotte per il diritto al voto dei cittadini neri nel sud degli USA risalente al marzo 1965.
Sebbene il diritto al voto fosse stato sancito dal Civil Right Act del 1960, nella pratica ogni stato aveva una propria regolamentazione sull’iscrizione alle liste elettorali, che di fatto - negli stati del sud- impediva l’accesso degli afroamericani alle urne. Infatti erano richiedesti standard culturali troppo elevati, inoltre era necessaria la garanzia di cittadini bianchi per essere ammessi alle liste elettorali, e se ciò non fosse stato sufficiente c’erano la violenza e le intimidazioni. (In seguito agli episodi del 1964 che vengono narrati nel film il presidente Johnson favorì l’emanazione del “ Civil Rights Act” del 1964 che rese illegali la discriminazione razziale e la segregazione anche negli stati del sud.)
Nel film la regista evidenzia il lato intimo e sofferto delle scelte di MLK che, coerente con la propria scelta della non violenza, cerca di negoziare con il presidente una politica di apertura nei confronti della popolazione afroamericana.
Il presidente, pur rispettandolo ed ammirandolo, anche a causa del premio Nobel conferito a MLK l’anno precedente, tergiversa e offre solo obiettivi minori, come la lotta alla segregazione, che però senza il diritto di voto resta un diritto solo sulla carta.
Il lato ambivalente di Johnson viene messo in risalto dai suoi colloqui con il direttore dell’FBI, J.Edgar Hoover, che con la connivenza dello stesso presidente spia e controlla Martin Luther King anche nel privato e perfino nell’intimità.
Il reverendo King dal canto suo vive molte difficoltà: l’atteggiamento competitivo degli studenti neri del sud che rivendicano l’egemonia delle lotte, l’opposto atteggiamento dell’altro leader, Malcom X, che con le sue pantere nere predica la violenza, e perfino una latente crisi coniugale.
La prima marcia non violenta sul ponte, che collega Selma a Montgomery, sul fiume Alabama, il 7 marzo 1965, si conclude con inaudite violenze da parte della polizia, che causano maltrattamenti a moltissime persone e numerosi feriti gravi.
Un risultato importante è però il coinvolgimento emotivo di tutta la popolazione americana “bianca”, che di fronte alle scene terribili mostrate dalla televisione comincia a interessarsi a queste lotte e a indignarsi per il comportamento della polizia, arrivando in alcuni casi perfino ad unirsi alle manifestazioni.
La situazione è ad un momento di svolta, uno di quei momenti in cui davvero “si fa la storia”.
In tutto questo, Martin Luther King si rivela innanzitutto un grande politico che sa quando mediare, quando fermarsi e quando tornare indietro, come in effetti fa il 9 marzo in occasione della seconda marcia sul ponte che da Selma conduce a Montgomery: una scelta che confonde e rende perplessi perfino i suoi seguaci, che però concludono che <<un grande politico in certi momenti si fa guidare dalle sue intuizioni>>.
Il leader dialoga, organizza, fa piani, ma l’uomo Martin non smette mai di soffrire per i morti che la lotta lascia sul campo, per il proprio rapporto coniugale incrinato dai sacrifici enormi e dalle lunghe separazioni; egli intimamente intuisce la propria fine, ma accetta il compito che si è prefisso senza pretendere di essere un eroe, senza prefigurarsi successi definitivi, ma compiendo passo dopo passo quello che sente essere il proprio dovere e il proprio destino.
In seguito allo scalpore mediatico suscitato dagli incidenti del 7 marzo il presidente Johnson decide di non poter più tergiversare e firma la legge per il diritto di voto. Inoltre, nel mutato clima generale, mercoledì 17 marzo, il giudice federale Frank Minis si esprime in favore dei manifestanti, autorizzandoli a portare a compimento la marcia, come sancito dal Primo emendamento della Costituzione statunitense.
Domenica 21 marzo 1965 si tiene così la terza marcia verso Montgomery, alla quale partecipano - come storicamente accertato - circa 3200 manifestanti, e che si conclude con un discorso di Martin Luther King.
Questi eventi vengono raccontati nel film attraverso scene che non eludono i momenti intensi o violenti ma nemmeno li enfatizzano, lasciando allo spettatore (e alle sue convinzioni e simpatie) la libertà di indignarsi e commuoversi o assistere semplicemente ad una efficace e coinvolgente ricostruzione di quella fatidica primavera del 1965.