Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro-genito Gagliardi de Curtis di Bisanzio,[2] (brevemente Antonio de Curtis) (Napoli, 15 febbraio 1898 – Roma, 15 aprile 1967), è stato un artista italiano. Attore simbolo dello spettacolo comico in Italia, soprannominato «il principe della risata», è considerato, anche in virtù di alcuni ruoli drammatici, uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema italiani.[3][4][5][6][7][8] Si distinse anche al di fuori della recitazione, lasciando contributi come drammaturgo, poeta, paroliere, cantante.
Maschera nel solco della tradizione della commedia dell'arte, accostato a comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin,[14][15][16][17] ma anche ai fratelli Marx e a Ettore Petrolini.[16][18] In quasi cinquant'anni di carriera spaziò dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari), lavorando con molti tra i più noti protagonisti dello spettacolo italiano e arrivando a sovrastare con numerosi suoi film i record d'incassi.[19][20] Adoperò una propria unicità interpretativa, che risaltava sia in copioni puramente brillanti sia in parti più impegnate, sulle quali si orientò soprattutto verso l'ultima fase della sua vita, che concluse in condizioni di quasi cecità a causa di una grave forma di corioretinite, probabilmente aggravata dalla lunga esposizione ai fari di scena.[21] Spesso stroncato dalla maggior parte dei critici cinematografici, fu ampiamente rivalutato dopo la morte,[13][22] tanto da risultare ancor oggi il comico italiano più popolare di sempre.[23]
Questo umano senza saperlo era davvero un animalista. In tutti i sensi.
Forse non tutti sanno che Totò, nel 1965 fece costruire a Roma un canile, “L'Ospizio dei Trovatelli”, moderno e attrezzato.
Spese ben 45 milioni di lire.
Aveva sempre avuto l'abitudine di andare a far visita ai cani ospitati in canili, li visitava a turno, sostenendoli economicamente. Si faceva accompagnare sempre da qualcuno, perché Totò era quasi completamente cieco. Finché nel 1965 decise di far costruire lui stesso un canile vicino Roma, che chiamò “L'ospizio dei Trovatelli”, dove venivano ospitati cani malati o feriti: si trattava di ben 220 cani.