James, Henry - Il giro di vite

fabiog

New member
Ho letto questo racconto lungo o romanzo breve, tra i più famosi di James, all'interno di un antologia che raccoglie i racconti di fantasmi dell'autore americano. Non lo considero tra i migliori, ma riesce comunque a creare un atmosfera di tensione e tenebrosa. Sicuramente gioca a favore di questa atmosfera il fatto che la storia coinvolga due bambini e che l'autore giochi sul creare il mistero se i bambini vedano effettivamente i fantasmi e ne siano complici, oppure siano solo vittime della loro istitutrice.
Effettivamente la figura della giovane è , a mio parere, inquietante. Solo lei vede i fantasmi e cerca poi di forzare Flora e Miles ad ammettere di vederli, i fantasmi stessi potrebbero essere una proiezione della malvagità dell'istitutrice e il vero orrore del racconto stà nel pensare a questi ragazzini in mano ad un adulto del genere.
L'aspetto bello di questo racconto stà proprio in questo dubbio che l'autore riesce a creare , su chi sia effettivamente il malvagio ; la parte che invece ho trovato negativa è un pò troppa prolissità .
 

Nerst

enjoy member
Il racconto è davvero oscuro con tutte le apparizioni e le figure che si avvicendano nel libro. Mi è piaciuta l' introduzione che vede l' inizio della storia come un racconto scritto di primo pugno dalla protagonista, ma poi il tutto diventa ambiguo. Lo scrittore lascia molto al lettore l' immaginazione persino di un finale diverso. Almeno a me sta capitando così, penso ad un possibile seguito. Le figure dei bambini le ho trovate a dir poco spaventose.
 

velmez

Active member
Finito ieri di leggerlo!
Il libro mi è piaciuto,ma non in maniera eccezionale...poi il finale mi ha lasciato il dubbio di non aver capito niente di tutto il libro! I vostri commenti mi hanno,come sempre,dato una buona mano!:)
L'istitutrice non mi è apparso un personaggio positivo,non perde un'occasione per sottolineare (su un diario) la propria superiorità intellettuale e,dallo stesso istante in cui si rende conto,o pensa,di non essere lei a possedere l'intelligenza più fine in quella casa,comincia a perdere di vista i doveri che si era preposta.
Più di una volta mi sono chiesto se non fosse pazza e se l'altra donna non agisca sotto le sue indicazioni solo perchè "oppressa" dell'intelligenza della protagonista.
Molte cose tornerebbero...molte altre no.
Non mi sono chiari i ruoli dei bambini (vittime?),dei fantasmi...
Mi è sembrato un po' incompleto,ma forse è giusto così.
Comunque lo consiglierei!

sottoscrivo in pieno!
 

Grantenca

Well-known member
Inquietante ma non entusiasmante. Non mi ha convinto del tutto. Mi sembra che manchi qualcosa ma non saprei definire cosa. Forse è proprio questo il fascino del libro.
 

francesca

Well-known member
Questo libro mi ha abbastanza delusa.
Forse avevo aspettative eccessive.
Non conoscevo l’autore, ma avevo letto recensioni entusiaste e c’erano tutti gli elementi che mi facevano presagire una lettura intrigante, una storia neogotica, con ampi rimandi alla lettura romantica inglese, a Jane Eyre, ma con qualcosa di Poe.
In effetti gli elementi nel libro ci sono tutti, la storia è quella lì, l’istitutrice e il misterioso datore di lavoro, la splendida Bly, isolata dimora immersa nella campagna, due bambini da accudire, misteriose apparizioni… Ma per me la narrazione non ha mai preso il volo.
La spiegazione me la sono data: lo stile. In parte avrei dovuto essere preparata, perché la mia edizione presenta all’inizio, prima del romanzo vero e proprio, una “Nota del traduttore”, che in realtà è una traduttrice, Nadia Fusini, che in qualche modo mi ha illuminato sul mio mancato coinvolgimento nella lettura.
Scrive la Fusini:
"E’ una lingua, quella di James, semplice – nel senso che James non agogna a particolari effetti di bella prosa: non insegue l’ideale di una lingua alta, sublime.
….
Quello che invece è davvero complesso è il periodo. La sua passione per la frase complessa, per la linea serpentina nella sintassi è clamorosa, la prova di un godimento quasi indecente. E’ tale godimento linguistico che il traduttore dovrebbe rendere.
Giudicherete voi se ci sono riuscita.
Se vi perderete nella lingua, se vi fermerete spesso chiedendovi ma di che parla? Che dice il personaggio? Se vi sentirete presi nel gorgo di frase avvitate strette attorno a pronomi impersonali, intorno ad un impalpabile neutro, allora sì, ci sarò riuscita”

Ecco, sì, posso dire che per quello che ho potuto sperimentare io nella mia lettura, ci è riuscita.
La fatica della lettura mi ha completamente tolto ogni possibilità di godere della storia. E’ vero che più volte mi sono fermata meravigliata dal gorgo lessicale in cui ero stata inghiottita in una singola frase, anche ammirata della capacità di creare un tale gorgo.
Ma di ciò ne ha risentito completamente la mia possibilità di entrare nella storia, nella narrazione, nel vivere la suspance che un simile racconto dovrebbe creare. Ne sono uscita quasi nauseata, ma soprattutto senza nessun particolare sentimento di attaccamento ai personaggi e alle loro vicissitudini.

Francesca
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Molte sono le domande e le riflessioni che questo libro apre sin dall'inizio e che tengono il lettore sempre in uno stato di inquietudine perché non si riesce ad afferrare il senso e la realtà di ciò che viene rappresentato. Dove sta l'orrore e la malvagità? fino alla fine possiamo solo fare supposizioni, ma anche alla fine non ne siamo del tutto sicuri. Come in Cuore di tenebra, l'urlo finale è raccapricciante. Tutto si gioca sul doppio, due bambini, due fantasmi, due istitutrici, due verità. Io ho la mia idea che però nel mondo degli spettri di James potrebbe essere suggestione, impressione o manipolazione.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Premesso che è la prima opera che leggo di questo autore, devo dire che non ci ho capito molto. Probabilmente è questo che l'autore voleva, lasciare un senso di incompiutezza, ma a me non è piaciuto. Il finale aperto va bene, ma non così, non per me almeno. E non per un'opera così breve, 40000 parole. I personaggi potevano essere gestiti meglio, pur lasciandoli come sono, perché a quanto pare questi "errori" non sono casuali ma ben congeniati. L'autore li voleva, ha cercato di trasmettere qualcosa che però non mi arriva se non a tratti... Insomma, non è facile giudicare, ma non è facile nemmeno gustare quest'opera. Il finale poi ci lascia con un senso di vuoto: ciliegina sulla torta o mazzata sui piedi?

A prescindere da questo però il libro si è rivelato capace di dare più che un semplice intrattenimento. Vi si apre uno spaccato di vita, di emozioni e pensieri che non è facile portare su carta. L'autore ha creato personaggi complessi ma a prima vista banali, perché James ha nascosto (volutamente?) molte informazioni utili in posti poco naturali, compressi nelle poche pagine disponibili.

Forse, in fin dei conti, non un libro da leggere, ma da rileggere più e più volte, facendo ricerche, non cercando risposte...
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Secondo libro che leggo di questo autore che già con Il carteggio Aspern (forse meno celebre, ma non per questo meno interessante) era stato per me quasi una rivelazione.
Il giro di vite, benché affronti una vicenda completamente diversa dal punto di vista narrativo (trattasi di una ghost-story o presunta tale, a seconda delle numerose e contrastanti interpretazioni che si sono susseguite negli oltre cento anni dalla sua pubblicazione), secondo me presenta delle tematiche comuni che non hanno fatto altro che confermare la forte empatia provata per questo autore.
Innanzitutto: l'atteggiamento giocoso e mistificatorio con cui lo scrittore si pone davanti ai suoi lettori. James ha l'incredibile capacità di disseminare o nascondere “indizi” a seconda di quanta “certezza” (o piuttosto dovremmo dire “in-certezza”!) voglia concedere ai lettori circa la legittimità delle proprie ipotesi sullo svolgersi della vicenda e magari persino sul suo esito. Con questo non voglio dire che James si diverta a prenderci in giro, tutt'altro, ma la sua scrittura gioca tutta sull'ambiguità, non tanto sull'inganno quanto sulla possibilità di un inganno. E questo perché in realtà ciò che gli interessa non sono i fatti in sé per sé ma ciò che questi fatti suscitano nei suoi personaggi, le dinamiche che scatenano, le conseguenze più o meno estreme a cui possono condurre... In poche parole, la vocazione di James è prettamente psicologica.
Di conseguenza, il lettore è tutt'altro che un burattino nelle sue mani, ma anzi è chiamato a partecipare a questo gioco, a fare le sue ipotesi, a “spendersi” mentre vive insieme ai personaggi lo svolgersi della trama e delle sue relazioni.
Tutto questo vale sia per Il carteggio Aspern sia per Il giro di vite che, a mio avviso e benché abbia letto anche commenti non troppo entusiastici, è un autentico capolavoro.

Devo ammettere di essere stata particolarmente fortunata, avendo letto questo romanzo breve (una forma letteraria che, al pari dei “mattoni”, sto scoprendo a me particolarmente congeniale) in un'edizione* corredata di note sempre interessanti e a volte illuminanti. Senza togliermi alcun piacere nella lettura, mi hanno permesso di cogliere tanti particolari che magari mi sarebbero sfuggiti, quegli “indizi” di cui parlavo prima, anche se più spesso trattasi di blanks ossia “vuoti” da riempire con le nostre supposizioni, che rendono la ghost-story ancora più ammantata di mistero.
Ad esempio, la sensibilità e l'impressionabilità dell'istitutrice sono sottolineate fin dall'inizio proprio per instillare il germe del dubbio sulla veridicità del suo racconto. Il suo rapporto con la governante, Mrs. Grove, è costruito con grande sapienza, episodio dopo episodio, e si basa sulla disparità culturale e sociale, sul diverso ruolo e potere decisionale all'interno della casa e allo stesso tempo su una (sincera? ambigua? strategica?) amicizia fra le due donne che si suggellerà in una vera e propria alleanza, tutta a vantaggio dell'istitutrice, appoggiata nelle sue suggestioni più o meno verosimili e nei suoi deliri di onnipotenza.
Un climax parallelo è costruito intorno alla figura dei bambini, talmente “puri” e “angelici” da non sembrare di questo mondo (e già qui...). É chiaro che James ci sta preparando la strada a qualcos'altro, a quello che, insieme alla “sanità mentale” della narratrice resta il grande dilemma insoluto di quest'opera: i bambini sono creature innocenti da proteggere o piuttosto complici dell'inganno, strumenti (magari non per una propria originale colpa ma per “contaminazione demoniaca”) di malvagità?
Il crescendo attraverso cui i bambini (e in particolar modo Miles) perdono la loro "innocenza" o forse l'istitutrice prende coscienza della loro vera natura, necessariamente non "angelica" ed "eterea" come lei vorrebbe, è realizzato con grande maestria ed efficacia.

Insomma, sia l'istitutrice, sia i bambini (e persino, secondo alcune interpretazioni, la povera governante!) sono figure estremamente ambigue ed è proprio quest'ambiguità a creare il pathos e l'angoscia che la sola presenza dei fantasmi non riuscirebbe a giustificare. Ammetto di essere stata molto presa dalla lettura di questo breve romanzo, proprio perché mi rendevo conto poteva essere vero una cosa, così come il suo contrario. Ancora una volta, l'intento di James si conferma quello non di fornire una spiegazione o una verità univoca, bensì di sperimentare ciò a cui possono condurre, nei rapporti umani soprattutto, determinate condizioni. In questo caso l'istitutrice era talmente convinta della “sua” verità da trascinare tutti con sé nel proprio delirio... alla fine conta davvero sapere se i fantasmi fossero “reali” o allucinazioni? Contava davvero sapere se il famigerato “carteggio Aspern”, in funzione del quale tutti i personaggi dell'omonimo romanzo agiscono e si relazionano fra loro, esistesse realmente o no?
Ammetto di aver particolarmente apprezzato, in questo caso, il finale aperto (che normalmente non gradisco, soprattutto quando mi sembra un escamotage per tirarsi fuori dai guai quando non si sa che pesci prendere...) anche perché non amo tanto la componente soprannaturale, una “soluzione” che ho sempre trovato troppo “facile”...

E poi... perchè privarsi di decenni e decenni (più di un secolo!) di straordinari dibattiti, critiche, meta-critiche e meta-meta-critiche? Spendo le ultime righe di questo commento per dire che la bella edizione che avevo a disposizione presenta un'introduzione molto interessante la quale, fra le altre cose, prende in rassegna tutte le principali interpretazioni sul significato di quest'opera (per ognuna di queste, più e più saggi: roba da non crederci!): quella soprannaturale, quella psicologica e in particolar modo freudiana, quella allegorica (lotta del Bene contro il Male), quella semantica (per la quale, in soldoni, nessuna interpretazione è neppure legittima in quanto il significato si esaurisce nel valore del linguaggio stesso), e chi più ne ha più ne metta... Davvero il dibattito critico a Il giro di vite sarebbe esso stesso da studiare perché in pratica ha seguito il percorso spirituale/culturale/scientifico del Novecento...
A me solo sapere questo mette i brividi. Un romanzo capace di scatenare tutto ciò è un capolavoro!

* ed. Marsilio a cura di Giovanna Mochi.
 
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Orazio

Member
C'è da riconoscere sicuramente che l'opera di James eccelle nello smarrire il lettore,e per riuscirci quale modo migliore di offrire un anti-eroe come protagonista del racconto. Costringe a guardare nei meandri bui di sè stessi,perchè quasi sempre in ciò che leggiamo finiamo per impersonarci.
Ma forse alla fine non è neppure un anti-eroe l'istitutrice,è diventata semplicemente instabile a causa del male di quella casa dov'è finita,è una sorta di Shining il romanzo.
Tuttavia dovrei leggerlo per dirlo con certezza.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
L'abbiamo letto e commentato all'interno del 90° GdL, in quanto ghost-story, perché volevamo qualcosa legato al significato cabalistico del numero 90, ossia la paura.
Aldilà dei protagonisti e della storia in sé che non è stata apprezzata da tutti (me compresa) ne è venuto fuori un interessante dibattito sul senso di quello che l'autore voleva trasmettere ed ognuno si è fatto una propria idea che è stata poi confrontata con le varie interpretazioni citate da ayu. Era da tanto che non riuscivamo ad avere un gruppo di lettura così nutrito, siamo stati 11 partecipanti e sono soddisfatta di averlo proposto proprio io, anche se di James ho apprezzato maggiormente altre opere.

http://www.forumlibri.com/forum/showthread.php?t=23091
 

Jessamine

Well-known member
Possibili spoiler

Sono diversi giorni che provo a rigirarmi in testa una recensione, perché so che ci sarebbero tantissime cose da dire su questo breve romanzo, eppure non riesco mai a decidermi a mettere le dita sulla tastiera.
La verità è, credo, che ho letto talmente tante interpretazioni, tanti commenti importanti e tante recensioni che ora ho un po' perso di vista quella che è stata la mia personale esperienza di lettura. Potrei cercare di tirare le somme di tutto quello che ho letto, ma credo servirebbe un po' a poco.
La verità è che, prima di iniziare a leggere, non avevo la più pallida idea di quello che mi sarei dovuta aspettare: credevo avrei trovato un racconto di fantasmi un po' datato, una bella atmosfera da classicone inglese (andiamo, una giovane istitutrice che si ritrova in una bella tenuta nella campagna inglese, come si fa a non aspettarsi una novella Jane Eyre?), e invece James mi ha trascinato in un gioco di specchi che ha saputo sì inquietarmi, ma per i motivi del tutto diversi rispetto a quel che temevo. L'inquietudine ne “Il giro di vite” deriva tutta dalla lenta presa di coscienza che niente, in questo romanzo, è come sembra, che non esistono voci affidabili, e che, forse, non ci sono misteri o verità nascoste da svelare: tutto resta nell'ombra, e lo stesso lettore comincia a dubitare di ogni parola, chiedendosi come debba interpretare ogni singola frase.
La vicenda, in sé e per sé, non è molto più di quanto appare sul retro di copertina: in questo romanzo non accade quasi nulla, ma James, con il suo stile curatissimo e pieno di rimandi e doppie prospettive costruisce tutto nell'angoscia del lettore. “Il giro di vite” è un romanzo estremamente perturbante: James gioca con gli stilemi del genere, gioca con le certezze del lettore, gioca con qualsiasi cosa, e a noi “dall'altra parte” delle pagine non resta che cercare di mettere a fuoco queste poche vicende, cercando di far combaciare figure in apparenza simili, ma che in realtà nascondono volti mostruosi.
Quello che ho apprezzato immensamente di questo romanzo è proprio il fatto che ognuno è costretto a cercare la propria spiegazione, la propria interpretazione dei fatti, pur senza aver bisogno d'essere un critico letterario per farlo. E' tutto l'opposto della “letteratura d'intrattenimento”, perché il lettore, qui, non può permettersi nemmeno per una riga di restare un mero ricettacolo passivo di informazioni, ma deve intervenire attivamente per provare ad interpretare e scavare oltre la superficie. E il fatto che un racconto così breve sia in grado di aprire così tante strade diverse mi sembra indicativo sulla qualità della scrittura.
All'inizio della lettura, ammetto di essermi sentita un po' a disagio: mi “fidavo” della voce narrante, e le vere creature demoniache mi sembravano i due bambini, descritti in maniera troppo angelica ed esasperata per sembrare reali: credevo dovessero nascondere a tutti i costi qualche cosa loro, che il male si nascondesse dietro le loro faccine tropo perfette, ma devo ammettere che proseguendo la mia opinione è un po' mutata. La voce dell'istitutrice ha cominciato ad apparirmi volutamente ambigua, come se non volesse raccontare tutto, o come se volesse farlo distorcendo veramente le cose. Forse non sapremo mai la verità, ma nella mia mente si è cementata quest'idea: la pazza è l'istitutrice, che vaneggia e distorce la realtà a modo suo, per avere il totale controllo su questi due bambini. Del resto, la prima apparizione del “fantasma” di Quint arriva proprio quando lei ci dice che avrebbe voluto con tutte le sue forze vedere qualcuno, proprio come in risposta al suo desiderio.
Ho trovato inquietantissimo soprattutto il suo legame con Miles, che appare chiaramente corrotto, quasi sensuale, decisamente non quello che una donna adulta dovrebbe avere con un bambino. E anche il fatto che Flora, alla fine, sembri scoppiare ammettendo finalmente di detestare la sua istitutrice mi sembra piuttosto significativo: questi bambini hanno sì conosciuto il male, ma in quanto vittime.
Non so, ho trovato estremamente affascinante questo lento discendere in una spirale apparentemente calmissima, dove l'orrore sembra emergere proprio da chi avrebbe dovuto rappresentare un punto fermo (per i bambini, e per il lettore).
Non avevo mai letto nulla di Henry James, e ora sono estremamente curiosa di immergermi di più nelle sue opere.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Spoileroni

La mia interpretazione è sicuramente condizionata dalle vostre.
Forse, se non avessi letto niente al riguardo, avrei lasciato che tutto restasse in superficie, sposando il punto di vista dell'istitutrice e l'ipotesi che i bambini fossero in combutta con i fantasmi. Interpretazione che, oltretutto, non mi dispiace.
Invece questo gruppo ha stimolato la mia fantasia, perciò provo a giocare un po'.
La ragazza si trova per la prima volta a contatto con il mondo, che le si presenta davanti con le sembianze di una famiglia in cui tutto sembra perfetto: due bambini talmente privi di difetti da risultare allo stesso tempo banali e inquietanti, nonché una governante, anche lei troppo buona per essere vera, volutamente sottomessa alla superiorità culturale dell'istitutrice. Unica nota stonata, un tutore sui generis che non vuole rogne: non vuole vedere i bambini, né sapere niente di loro. (Perché? Perché non è la prima volta che tutto ciò si verifica? Dunque i bambini hanno un ruolo nella "gestione" del male?)
In realtà forse lei, essendo digiuna delle cose del mondo, non è in grado di accettare le imperfezioni degli esseri umani e per questo il male le si presenta in maniera spaventosa, ma forse, dal suo punto di vista, più accettabile rispetto ad altre forme: sotto forma di fantasmi che hanno le sembianze di chi l'ha preceduta nel suo incarico.Come se avesse timore che qualcuno potesse rubarle la gioia così facilmente conquistata e l'affetto dei bambini e Quint e la signora Jessel fossero, in questo senso, le persone più pericolose, coloro il cui confronto lei subisce. Come se i due rappresentassero per lei l'ossessione di non essere all'altezza.
L'istitutrice rimuove il pensiero che Miles abbia commesso una malefatta tale da essere espulso dal collegio, perciò non indaga oltre, finché la situazione non inizia a sfuggirle di mano. Miles ha "detto delle cose", cioè? Ha accusato il signor Quint di pedofilia? E per questo lo mandano via, anziché proteggerlo? O non gli credono? Va be', altri tempi...
Però, in fin dei conti, Quint e la Jessel sono morti o comunque spariti. Perché? Forse è tutto molto più semplice di quanto non pensiamo e sono i bambini a generare il male, facendo fuori chiunque entri in contatto con loro? James ci vuole semplicemente dire che spesso il male si annida nei luoghi più impensati? O che questi bimbi così soli hanno sviluppato un odio nei confronti del mondo che Miles non riesce a vivere fino in fondo poiché di indole buona, e per questo muore? Miles ha un rapporto morboso con la donna. Forse lui è l'unica anima candida lì dentro, e lei fa sì che muoia per proteggerlo, perché non potrebbe sopportare tutto il resto? O forse perché "ha visto", e questa sarebbe una conferma del suo delirio, così come la scena con lui nel giardino di notte?
Ma quale è il ruolo di Flora? Si è salvata perché si è allontanata da quel luogo infestato dai fantasmi, forse più in senso figurato che reale?
E la signora Grose, perché asseconda l'istitutrice? Non sarà davvero lei a voler far impazzire o far fuori chiunque minacci la sua posizione di controllo? In quella casa, lei potrebbe fare il buono e il cattivo tempo, se fosse sola con i bambini. E ha un senso di inferiorità nei confronti della ragazza, potrebbe esserne gelosa. E se fosse davvero lei la colpevole di tutto?
Nessuna di queste ipotesi sta davvero in piedi; il romanzo è, forse volutamente, tempestato di punti interrogativi come questo post e, se fa scoppiare la testa in questo modo, è certamente un capolavoro.
Forse l'autore vuole semplicemente dirci che non c'è mai niente di certo e che la verità si nasconde quasi sempre ben oltre le apparenze o meglio, non c'è una verità assoluta. Quella dell'istitutrice, delirante o meno, ha lo stesso valore di quella di chi fantasmi non vede.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Questa è una storia che, in superficie, può sembrare surrealista ma che, al suo interno è quanto di più vero possa esserci perché è la storia di una donna sola e delle conseguenze mentali ed emotive a cui una solitudine come quella della signorina che giunge a Bly per fare l'istitutrice può portare.
Questa ragazza, probabilmente vissuta fino ad allora leggendo i libri del padre reverendo, si allontana per la prima volta da casa, prova un vero e proprio colpo di fulmine per lo zio tutore dei due bambini, colpo di fulmine che farà emergere in lei prepotentemente tutto un vissuto emotivo represso sotto forma di psicosi, di paranoia.
L'impossibilità di contattare e quindi di tornare ad incontrare l'uomo è talmente insopportabile a livello razionale da farle immaginare una realtà alternativa, una sua realtà in cui lei è la protagonista assoluta, in grado di salvare due anime perdute, vittime di tutto ciò che di perverso possa esistere nel mondo, quindi lei è necessaria, indispensabile, oggetto d'amore del bambino e rivale della bambina, rivelando un complesso d'edipo mai risolto.
I fantasmi sono nient'altro che proiezioni della parte più nascosta di noi stessi, quella parte che ci fa paura quando non si hanno gli strumenti necessari per elaborarla.
Dopo tutto la ragazza è una vittima inconsapevole di se stessa.
Il racconto a mò di bambola russa (o scatola cinese) mi piace sempre molto.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Premesso che è la prima opera che leggo di questo autore, devo dire che non ci ho capito molto. Probabilmente è questo che l'autore voleva, lasciare un senso di incompiutezza, ma a me non è piaciuto. Il finale aperto va bene, ma non così, non per me almeno. E non per un'opera così breve, 40000 parole. I personaggi potevano essere gestiti meglio, pur lasciandoli come sono, perché a quanto pare questi "errori" non sono casuali ma ben congeniati. L'autore li voleva, ha cercato di trasmettere qualcosa che però non mi arriva se non a tratti... Insomma, non è facile giudicare, ma non è facile nemmeno gustare quest'opera. Il finale poi ci lascia con un senso di vuoto: ciliegina sulla torta o mazzata sui piedi?

A prescindere da questo però il libro si è rivelato capace di dare più che un semplice intrattenimento. Vi si apre uno spaccato di vita, di emozioni e pensieri che non è facile portare su carta. L'autore ha creato personaggi complessi ma a prima vista banali, perché James ha nascosto (volutamente?) molte informazioni utili in posti poco naturali, compressi nelle poche pagine disponibili.

Forse, in fin dei conti, non un libro da leggere, ma da rileggere più e più volte, facendo ricerche, non cercando risposte...

Voto: 3,5 stelle su 5

Avevo già letto questo racconto nel 2018 ma della trama non ricordavo nulla, e nella recensione avevo scritto di non averci capito molto e di non aver apprezzato il senso di incompiutezza che la storia lascia nel lettore.
A distanza di anni posso dirmi d'accordo solo in parte. Ho capito meglio le intenzioni dell'autore, questo senso di ambiguità che sin dall'inizio circonda gli eventi della storia, narrati dal punto di vista dell'istitutrice non solo è voluto ma ha anche un suo perché. Ogni cosa è filtrata attraverso i suoi occhi, senza troppe prove se non quello che dice e quello che deduce (e quando dico "deduce" non dico da cose che avvengono ma da cose che nota solo lei). Detto questo, anche se ho letto la storia tutta d'un fiato (e quindi sarei portato a dare almeno 4 stelle) questa ambiguità per me è troppo, e unita al finale aperto (e anch'esso ambiguo) mi lascia un bel po' insoddisfatto.
Quindi da un lato capisco che probabilmente è proprio questo che l'autore voleva, dall'altro mi sento quasi un po' tradito.
Comunque il racconto è breve e lo stile mi è piaciuto, leggerlo è come montare un puzzle di cui ti manca l'immagine completa e del quale sai già di non avere tutti i pezzi. Ma quelli che ci sono, anche se non danno l'immagine completa, sono sufficienti a darti un'idea e a lasciarti comunque soddisfatto dopo averlo finito, anche se continui a guardare a quegli spazi vuoti cercando di immaginare l'aspetto dei pezzi mancanti.
 
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