Jessamine
Active member
Iris Chase, erede di una ricca dinastia canadese, giunta all'età di ottantadue anni, decide di raccontare le vicende tormentate e misteriose della sua famiglia sullo sfondo dei grandi eventi che hanno segnato il Novecento. Ma sin dall'inizio il resoconto di Iris viene interrotto dagli stralci di un altro racconto, un romanzo d'amore scritto dalla sorella Laura, morta tragicamente in un incidente d'auto, pubblicato postumo con enorme successo. Costellato di articoli di giornale, di lettere e di brani tratti dall'"Assassino cieco", il romanzo della sorella, il libro di Margaret Atwood è insieme cronaca famigliare e perfetto congegno 'noir', appassionante storia d'amore e coraggiosa denuncia sociale.
Questo romanzo di Margaret Atwood è un perfetto gioco di scatole cinesi, dove ogni angolo, ogni dettaglio coincide perfettamente con l'altro, a creare un incastro perfetto e mirabile.
Il romanzo altri non è che un memoir scritto dall'ottantenne Iris, che giunta ormai al crepuscolo della sua vita decide di affidare la verità sulla storia della sua famiglia alla nipote Sabrina, con la quale non ha mai potuto costruire un rapporto. Ma è anche un mirabile romanzo famigliare, che racconta dell'ascesa e del decadimento della famiglia Chase e delle loro fabbriche di bottoni. Ed è anche un romanzo storico, che narra due guerre mondiali e cambiamenti epocali. E racchiude buona parte del romanzo di Laura, la sorella minore di Iris, morta a soli venticinque anni gettandosi con l'auto da un ponte (non è uno spoiler, questa è letteralmente la prima frase del romanzo). Nel romanzo di Laura, una coppia di amanti senza nome: lui, un sovversivo ricercato, senza fissa dimora; una donna ricca e - apparentemente - privilegiata lei. E durante gli incontri di questi amanti, lui racconta a lei una storia fantascientifica, pulp e decisamente trash, ma molto allegorica per le condizioni dei protagonisti (di tutti i protagonisti). Oltre a questo, numerosi articoli di giornale contribuiscono a dare dei punti fermi al tutto, spazzando via le fantasie e dando delle coordinate temporali certe al lettore.
Potrebbe sembrare tutto molto confusionario e difficile da seguire, ma non è così. La scrittuta della Atwood scorre come un fiume placido, lenta e tranquilla, ma implacabile. Ogni cosa ha un suo posto, e ogni tassello si presenta al momento giusto, fornendo al lettore gli appigli adatti per non annegare in un mare di confusione e mezze verità.
Iris è la voce narrante, ma la vera protagonista è Laura: Laura che a cinque anni prende tutto alla lettera, Laura che ha come solo interesse Dio, ma non lo ama e a dieci anni ritaglia le pagine interne della Bibbia di famiglia; Laura che a quattordici anni dipinge di azzurro e di verde i volti dei Presidenti, perché così sono più autentici, a sedici vende dolciumi in mezzo alla gente vera, e a venticinque si getta dal ponte con l'auto della sorella. Laura è una presenza ingombrante, è una personalità forte e non sempre simpatica, è diffile entrare in empatia con lei e le sue stramberie, la sua verità spiattellata con una crudezza devastante e alle sue parole ambigue. La madre di Iris e Laura muore quando loro sono molto piccole, e così Iris riceve il compito di prenderei cura della sorella più piccola, che sembra inadatta alla vita, e che nessuno riesce comprendere a fondo.
E, nonostante l'amore immenso che Iris prova per Laura, la sorella maggiore sembra essere sempre un passo indietro, sempre un po'distante, come se Laura fosse nascosta dietro un velo che la rende impalpabile e irreale, incorporea, ultraterrena. E nonostante Iris si getti nel fiume per salvare la sorella, Iris è anche colei che la spinge, facendola cadere dalla statue della ninfa che si specchia nella vasca della residenza imponente e vittoriana dove sono cresciute.
Ho amato moltissimo il contrasto fra la pacata e bucolica descrizione dell'infanzia di Iris e Laura, confinate in una residenza fuori dal tempo, isolate dal mondo e cresciute da una governante capace di mostrare affetto solo attraverso frasi burbere, e la sensualità a buon mercato, bruta, da rivista per camionisti del romanzo di Laura. C'è tutta l'umanità racchiusa in questo romanzo, un'umanità che scalpita per emergere ai margini, dalla volgarità di una coppia in un motel che fa sesso sulla pelliccia comprata dal marito di lei, dalle scritte nel bagno della pasticceria preferite dalla Iris ottantenne.
Come sempre, l'attenzione della Atwood alla condizione femminile è magistrale: la gabbia dorata che è il matrimonio di Iris è un ritratto angosciante di un totale annientamento di ogni tipo di autonomia, mancanza di potere, di possibilità di agire anche nel più piccolo dei modi. La facilità con cui le sue azioni vengono circoscritte e appiattite, come venga trasformata in una bambolina ornamentale, è agghiacciante, ma purtroppo estremamente realistico.
Tuttavia, a lungo andare ho trovato la lettura un po' faticosa, perché spesso la Atwood si dilunga a descrivere minuziosamente passaggi che sarebbero stati perfettamente riassumibili in poche righe, e anche il romanzo di Laura sarebbe stato tranquillamente dimezzabile senza che la trama ne risentisse. Cinquecento pagine che sarebbero state altrettanto efficaci anche se fossero state trecento, anzi, forse lo sarebbero state anche di più, perché avrebbero lasciato al lettore solamente i passaggi più viscerali, quelli che torcono le budella.
Questo romanzo di Margaret Atwood è un perfetto gioco di scatole cinesi, dove ogni angolo, ogni dettaglio coincide perfettamente con l'altro, a creare un incastro perfetto e mirabile.
Il romanzo altri non è che un memoir scritto dall'ottantenne Iris, che giunta ormai al crepuscolo della sua vita decide di affidare la verità sulla storia della sua famiglia alla nipote Sabrina, con la quale non ha mai potuto costruire un rapporto. Ma è anche un mirabile romanzo famigliare, che racconta dell'ascesa e del decadimento della famiglia Chase e delle loro fabbriche di bottoni. Ed è anche un romanzo storico, che narra due guerre mondiali e cambiamenti epocali. E racchiude buona parte del romanzo di Laura, la sorella minore di Iris, morta a soli venticinque anni gettandosi con l'auto da un ponte (non è uno spoiler, questa è letteralmente la prima frase del romanzo). Nel romanzo di Laura, una coppia di amanti senza nome: lui, un sovversivo ricercato, senza fissa dimora; una donna ricca e - apparentemente - privilegiata lei. E durante gli incontri di questi amanti, lui racconta a lei una storia fantascientifica, pulp e decisamente trash, ma molto allegorica per le condizioni dei protagonisti (di tutti i protagonisti). Oltre a questo, numerosi articoli di giornale contribuiscono a dare dei punti fermi al tutto, spazzando via le fantasie e dando delle coordinate temporali certe al lettore.
Potrebbe sembrare tutto molto confusionario e difficile da seguire, ma non è così. La scrittuta della Atwood scorre come un fiume placido, lenta e tranquilla, ma implacabile. Ogni cosa ha un suo posto, e ogni tassello si presenta al momento giusto, fornendo al lettore gli appigli adatti per non annegare in un mare di confusione e mezze verità.
Iris è la voce narrante, ma la vera protagonista è Laura: Laura che a cinque anni prende tutto alla lettera, Laura che ha come solo interesse Dio, ma non lo ama e a dieci anni ritaglia le pagine interne della Bibbia di famiglia; Laura che a quattordici anni dipinge di azzurro e di verde i volti dei Presidenti, perché così sono più autentici, a sedici vende dolciumi in mezzo alla gente vera, e a venticinque si getta dal ponte con l'auto della sorella. Laura è una presenza ingombrante, è una personalità forte e non sempre simpatica, è diffile entrare in empatia con lei e le sue stramberie, la sua verità spiattellata con una crudezza devastante e alle sue parole ambigue. La madre di Iris e Laura muore quando loro sono molto piccole, e così Iris riceve il compito di prenderei cura della sorella più piccola, che sembra inadatta alla vita, e che nessuno riesce comprendere a fondo.
E, nonostante l'amore immenso che Iris prova per Laura, la sorella maggiore sembra essere sempre un passo indietro, sempre un po'distante, come se Laura fosse nascosta dietro un velo che la rende impalpabile e irreale, incorporea, ultraterrena. E nonostante Iris si getti nel fiume per salvare la sorella, Iris è anche colei che la spinge, facendola cadere dalla statue della ninfa che si specchia nella vasca della residenza imponente e vittoriana dove sono cresciute.
Ho amato moltissimo il contrasto fra la pacata e bucolica descrizione dell'infanzia di Iris e Laura, confinate in una residenza fuori dal tempo, isolate dal mondo e cresciute da una governante capace di mostrare affetto solo attraverso frasi burbere, e la sensualità a buon mercato, bruta, da rivista per camionisti del romanzo di Laura. C'è tutta l'umanità racchiusa in questo romanzo, un'umanità che scalpita per emergere ai margini, dalla volgarità di una coppia in un motel che fa sesso sulla pelliccia comprata dal marito di lei, dalle scritte nel bagno della pasticceria preferite dalla Iris ottantenne.
Come sempre, l'attenzione della Atwood alla condizione femminile è magistrale: la gabbia dorata che è il matrimonio di Iris è un ritratto angosciante di un totale annientamento di ogni tipo di autonomia, mancanza di potere, di possibilità di agire anche nel più piccolo dei modi. La facilità con cui le sue azioni vengono circoscritte e appiattite, come venga trasformata in una bambolina ornamentale, è agghiacciante, ma purtroppo estremamente realistico.
Tuttavia, a lungo andare ho trovato la lettura un po' faticosa, perché spesso la Atwood si dilunga a descrivere minuziosamente passaggi che sarebbero stati perfettamente riassumibili in poche righe, e anche il romanzo di Laura sarebbe stato tranquillamente dimezzabile senza che la trama ne risentisse. Cinquecento pagine che sarebbero state altrettanto efficaci anche se fossero state trecento, anzi, forse lo sarebbero state anche di più, perché avrebbero lasciato al lettore solamente i passaggi più viscerali, quelli che torcono le budella.