Interessante, ci calza alla perfezione!!
Ha fatto disperare anche me Innanzitutto, questa parte è spiazzante, perché ha un carattere totalmente diverso e slegato non solo dal resto del monologo, ma da tutti gli altri suoi monologhi precedenti, che si caratterizzano per essere sempre molto pacati, descrittivi, dettagliati, aperti al mondo circostante, e per non lasciarsi mai sopraffare dalla sua interiorità.
In realtà c’era stato un accenno di traballamento in Darl già nel monologo precedente, con quelle parti in corsivo che mi sono risultate oscure, e in cui ugualmente Darl sembrava immergersi in una dimensione di pensiero diversa e slegata da quella più “narrativa” che lo aveva sempre caratterizzato. Però ora la dimensione interiore definitivamente straborda.
Mettendo insieme questi elementi, cioè un Darl prima lucido e narrativo, e poi pian piano un Darl che si lascia sempre più sopraffare dal suo inconscio che esplode alla fine di questo monologo, mi sembra che la morte della madre stia facendo riaffiorare in lui dei conflitti irrisolti, e segnando quindi una crisi d’identità. Ciò non solo perché alla fine del monologo lui affronta la questione dell’essere/non essere, ma perché tutta la sua personalità sembra in generale prepotentemente legata alla figura della madre, anche se in un rapporto conflittuale. Infatti, non solo, come abbiamo detto, nei suoi monologhi la chiama sempre per nome o nome più cognome, quasi come non la riconoscesse come tale, ma poi nel monologo a pag. 86, scopriamo qualcosa di fondamentale: l’unica volta che dice “mia madre” è per dire che lui una madre non ce l’ha: “Io non posso amare mia madre perché non ho madre”. Il non riconoscere Addie come tale, sembra quindi derivare dal fatto che lei non abbia mai dimostrato di riconoscerlo come un figlio vero e proprio, e questo è un fattore che inevitabilmente si ripercuote sulla sua personalità e che innesca una serie di domande su se stesso e sulla sua legittimità nel mondo.
Detto questo, cerco di dire la mia sull’ultima parte del monologo in questione, ma vuole essere solo un tentativo e un'opinione personale e nulla di più. Secondo me, un aspetto importante sta nel suo incipit. Sono d’accordo con te, ayuthaya, sullo stato di annullamento di coscienza durante il sonno, ma Darl specifica che è in una stanza sconosciuta che ci si deve svuotare per il sonno.
Stando lontano da casa, in un posto che non è il nostro, ci si viene a trovare inevitabilmente in una condizione di dissociazione, la cui entità e il cui superamento dipendono dalla personalità di ognuno di noi. L'essere lontano da casa contribuisce secondo me ad enfatizzare in Darl la crisi che sta affiorando in lui. Per Darl lui la situazione conflittuale è enorme (non sa più cos’è, e se è), e quindi per poter trovare il sonno deve svuotarsi, cioè svincolarsi dal pensiero della casa, della famiglia, e dal passato che lo caratterizzano e immobilizzano, cercando invece di aprirsi e di vivere più in armonia con il contesto. Al contrario, per Jewel, che è uno impulsivo, pragmatico, e che vive il presente senza farsi troppe domande, la conflittualità è quasi inesistente. “Lui non può svuotarsi per il sonno perché non è quello che è e è quello che non è”, ovvero, per come la interpreto io, lui non può avvertire la pressione di qualcosa che come in Darl deve fuoriuscire, perché sa vivere il presente, adattandosi alle varie situazioni guardando sempre avanti senza farsi troppi problemi (per cui “non è quello che è”, cioè riesce a cambiare adeguandosi al contesto) e quindi di conseguenza “è ciò che non è” (ma agli occhi di Darl, non nel senso che Jewel finge di essere qualcuno che non è).
A questo punto viene secondo me un passaggio importante, e di svolta, che parte con il discorso del carro.
Il ragionamento iniziale di Darl, a mio parere, assume che l’identità del carro dipenda dal suo essere o meno riconosciuto dalle persone. Il carro è lì, questo è certo perché, anche se è buio, il vento e la pioggia scagliandosi contro il carro ne fanno percepire la presenza (tramite suoni e odori prodotti e trasmessi, per esempio). I padroni di quel carro sono Darl e Jewel ma, poiché tutti dormono, non c’è nessuno che può riconoscere l’appartenenza di quel carro, e quindi il carro “non è”. È questo, secondo me, che significherebbe la frase:
“Dato che il sonno è non-è e il vento e la pioggia sono erano, non è.”
Cioè, dato che nel sonno ci si immerge in uno stato di incoscienza, e quindi anche il vento e la pioggia, pur riuscendo ad attestare la presenza del carro a chi è vigile con gli altri sensi, non possono che diventare inevitabilmente qualcosa di lontano che non esiste più (“sono erano”) quando si sprofonda nel sonno, in cui non solo la vista ma anche tutti gli altri sensi sono annebbiati, allora il carro non può più essere riconosciuto da nessuno, visto che tutti dormono, e quindi non è.
Ma a questo punto il ragionamento evolve. Darl è come se si rendesse conto che l’identità di qualcosa, e di qualcuno, non può dipendere dal suo essere riconosciuto dagli altri, ma dal fatto di trovare un senso, uno scopo in se stessi. Da qui, secondo me la frase successiva:
“Eppure il carro è, perché quando il carro sarà era, Addie Bundren non sarà."
Cioè, il carro ha una sua identità, a prescindere dal riconoscimento degli altri, per il fatto che ha uno scopo da perseguire, che è quello di trasportare Addie Bundren per la sua sepoltura.
E quindi, se il carro “è” perché ha una sua ragion d’essere, e anche Jewel “è” perché la sua identità è sempre ben salda e non si lascia minacciare dalle circostanze, allora “Addie Bundren deve essere”, perché loro di riflesso simboleggiano il fatto che si sta dando anche a lei la possibilità di perseguire uno scopo (postumo), cioè quello di realizzare il suo ultimo desiderio di essere sepolta nel suo luogo natio.
Ed ecco quindi la svolta. Il fatto che Addie “debba essere”, perché deve realizzare questo scopo, sembra fornire a Darl il motivo per trovare uno scopo suo, e ridimensionare quindi il suo stato conflittuale, dandogli la possibilità di "svuotarsi" per il sonno. È come se la sepoltura della madre lontano da casa gli consentisse di liberarsi di un peso, perchè sarà ciò che porterà definitivamente lontano la figura di una madre che non lo ha mai riconosciuto come figlio e che incombeva su di lui come un macigno.
Tutto ciò mi porta quindi a dubitare delle affermazioni di Cora in un monologo precedente, in cui sembrava che Darl provasse un grande e sincero amore per la madre.
Non lo so, come ho detto è solo un tentativo di spiegazione e, come ho già detto, la figura di Darl mi risulta parecchio misteriosa.
Ho finalmente riletto il pezzo parallelamente al tuo commento e ora mi è tutto incredibilmente limpido e chiaro. Il concetto generale lo avevo intuito ma mi mancavano alcuni passaggi: ad esempio non avevo capito che il carro è quando pioggia e vento lo "formano" (mi ero scervellata inutilmente sul significato di questo termine e ora mi sembra lampante!) e quando pioggia e vento erano il carro non è più, così come non avevo colto il passaggio successivo in cui l'identità del carro è riconosciuta in funzione del suo ruolo di trasportare Addie...
Grazie Trillo!!! :ad: