243° MG - Mentre morivo di William Faulkner

ayuthaya

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Interessante, ci calza alla perfezione!!



Ha fatto disperare anche me :mrgreen: Innanzitutto, questa parte è spiazzante, perché ha un carattere totalmente diverso e slegato non solo dal resto del monologo, ma da tutti gli altri suoi monologhi precedenti, che si caratterizzano per essere sempre molto pacati, descrittivi, dettagliati, aperti al mondo circostante, e per non lasciarsi mai sopraffare dalla sua interiorità.
In realtà c’era stato un accenno di traballamento in Darl già nel monologo precedente, con quelle parti in corsivo che mi sono risultate oscure, e in cui ugualmente Darl sembrava immergersi in una dimensione di pensiero diversa e slegata da quella più “narrativa” che lo aveva sempre caratterizzato. Però ora la dimensione interiore definitivamente straborda.

Mettendo insieme questi elementi, cioè un Darl prima lucido e narrativo, e poi pian piano un Darl che si lascia sempre più sopraffare dal suo inconscio che esplode alla fine di questo monologo, mi sembra che la morte della madre stia facendo riaffiorare in lui dei conflitti irrisolti, e segnando quindi una crisi d’identità. Ciò non solo perché alla fine del monologo lui affronta la questione dell’essere/non essere, ma perché tutta la sua personalità sembra in generale prepotentemente legata alla figura della madre, anche se in un rapporto conflittuale. Infatti, non solo, come abbiamo detto, nei suoi monologhi la chiama sempre per nome o nome più cognome, quasi come non la riconoscesse come tale, ma poi nel monologo a pag. 86, scopriamo qualcosa di fondamentale: l’unica volta che dice “mia madre” è per dire che lui una madre non ce l’ha: “Io non posso amare mia madre perché non ho madre”. Il non riconoscere Addie come tale, sembra quindi derivare dal fatto che lei non abbia mai dimostrato di riconoscerlo come un figlio vero e proprio, e questo è un fattore che inevitabilmente si ripercuote sulla sua personalità e che innesca una serie di domande su se stesso e sulla sua legittimità nel mondo.

Detto questo, cerco di dire la mia sull’ultima parte del monologo in questione, ma vuole essere solo un tentativo e un'opinione personale e nulla di più. Secondo me, un aspetto importante sta nel suo incipit. Sono d’accordo con te, ayuthaya, sullo stato di annullamento di coscienza durante il sonno, ma Darl specifica che è in una stanza sconosciuta che ci si deve svuotare per il sonno.
Stando lontano da casa, in un posto che non è il nostro, ci si viene a trovare inevitabilmente in una condizione di dissociazione, la cui entità e il cui superamento dipendono dalla personalità di ognuno di noi. L'essere lontano da casa contribuisce secondo me ad enfatizzare in Darl la crisi che sta affiorando in lui. Per Darl lui la situazione conflittuale è enorme (non sa più cos’è, e se è), e quindi per poter trovare il sonno deve svuotarsi, cioè svincolarsi dal pensiero della casa, della famiglia, e dal passato che lo caratterizzano e immobilizzano, cercando invece di aprirsi e di vivere più in armonia con il contesto. Al contrario, per Jewel, che è uno impulsivo, pragmatico, e che vive il presente senza farsi troppe domande, la conflittualità è quasi inesistente. “Lui non può svuotarsi per il sonno perché non è quello che è e è quello che non è”, ovvero, per come la interpreto io, lui non può avvertire la pressione di qualcosa che come in Darl deve fuoriuscire, perché sa vivere il presente, adattandosi alle varie situazioni guardando sempre avanti senza farsi troppi problemi (per cui “non è quello che è”, cioè riesce a cambiare adeguandosi al contesto) e quindi di conseguenza “è ciò che non è” (ma agli occhi di Darl, non nel senso che Jewel finge di essere qualcuno che non è).

A questo punto viene secondo me un passaggio importante, e di svolta, che parte con il discorso del carro.
Il ragionamento iniziale di Darl, a mio parere, assume che l’identità del carro dipenda dal suo essere o meno riconosciuto dalle persone. Il carro è lì, questo è certo perché, anche se è buio, il vento e la pioggia scagliandosi contro il carro ne fanno percepire la presenza (tramite suoni e odori prodotti e trasmessi, per esempio). I padroni di quel carro sono Darl e Jewel ma, poiché tutti dormono, non c’è nessuno che può riconoscere l’appartenenza di quel carro, e quindi il carro “non è”. È questo, secondo me, che significherebbe la frase:

“Dato che il sonno è non-è e il vento e la pioggia sono erano, non è.”

Cioè, dato che nel sonno ci si immerge in uno stato di incoscienza, e quindi anche il vento e la pioggia, pur riuscendo ad attestare la presenza del carro a chi è vigile con gli altri sensi, non possono che diventare inevitabilmente qualcosa di lontano che non esiste più (“sono erano”) quando si sprofonda nel sonno, in cui non solo la vista ma anche tutti gli altri sensi sono annebbiati, allora il carro non può più essere riconosciuto da nessuno, visto che tutti dormono, e quindi non è.

Ma a questo punto il ragionamento evolve. Darl è come se si rendesse conto che l’identità di qualcosa, e di qualcuno, non può dipendere dal suo essere riconosciuto dagli altri, ma dal fatto di trovare un senso, uno scopo in se stessi. Da qui, secondo me la frase successiva:

“Eppure il carro è, perché quando il carro sarà era, Addie Bundren non sarà."

Cioè, il carro ha una sua identità, a prescindere dal riconoscimento degli altri, per il fatto che ha uno scopo da perseguire, che è quello di trasportare Addie Bundren per la sua sepoltura.
E quindi, se il carro “è” perché ha una sua ragion d’essere, e anche Jewel “è” perché la sua identità è sempre ben salda e non si lascia minacciare dalle circostanze, allora “Addie Bundren deve essere”, perché loro di riflesso simboleggiano il fatto che si sta dando anche a lei la possibilità di perseguire uno scopo (postumo), cioè quello di realizzare il suo ultimo desiderio di essere sepolta nel suo luogo natio.

Ed ecco quindi la svolta. Il fatto che Addie “debba essere”, perché deve realizzare questo scopo, sembra fornire a Darl il motivo per trovare uno scopo suo, e ridimensionare quindi il suo stato conflittuale, dandogli la possibilità di "svuotarsi" per il sonno. È come se la sepoltura della madre lontano da casa gli consentisse di liberarsi di un peso, perchè sarà ciò che porterà definitivamente lontano la figura di una madre che non lo ha mai riconosciuto come figlio e che incombeva su di lui come un macigno.
Tutto ciò mi porta quindi a dubitare delle affermazioni di Cora in un monologo precedente, in cui sembrava che Darl provasse un grande e sincero amore per la madre.

Non lo so, come ho detto è solo un tentativo di spiegazione e, come ho già detto, la figura di Darl mi risulta parecchio misteriosa.

Ho finalmente riletto il pezzo parallelamente al tuo commento e ora mi è tutto incredibilmente limpido e chiaro. Il concetto generale lo avevo intuito ma mi mancavano alcuni passaggi: ad esempio non avevo capito che il carro è quando pioggia e vento lo "formano" (mi ero scervellata inutilmente sul significato di questo termine e ora mi sembra lampante!) e quando pioggia e vento erano il carro non è più, così come non avevo colto il passaggio successivo in cui l'identità del carro è riconosciuta in funzione del suo ruolo di trasportare Addie...
Grazie Trillo!!! :ad:
 

ayuthaya

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Un'ultissima cosa: non ti preoccupare se non commenti ogni singolo mio commento, mi basta solo sapere se la pensi diversamente o se in alcuni punti riesci a chiarirmi cose che non ho capito...
 

ayuthaya

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L'ho finito. Mamma mia che capolavoro! È più forte di me, io questo autore lo amo!
Appena possibile (magari stasera stessa) ripasso per i commenti sull'ultima parte e poi per quello finale.
 

ayuthaya

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Ho un po' di tempo e lascio un po' di commenti, cercando però di soffermarmi solo su quello che mi ha davvero colpito, sennò non la finisco più… :MUCCA :mrgreen:
Innanzitutto, tu che sei sempre attento Trillo: hai capito in quale punto Jewel recupera la bara dal fiume? :? Io sinceramente no, eppure so (perché l'ho letto da più parti) che è stato lui a "salvare Addie dall'acqua e dal fuoco", come lei stessa aveva predetto.
Comunque sia, riparto dal punto in cui ero rimasta e cioè dall'attraversamento del fiume.

13° Darl:
147 Ultimissime righe del capitolo: ho letto da qualche parte che non esiste descrizione "peggiore" del seno di una donna. In questo romanzo la femminilità è volutamente negata, disprezzata... non dall'autore ma dai personaggi: né Addie né Dewey Dell vivono in modo "sano" il loro essere donne e quindi quello che dovrebbe essere il suo coronamento, la maternità. Al contrario, la donna non conta nulla e la maternità è vissuta come una condanna, una punizione.

1° Addie:
Per come la vedo io è il cuore e l'apice di questo romanzo, solo su questo capitolo si potrebbero versare fiumi di inchiostro (virtuale :mrgreen:)… Ho notato che questa gemma è incastonata fra due capitoli che celebrano l'ipocrisia di chi crede di amare Dio sopra ogni cosa: Cora prima, e Whitfield poi. In mezzo, la crudezza di Addie, l'unica a chiamare le cose con il proprio nome... anzi, per essere più precisi, a negare alle cose il proprio nome e celebrare così l’incolmabile dicotomia fra la parola e l’azione. Magari sono io un po’ fissata con i riferimenti biblici, ma non dimentichiamoci che Adamo, “incaricato” da Dio stesso, prende “possesso” della realtà (e si afferma quindi quale dominatore sul mondo) proprio attraverso attribuendo un "nome" alle cose. Anche qui c’è il rovesciamento di un concetto biblico. Ma soprattutto c’è uno dei temi chiave del romanzo: l’incomunicabilità della parola.
156 “Io ero io; lui, lo lasciavo essere la forma e l’eco della sua parola.” Ecco Anse e Addie messi a confronto: lei è, è forse l’unica ad essere veramente in questo romanzo, nonostante sia morta (sto azzardando, eh), Anse è un involucro.
155 “Il mio essere sola era stato violato e poi reso intero dalla violazione”: la nascita del figlio è negazione dell’individualità di Addie, che non si riconosce nell’appartenenza alla famiglia. Da qui la sua decisione di farsi seppellire nella terra dei suoi avi anzichè, come ritiene giusto Cora, nella terra della famiglia che ha generato. A pensarci bene, anche qui si potrebbe leggere il solito rovesciamento biblico: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”...
156 “E poi morì, Non sapeva di essere morto.” Trillo, che ne pensi di questo passaggio? Ti lascio carta bianca! :mrgreen:
158 “Detti a Anse Dewey Dell per annullare Jewel. Poi gli detti Vardaman per rimpiazzare il figlio di cui l’avevo defraudato. E adesso lui ha tre figli che sono suoi e non miei. E allora potei prepararmi a morire”. È interessante il fatto che Jewel sia considerato un figlio “rubato” a Anse, l’unico che appartiene quindi a Addie sola, ma ancora più interessante è che Dewey Dell non sia nemmeno contata come figlia! :paura: In quanto figlio la cui funzione è stata quella di “annullarne” un altro, Dewey Dell si vede negare il rapporto madre/figlio fin dalla nascita... sarà per questo che anche lei vive questo drammatico rapporto con la maternità?

5° Vardaman:
175 “Ma la madre di Jewel è un cavallo. Mia madre è un pesce.” Posso finalmente scrivere quello che ho letto da qualche parte in internet e cioè che questa contrapposizione sta anche ad indicare che Vardaman è nato da un gesto “meccanico” (il generare figli senza desiderio) mentre Jewel, rispetto ai suoi fratelli, è stato l’unico ad essere nato da una passione e perciò è “figlio di un cavallo”. Non solo. Ho letto che il rapporto ambiguo che Jewel ha con sua mamma assomiglia molto a quello che ha con il proprio cavallo: a volte sembra che lo “maltratti” (così come non dimostrava il suo amore a sua madre, anzi, secondo Cora la disprezzava) ma in realtà con entrambi ha un rapporto intimo, impulsivo e "passionale". Come dire, senza bisogno di chiamarlo ‘amore’, senza bisogno di chiamarlo ‘rispetto filiale’ (espressione di cui si rifà sempre la bocca Pa’, senza che abbia mai provato rispetto per nessuno...), Jewel dimostra il suo amore con i fatti, salvando la madre “dall’acqua e dal fuoco” e rinunciando al suo cavallo. Salvo poi scoprire che è stato tutto inutile: che questo viaggio grottesco altro non era che un involucro privo di significato (come le parole che non dicono nulla di ciò che vorrebbero esprimere), che i sacrifici di Cash e Jewel non sono serviti a nulla, che le “speranze” di Dewey Dell e Vardaman sono state disilluse, che di qualsiasi sentimento e gesto nobile, questa storia non rappresenta altro che un’amara parodia.
Opss... mi sa che mi sono fatta un po’prendere la mano! Vabbè, diciamo che ho un po’ anticipato le mie considerazioni finali!

15° Darl:
Se potessimo finire di dipanarci nel tempo. Sarebbe bello. Sarebbe bello se potessimo finire di dipanarci nel tempo.” Ancora il concetto di immobilità nella dimensione spazio/tempo... Mi piacerebbe mettere insieme tutti i passaggi che sono dedicati all’uno o all’altro (ad esempio gli avvoltoi rappresentano “piccoli cerchi neri di non-muoversi”).

6° Vardaman:
Jewel non ha più cavallo”. Tornando al discorso del “sacrificio inutile”, se pensiamo che “la madre di Jewel è un cavallo”, ci rendiamo conto che vendendo il suo cavallo Jewel ha perso molto di più che un animale a cui era affezionato: ha perso sua madre e quindi il suo essere figlio.

Mi fermo qui, perchè c’è ancora qualche spoiler che voglio evitare a Trillo. Comunque bene o male ho scritto quello che mi premeva di più... Ma adesso ti aspetto
! Voglio continuare a confrontarmi con te fin quando anche tu non avrai finito!
Ah, dimenticavo... mi prenoto fin da adesso per la rilettura con te de L’urlo e il furore (che, se possibile, è ancora più difficile di Mentre morivo)!!!! :mrgreen::mrgreen::mrgreen:
 
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Minerva6

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Commento finale

Come avevo già anticipato, tra me e William non è scoccata la scintilla e mai scocchera'. A differenza di ayu io non l'ho amato, ma meglio così, mica possiamo dividerci sempre l'amore dei nostri autori preferiti, come facciamo per il Dosto :wink:. Qui io non sono riuscita a trovare il pathos presente in tutti i romanzi russi, drammatici come questo, ma molto più appassionanti, a mio avviso. Non sono riuscita neanche ad entrare in empatia con i personaggi, li ho sentiti sempre distanti, addirittura all'inizio non riuscivo neppure a distinguere tra i maschi e le femmine... ho trovato più facilità con i nomi russi che con questi americani. In PB ho visto che anche l'altra Ale ha avuto da ridire sui nomi scelti, anche se poi lei alla fine ha gradito il romanzo. La storia in sé, se non fosse stato per il simbolismo nascosto che ho potuto apprendere solo grazie a voi, per me sarebbe stata davvero troppo banale e prevedibile (tranne il tradimento di Addie che non mi aspettavo). Ho ritrovato qualcosa de I Malavoglia di Verga, magari sbaglio, ma mi è venuto in mente per il modo in cui sono narrate le sfortunate vicende della famiglia Bundren e dei loro vicini, quasi tutti accettano infatti quello che gli accade solo perché l'ha deciso Dio... sia fatta la sua volontà! Ayu, non me ne volere, ma io - e dico purtroppo- non ho ricevuto il dono della fede come te :wink:. Anche i figli che sembrano volersi ribellare, alla fine non ne escono vincitori, ma vinti dal destino toccato loro in sorte. Però in Verga ero riuscita a provare più coinvolgimento nella storia e per i protagonisti. Spero di non aver esagerato con la critica negativa ma purtroppo questa è stata la mia impressione. Ho faticato durante la lettura, non amo questo stile ripetitivo, scoordinato e frammentario, io preferisco i periodi più chiari e lineari, ma se non avessi avuto l'occasione di scoprire questo autore attraverso il vostro MG non mi sarei mai tolta il dubbio su di lui... Ora so che non fa per me :mrgreen:. Ritengo però che non è stato tempo perso, un romanzo così mi resterà lo stesso impresso e sono riuscita perfino a segnare alcune citazioni:

Per lei le lacrime erano come l'inganno, odiandosi perché lo faceva, odiando lui perché era costretta a farlo.

Le parole non servono a nulla, le parole non corrispondono mai neanche a quello che tentano di dire.

È per questo che in salita si deve camminare, per poterci poi far trasportare giù in discesa
.
 

ayuthaya

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Sto buttando giù un commento finale ma sta venendo fuori quasi un papiro… Aiuto!!! :MM :MM :MM
 
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Trillo

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Scusatemi, in questi giorni ho avuto poco tempo per leggere e commentare.

Sono arrivato al monologo di Moseley, quello in cui viene una volte per tutte confermata l’intenzione di Dewey Dell di abortire. Questo mi ha fatto ripensare alla frase

Ci vogliono due persone per farti, e una per morire.”

Questa affermazione, infatti, ora mi sembra che fosse chiaramente legata all’aborto: per concepire una persona serve il contributo dell’uomo e della donna. Al contrario, per far morire il feto da loro generato, il contributo dell’uomo non è più necessario, essendo sufficiente solo quello della donna.

Ciò sembra confermato anche dal fatto che Darl, immediatamente dopo, si rivolge proprio a Dewey Dell, chiedendole: "Vuoi che muoia così puoi andare in paese: è così?".

Ma il bello è che invece, subito prima, Darl si sta riferendo alla madre, dicendo a Jewel: "Lo sai che sta per morire, Jewel?"

Il fatto che quella frase sia incastonata in questo modo contribuisce a mettere in luce fin dall'inizio gli effetti devastanti di una genitrice che non desidera il proprio figlio, in grado sia di decretare la morte fisica del feto procreato, sia la morte spirituale, o interiore, della futura persona, qualora lo lasciasse venire alla luce.

In queste poche pagine che ho letto sono ritornati anche gli avvoltoi, che a mano a mano aumentano e si fanno sempre più vicini: anche questi potrebbero legarsi, oltre che al cadavere della madre, anche al feto in grembo a Dewey Dell, prossimo alla morte, data la sempre più decisa intenzione di Dewey Dell di abortire.
 

Trillo

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Ho finito anch'io. ayuthaya, per rispondere alla tua domanda, posso dire che il libro mi ha affascinato, non avevo mai letto un libro di questo genere.

Riprendo la seconda tranche dei tuoi commenti per commentarli.

7° Darl:
86 "Io non posso amare mia madre perché non ho madre. La madre di Jewel è un cavallo".
Perspicace Trillo a notare che è la prima volta che Darl si riferisce alla "madre". In effetti, leggendo il commento di Trillo, mi sono chiesta se Addie viene chiamata così da tutti o solo da Darl … quando me lo ha fatto notare la prima volta ho dato per scontato che si parlasse sempre di lei così, forse perché i paragrafi di Darl sono i più frequenti, ma probabilmente è solo lui a chiamarla per nome o per nome/cognome: a fine lettura farò un rapido excursus per controllare.
Per quanto riguarda "la madre di Jewel è un cavallo", anche in relazione a "mia madre è un pesce" preferisco aspettare che Trillo sia arrivato al capitolo fondamentale che spiegherà molte cose… Vi avviso comunque che non si tratta di riflessione mie ma di cose che ho letto.

Che io ricordi, Darl è l’unico dei figli a chiamarla per nome o per nome+cognome. Ci sono diverse occasioni in cui gli altri figli la chiamano "Mamma" o "Mia madre", ma mai "Addie" o "Addie Bundren", come fa Darl, e questo è molto significativo dell'impatto che la mancata figura della madre ha per Darl.
Per l'interpretazione del cavallo, concordo con quanto hai scritto nel tuo messaggio successivo, è sicuramente simbolico del rapporto passionale della madre con Whitfield.

4° Vardaman:
92 "Io non ce l'ho una mamma, perché se ce l'avessi , è era. E se era, non può essere è. No?" e poi "è per questo che io non sono è. Sono è troppi da figliare per una donna." Passaggio bellissimo che conferma l'intuizione di Trillo. È come se Darl avesse bisogno di mettere in relazione la propria identità con quella di sua madre, come se in assenza di questa relazione filiale sentisse di non esistere.

Esatto, e poi, tra l’altro, nel monologo di Addie troviamo conferma del fatto che Darl era un figlio che lei non aveva né voluto né aspettato. La mancanza del fondamentale legame di madre/figlio ha conseguenze enormi su Darl che, non essendo legittimato come figlio, non si sente neanche legittimato come persona, e che alla fine porterà anche Cash a dire

"Questo mondo non è il suo mondo; questa vita la sua vita."

L'ultima frase è secondo me un "attacco" a Jewel: generare figli che "sono" è evidentemente difficile (forse intende che per farlo occorre averli voluti? cosa che Addie ha provato solo per Jewel?) e nella loro famiglia non c'è "posto" per altri. È anche vero che cronologicamente Darl viene prima di Jewel quindi in senso stretto Jewel non gli ha "rubato" nulla…

Infatti, più che un “attacco” verso Jewel, a me sembra piuttosto un appunto verso Addie, che non avrebbe dovuto dar vita a più figli di quanti non volesse.

10° Darl:
97 “(Darl) Arriva veloce su per la viottola, ma noi siamo a trecento metri oltre l'imboccatura…" Ecco una delle cose di cui mi sono accorta leggendo altre recensioni/saggi: questo sottolineare la distanza che separa Darl da suo fratello misurandola metricamente. Ricordi, Trillo, quando hai notato il ricorrere dei numeri nel primo Darl? Egli misurava i cinque metri fra lui e Jewel, esattamente come fa ora che il fratello ricompare con il cavallo.

Giusto! E se ripenso all’inizio, non è solo un sottolineare la distanza tra lui e Jewel, ma anche un evidenziare che non ci può essere punto di incontro fra i due. Infatti, la scena di apertura del libro è piuttosto assurda: due fratelli che sono andati insieme da qualche parte, e che se ne ritornano ognuno per conto suo, a distanza l’uno dall’altro, e non solo: mentre Darl nel suo percorso aggira la casa diroccata in mezzo al campo di cotone, Jewel procede dritto attraversandola addirittura dalle finestre (già emerge quindi una natura completamente diversa dei due fratelli). E inoltre, l’aver preso questa scorciatoia, entrando nella casa piuttosto che fare il giro dal di fuori come Darl, consente a Jewel di superarlo e procedere definitivamente davanti a lui, senza che i due si incrocino, significativo di due mondi destinati a non trovare mai punti di incontro, pur condividendo una stessa direzione.
E volendo essere arditi, potremmo anche spingerci verso un significato ancor più simbolico (anche se ciò che sto per dire mi rendo conto che è solo una sciocchezza, quindi diciamo che la dico per fare brainstorming :mrgreen: ). Il fatto che Darl proceda inizialmente avanti a Jewel potrebbe simboleggiare il fatto che Darl sia stato temporalmente procreato prima di Jewel. Il fatto che Jewel attraversi la casa mentre Darl ne rimanga al di fuori facendone il giro lungo, portando ad un ribaltamento delle loro posizioni relative, potrebbe simboleggiare il fatto che Jewel sia entrato nel cuore della madre mentre Darl ne sia rimasto ai margini, cosicché il successivo riposizionamento di Jewel verso Darl simboleggia che di fatto è Jewel che viene prima di Darl nella strada che porta verso la madre. (Come avevo detto, prendetela come qualcosa di strampalato che emerge come brainstorming ;) )

"Noi andiamo avanti, con un moto così soporifero, così sognante, che neppure fa pensare a un progredire, come se fosse il tempo re non lo spazio a diminuire fra noi e laggiù." Passaggio che mi è piaciuto da morire e che introduce (ma in realtà non è il primo, c'era già stato qualcosa prima) il rapporto fra tempo e spazio e una sorta di "immobilità" che rimbalza dall'una all'altra dimensione… C'è un passaggio più avanti che riprende questo concetto.
Un altro concetto ricorrente e connesso a questo discorso del "progredire" è quello di "movimento": ad esempio, senza che lo ricopii, nelle ultime righe di pag. 102 Samson - che ha un solo paragrafo - parla di Anse come un pigro e mette in relazione la sua caparbietà sia con lo stare fermo che con il muoversi, come se a determinare le scelte di Anse non fosse la "volontà" ma solo l'inerzia… Bel passaggio anche questo.

Vero, questo è un concetto che ricorre spesso ma che non sono riuscito a collegare ad un qualche significato particolare, dovrei rifletterci.

3° Dewey Dell
108 Anche qui un suggerimento che ho ricevuto da altri e poi ho elaborato... Il nome “Nuova Speranza” evidentemente non è casuale. Qual è la speranza verso cui ognuno di loro è diretto? Per Dewey Dell è l’aborto, per Vardaman è un trenino nuovo, per Addie quella di essere sepolta nella terra dei suoi avi, per Anse è quella di farsi dei denti nuovi... Ognuno di loro porta con sè una propria speranza (sarebbe interessante provare a individuare quelle di Cash, Dar e Jewel) e il cartello con l’indicazione della distanza (anche qui, di nuovo la distanza, di nuovo il concetto di spazio/tempo che deve essere attraversato) sembra farsi beffe di loro, come se bastassero 3 miglia perchè questo desiderio di esaudisca.

Come ho detto a proposito della parte in cui Darl riflette sull'essere/non essere, la sua speranza potrebbe essere quella di liberarsi una volta per tutte della figura della madre/Addie Bundren. Le speranze di Cash e di Jewel sembrano invece delinearsi strada facendo: Cash con il desiderio del grammofono e il godimento che deriva dalla musica che ne proviene, e Jewel con la prospettiva della sua nuova vita liberata dall’oppressione di Darl.

Questo paragrafo è molto difficile. “Ho sentito che mia madre è morta. Vorrei avere il tempo di lasciarla morire (ovvero di elaborare la sua morte?). Vorrei avere il tempo di volerlo avere. È perchè nella terra selvaggia e offesa troppo presto troppo presto troppo presto.

Sì, probabilmente Dewey Dell è troppo presa dai suoi pensieri sulla sua situazione, che tutto il resto le scorre via senza che se ne accorga.

11° Darl:
pag. 116 Non so se è un caso o no (vedrò andando avanti) ma ho notato che qui Darl chiama Addie “la mamma”, ma, attenzione, lo fa nel momento in cui ci sta raccontando la predilezione di Addie per Jewel, ovvero le mille attenzioni che gli rivolgeva. Insomma, è come se Addie fosse madre solo nei confronti di Jewel e Darl usasse il termine "mamma" riferendosi solo al fratello: “ “Ti senti male?” diceva la mamma (di Jewel)”.
Pag. 112 “E allora capii che avevo capito. Lo capii chiaro e tondo, quel giorno, come quel giorno capii di Dewey Dell.” E così Darl ha penetrato anche il segreto di Jewel…

Da una parte ho avvertito anch’io che il termine “mamma” si riferisse solo alla figura che rappresenta per il fratello, dall'altra parte ho pensato anche che è un termine che potesse essere ancora considerato "lecito" da lui in quella situazione in cui era ancora all'oscuro di tutto. Quando invece elabora e prende piena consapevolezza della realtà delle cose, ecco che per Darl è solo Addie, o Addie Bundren. Infatti, in quel capitolo, a pag. 117 ad uncerto punto Darl dice:

E forse fu quella la prima volta che lo scoprii, che Addie Bundren poteva fare qualcosa di nascosto"

Quindi, il termine mamma viene utilizzato per indicare la figura che ha per il fratello, e il suo uso è comunque confinato a quel passato in cui lui non era ancora del tutto consapevole dei fatti. Rielaborando i fatti nel presente della narrazione, è "Addie Bundren" che "poteva fare qualcosa di nascosto", e non più "la mamma".

Ci aggiorniamo più tardi per qualche altro commento sparso sull'ultima tranche dei commenti di ayuthaya.
 

Trillo

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Aggiungo qualche altro commento.

Innanzitutto, tu che sei sempre attento Trillo: hai capito in quale punto Jewel recupera la bara dal fiume? :? Io sinceramente no, eppure so (perché l'ho letto da più parti) che è stato lui a "salvare Addie dall'acqua e dal fuoco", come lei stessa aveva predetto.

No, non l’ho capito in quale punto. Però il fatto che sia stato lui a salvarla dal fiume viene detto da Cash a pg. 207:

"Jewel si è dato tanto daffare per tirarla fuori dal fiume, in un certo senso stava andando contro il volere di Dio"

1° Addie:
Per come la vedo io è il cuore e l'apice di questo romanzo, solo su questo capitolo si potrebbero versare fiumi di inchiostro (virtuale :mrgreen:)… Ho notato che questa gemma è incastonata fra due capitoli che celebrano l'ipocrisia di chi crede di amare Dio sopra ogni cosa: Cora prima, e Whitfield poi. In mezzo, la crudezza di Addie, l'unica a chiamare le cose con il proprio nome... anzi, per essere più precisi, a negare alle cose il proprio nome e celebrare così l’incolmabile dicotomia fra la parola e l’azione. Magari sono io un po’ fissata con i riferimenti biblici, ma non dimentichiamoci che Adamo, “incaricato” da Dio stesso, prende “possesso” della realtà (e si afferma quindi quale dominatore sul mondo) proprio attraverso attribuendo un "nome" alle cose. Anche qui c’è il rovesciamento di un concetto biblico. Ma soprattutto c’è uno dei temi chiave del romanzo: l’incomunicabilità della parola.

Questo è sicuramente un punto cruciale del romanzo perché ci rivela tante cose. Secondo me, però, Cora non è così ipocrita, lei crede davvero in ciò che pensa e dice. Whitfield invece è spudoratamente ipocrita, e il suo monologo è incredibilmente esemplare.
Per quanto riguarda Addie, non condivido la posizione che lei ha sulle parole, che al contrario sono essenziali per conoscere se stessi e il mondo. È per questo che, nella sua presa di posizione, io vedo piuttosto una donna che non si riconosce nella realtà che si trova a vivere (la realtà di madre, di moglie...), e per la quale la negazione della realtà non può che passare attraverso la negazione delle parole che la esprimono. Da qui la logica conseguenza che le cose “reali” non hanno bisogno di nome… eppure il non dare nome a ciò che lei davvero “vive”, come potrebbe essere la situazione amorosa con Whitfield, non le portano l’autenticità che lei crede, ma solo ad ingannare se stessa, con Whitfield che alla fine la molla.

156 “Io ero io; lui, lo lasciavo essere la forma e l’eco della sua parola.” Ecco Anse e Addie messi a confronto: lei è, è forse l’unica ad essere veramente in questo romanzo, nonostante sia morta (sto azzardando, eh), Anse è un involucro.

Per Addie, Anse non conta più nulla, è ormai ridotto ad una pura parola che, come tale, per lei è solo una forma che non serve a nulla.

156 “E poi morì, Non sapeva di essere morto.” Trillo, che ne pensi di questo passaggio? Ti lascio carta bianca! :mrgreen:

Mmmh, non avevo dato molto peso a questo passaggio, avevo dato per scontato che si riferisse ad Anse. Ma mi hai fatto venire il dubbio che potrebbe riferirsi a Darl? Anche perché, ora che mi ci fai pensare, poco prima, quando si parla della vendetta di Addie, in realtà non è chiaro che sia proprio verso Anse, perché Addie dice che le parole avevano ingannato anche lui, e quindi la vendetta potrebbe ricadere proprio sul simbolo e frutto dell'inganno, cioè su Darl.

158 “Detti a Anse Dewey Dell per annullare Jewel. Poi gli detti Vardaman per rimpiazzare il figlio di cui l’avevo defraudato. E adesso lui ha tre figli che sono suoi e non miei. E allora potei prepararmi a morire”. È interessante il fatto che Jewel sia considerato un figlio “rubato” a Anse, l’unico che appartiene quindi a Addie sola, ma ancora più interessante è che Dewey Dell non sia nemmeno contata come figlia! :paura: In quanto figlio la cui funzione è stata quella di “annullarne” un altro, Dewey Dell si vede negare il rapporto madre/figlio fin dalla nascita... sarà per questo che anche lei vive questo drammatico rapporto con la maternità?

Questo passaggio è molto misterioso. Addie ha di fatto cinque figli, ma tre di loro sono considerati non suoi ma solo di Anse. Dewey Dell e Vardaman, che sono stati concepiti rispettivamente per annullare e rimpiazzare qualcun altro, sembrano essere due di questi. Escludendo Jewel, che non è di Anse, il terzo potrebbe essere Darl? Infatti Darl è il figlio che lei proprio non si aspettava, che non voleva credere esser vero, e per cui pensava di essere stata ingannata. Tra l’altro, da quello che mi ricordo (ma potrei sbagliarmi), Addie prima di morire ha pensieri solo per Jewel e Cash. Infatti, nel monologo di Darl a pag. 48, Dewey Dell dice “E’ Jewel che vuole”, mentre, subito prima e subito dopo, Addie grida il nome di Cash per farsi mostrare a che punto fosse la sua bara. E quindi effettivamente sarebbe come se gli altri tre (Darl, Dewey Dell e Vardaman) per lei con contassero.

5° Vardaman:
175 “Ma la madre di Jewel è un cavallo. Mia madre è un pesce.” Posso finalmente scrivere quello che ho letto da qualche parte in internet e cioè che questa contrapposizione sta anche ad indicare che Vardaman è nato da un gesto “meccanico” (il generare figli senza desiderio) mentre Jewel, rispetto ai suoi fratelli, è stato l’unico ad essere nato da una passione e perciò è “figlio di un cavallo”. Non solo. Ho letto che il rapporto ambiguo che Jewel ha con sua mamma assomiglia molto a quello che ha con il proprio cavallo: a volte sembra che lo “maltratti” (così come non dimostrava il suo amore a sua madre, anzi, secondo Cora la disprezzava) ma in realtà con entrambi ha un rapporto intimo, impulsivo e "passionale". Come dire, senza bisogno di chiamarlo ‘amore’, senza bisogno di chiamarlo ‘rispetto filiale’ (espressione di cui si rifà sempre la bocca Pa’, senza che abbia mai provato rispetto per nessuno...), Jewel dimostra il suo amore con i fatti, salvando la madre “dall’acqua e dal fuoco” e rinunciando al suo cavallo. Salvo poi scoprire che è stato tutto inutile: che questo viaggio grottesco altro non era che un involucro privo di significato (come le parole che non dicono nulla di ciò che vorrebbero esprimere), che i sacrifici di Cash e Jewel non sono serviti a nulla, che le “speranze” di Dewey Dell e Vardaman sono state disilluse, che di qualsiasi sentimento e gesto nobile, questa storia non rappresenta altro che un’amara parodia.
Opss... mi sa che mi sono fatta un po’prendere la mano! Vabbè, diciamo che ho un po’ anticipato le mie considerazioni finali!

Concordo con questo punto di vista, però mi chiedo che significato abbia la "salvezza" della madre dall’acqua e dal fuoco dopo che lei è morta. ayuthaya, tu che sei esperta in materia, ci potrebbe essere anche in questo caso una qualche forma di rovesciamento biblico?

15° Darl:
Se potessimo finire di dipanarci nel tempo. Sarebbe bello. Sarebbe bello se potessimo finire di dipanarci nel tempo.” Ancora il concetto di immobilità nella dimensione spazio/tempo... Mi piacerebbe mettere insieme tutti i passaggi che sono dedicati all’uno o all’altro (ad esempio gli avvoltoi rappresentano “piccoli cerchi neri di non-muoversi”).
Sarebbe davvero bello riuscire a mettere insieme questi passaggi e dare loro un senso compiuto, dovrei andare a ricercarli tutti e rifletterci su, non so se avrò tempo di farlo...

Un'osservazione: quando Anse va a chiedere in prestito le vanghe per scavare il fosso per la bara, Cash parla già della "signora Bundren", cosa che verrà rivelata solo alla fine da Anse... Strano, no? Si tratta anche qui di una prolessi?
E comunque, mi è parso strano anche come i monologhi di Cash abbiano senso compiuto solo alla fine del viaggio... Significherà qualcosa? Che si senta anche lui ora liberato dalla figura della madre che lo opprimeva? Non saprei dire, se voi avete delle ipotesi in merito, prendete parola :)
 

alessandra

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Vi ho seguito con infinita curiosità, avendo amato molto questo libro. Il problema è che la mia povera memoria non si è tenuta stretta, come al solito, trama e dettagli perciò ricordo solo il tema generale e le sensazioni che il romanzo mi ha lasciato; quindi non posso allacciarmi mentalmente ai vostri bellissimi e profondi commenti, se non in modo confuso.

C'è stata però, in questi giorni, una "coincidenza letteraria": mentre voi procedevate con il minigruppo e con i commenti, io leggevo Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli, romanzo che cita diversi libri e autori e si sofferma parecchio proprio su Mentre morivo. Posso dire di aver letto le sue impressioni ("agganciate" alla trama del romanzo" contemporaneamente alle vostre! Appena riuscirò a rimettere le mani sul libro (quello di Missiroli; ora lo sta leggendo mia mamma) copierò qui quei passi, visto che, se non sbaglio, avete terminato tutti la lettura.
 

ayuthaya

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Trillo non appena possibile rispondo ad alcuni tuoi commenti, non sono sparita! E aspetto con ansia il tuo commento finale!
 

qweedy

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Avete vivisezionato "Mentre morivo" con due bisturi affilatissimi! :paura:
Scherzo, ho letto con grande piacere i vostri approfonditi commenti! Grazie per la condivisione!
 

ayuthaya

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Giusto per finire di "vivisezionare" a dovere questo romanzo grandissimo :mrgreen:, rispondo solo ad alcuni punti di Trillo, fermo restando che di lui ho apprezzato molto la capacità di cogliere non solo i concetti generali ma anche alcuni aspetti puramente sintattici che a me spesso sono sfuggiti: ad esempio, Faulkner fa spesso uso dei pronomi relativi, per cui lascia al lettore l'arduo sforzo di capire a chi si riferiscono i vari "lo"/"la", "gli"/"le"... beh, ho notato che spesso io avevo "confuso" un personaggio con un altro, mentre leggendo l'interpretazione di Trillo mi sono resa conto che "funzionava meglio" nel modo in cui aveva capito lui…

Infatti, più che un “attacco” verso Jewel, a me sembra piuttosto un appunto verso Addie, che non avrebbe dovuto dar vita a più figli di quanti non volesse.
Sono d'accordo, resta il fatto che avrebbe avuto più senso se il discorso di "interrompersi" fosse stato rivolto da uno dei figli nati dopo Jewel e non da Darl che è il primogenito.

E volendo essere arditi, potremmo anche spingerci verso un significato ancor più simbolico (anche se ciò che sto per dire mi rendo conto che è solo una sciocchezza, quindi diciamo che la dico per fare brainstorming ). Il fatto che Darl proceda inizialmente avanti a Jewel potrebbe simboleggiare il fatto che Darl sia stato temporalmente procreato prima di Jewel. Il fatto che Jewel attraversi la casa mentre Darl ne rimanga al di fuori facendone il giro lungo, portando ad un ribaltamento delle loro posizioni relative, potrebbe simboleggiare il fatto che Jewel sia entrato nel cuore della madre mentre Darl ne sia rimasto ai margini, cosicché il successivo riposizionamento di Jewel verso Darl simboleggia che di fatto è Jewel che viene prima di Darl nella strada che porta verso la madre. (Come avevo detto, prendetela come qualcosa di strampalato che emerge come brainstorming)
Ti dirò che con Faulkner secondo me a pensar "male" non si fa mai peccato!!! :mrgreen: Nel senso che per come costruisce lui i suoi romanzi tutto è possibile… Fra l'altro ne approfitto per sottolineare una cosa per la quale aspettavo che finissi il libro: ti ricordi quando dicevi che forse avevo un po' esagerato a paragonare i due fratelli a Caino e Abele (che poi non me lo sono inventato io ma devo averlo letto da qualche parte) e a interpretare la domanda "Dov'è Jewel?" come un riferimento biblico? Beh, se pensi la scena finale della "zuffa" in cui Jewel (non ricordo le parole esatte perché non ho davanti il libro) dice a Darl "io ti ammazzo"... in fin dei conti vedi che non siamo poi così lontani… :MUCCA

Come ho detto a proposito della parte in cui Darl riflette sull'essere/non essere, la sua speranza potrebbe essere quella di liberarsi una volta per tutte della figura della madre/Addie Bundren. Le speranze di Cash e di Jewel sembrano invece delinearsi strada facendo: Cash con il desiderio del grammofono e il godimento che deriva dalla musica che ne proviene, e Jewel con la prospettiva della sua nuova vita liberata dall’oppressione di Darl.
Perché no? Potrebbe essere… Quello che conta è che alla fine nessuno a parte Anse vede realizzato il proprio desiderio…

Per quanto riguarda Addie, non condivido la posizione che lei ha sulle parole, che al contrario sono essenziali per conoscere se stessi e il mondo. È per questo che, nella sua presa di posizione, io vedo piuttosto una donna che non si riconosce nella realtà che si trova a vivere (la realtà di madre, di moglie...), e per la quale la negazione della realtà non può che passare attraverso la negazione delle parole che la esprimono. Da qui la logica conseguenza che le cose “reali” non hanno bisogno di nome… eppure il non dare nome a ciò che lei davvero “vive”, come potrebbe essere la situazione amorosa con Whitfield, non le portano l’autenticità che lei crede, ma solo ad ingannare se stessa, con Whitfield che alla fine la molla.
Personalmente non mi sono posta il problema di condividere o meno la sua posizione. Comunque credo che la sua sia anche una forma di "denuncia" (che magari dà voce a quella dello stesso Faulkner) nei confronti di chi ipocritamente pretende di conoscere qualcosa che nella realtà non gli appartiene, cioè non ha mai realmente provato…

Mmmh, non avevo dato molto peso a questo passaggio, avevo dato per scontato che si riferisse ad Anse. Ma mi hai fatto venire il dubbio che potrebbe riferirsi a Darl? Anche perché, ora che mi ci fai pensare, poco prima, quando si parla della vendetta di Addie, in realtà non è chiaro che sia proprio verso Anse, perché Addie dice che le parole avevano ingannato anche lui, e quindi la vendetta potrebbe ricadere proprio sul simbolo e frutto dell'inganno, cioè su Darl.
Non ho il libro con me e in questi giorni non l'ho ripreso in mano… mi piacerebbe rileggere per capire se hai ragione tu.

Questo passaggio è molto misterioso. Addie ha di fatto cinque figli, ma tre di loro sono considerati non suoi ma solo di Anse. Dewey Dell e Vardaman, che sono stati concepiti rispettivamente per annullare e rimpiazzare qualcun altro, sembrano essere due di questi. Escludendo Jewel, che non è di Anse, il terzo potrebbe essere Darl? Infatti Darl è il figlio che lei proprio non si aspettava, che non voleva credere esser vero, e per cui pensava di essere stata ingannata. Tra l’altro, da quello che mi ricordo (ma potrei sbagliarmi), Addie prima di morire ha pensieri solo per Jewel e Cash. Infatti, nel monologo di Darl a pag. 48, Dewey Dell dice “E’ Jewel che vuole”, mentre, subito prima e subito dopo, Addie grida il nome di Cash per farsi mostrare a che punto fosse la sua bara. E quindi effettivamente sarebbe come se gli altri tre (Darl, Dewey Dell e Vardaman) per lei con contassero.
Uno dei pochi casi in cui non concordo con la tua versione "sintattica". Se interpreto il verbo "annullare" in senso stretto, quella che non è "contata" è Dewey Dell… Per cui i tre figli di Anse sarebbero Darl, Cash e Vardaman. Però magari mi sbaglio io.

Concordo con questo punto di vista, però mi chiedo che significato abbia la "salvezza" della madre dall’acqua e dal fuoco dopo che lei è morta. ayuthaya, tu che sei esperta in materia, ci potrebbe essere anche in questo caso una qualche forma di rovesciamento biblico?
Beh… l'acqua e il fuoco sono elementi primordiali di distruzione ma anche di salvezza, perché attraverso di essi il Dio dell'Antico Testamento "purificava" il proprio popolo, sterminando tutti gli uomini corrotti e "salvando" solo i più puri: gli esempi lampanti sono il diluvio universale da cui si salva Noè e famiglia, e la distruzione di Sodoma e Gomorra (date alle fiamme) da cui si salva Lot e famiglia.
Il fatto è che qui la "salvezza" è ridotta al recupero di una bara che contiene un corpo in putrefazione! il rovesciamento sta proprio nella negazione di qualsiasi aspetto spirituale… é una vera e propria parodia.
 
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ayuthaya

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Il discorso dell'immobilità di tempo e spazio l'ho ripreso nel mio commento finale, comunque secondo me l'ottica fondamentalmente pessimistica che incombe su questo romanzo porta alla negazione dell'idea di "sviluppo", di "progressione" dell'uomo (in senso sia intellettuale sia spirituale), per cui questo aspetto si materializza e si riflette nella dimensione spazio/temporale. In certi momenti avevo la netta impressione che i personaggi fossero "invischiati" in un luogo o in un momento quasi fossero rimasti intrappolati nelle sabbie mobili. Se ci pensate, tutto ciò che viene negato in questo romanzo - la realizzazione di un sogno, la "provvidenza", la salvezza eterna ecc. - è qualcosa che ha la sua ragion d'essere in una prima e in un dopo, in un presente infelice e in futuro felice. Per cui se nego il passaggio fra questo prima e questo dopo, di fatto nego la possibilità che il sogno, la provvidenza, la salvezza eterna si realizzino.

A questo proposito approfitto per rispondere a Minerva su un aspetto che ha evidenziato nel suo commento finale: Minerva ha scritto che purtroppo a differenza mia non ha il ricevuto il dono della fede (mi dispiace per te! :mrgreen: :p), ma in realtà come ho scritto nel mio commento finale, se qui la fede c'è, l'intento di Faulkner è quello di rovesciarla, non esaltarla! Io non credo che il messaggio finale (se ce n'è uno!) sia che "tutti accettano infatti quello che gli accade solo perché l'ha deciso Dio... sia fatta la sua volontà!" perché secondo me la dimensione di Dio qui è proprio negata! Mi piacerebbe molto capire la "posizione religiosa" di Faulkner, però senza sapere ancora nulla di questo aspetto io qui leggo una storia in cui l'uomo pensa di significare qualcosa per Dio e magari addirittura di interpretare un ruolo importante nella storia della salvezza… e invece viene ridicolizzato nella propria vana aspirazione.
Per cui, se proprio vogliamo dirla tutta, dovrei essere io a "digerire poco" questa posizione e invece chissà perché sono talmente affascinata dalla scrittura di Faulkner che gli faccio passare tutto… :BLABLA :ad: :mrgreen:
 

alessandra

Lunatic Mod
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Da "Atti osceni in luogo privato" - di Marco Missiroli. Possibili spoiler

Naturalmente non sono riflessioni articolate come le vostre, si tratta di piccoli trafiletti in un romanzo che parla d'altro.
Forse non hanno un gran senso fuori dal loro contesto, però mi fa comunque piacere riportarli qui.
Se avete intenzione di leggere il romanzo di Missiroli, non leggetele, contengono importanti spoiler.

...E' Cash Bundren, il personaggio di Mentre morivo, che di colpo incarnò il senso di cosa intendevo per letteratura. Cash aveva una madre, Addie Bundren, ed era l'unico della famiglia che potesse darle una casa dopo morta: faceva il falegname e cominciò a costruirle la bara quando la mamma era in fin di vita e ancora riusciva a sentire il rumore della sega nel garage della fattoria. Assieme ai quattro fratelli e al padre trasporterà il cadavere materno verso il luogo di sepoltura che lei aveva indicato. Rimane il vero depositario della tragedia. Si romperà una gamba durante l'odissea, patirà in silenzio fino alla meta, consolandosi con il suo amore per la musica. E' suo il senso che Faulkner lascia al romanzo nel finale: Cash è sul carro, la madre appena sepolta, tiene tra le mani un vecchio grammofono che ha sempre desiderato e che ha trovato per caso. L'eredità compiuta dell'utero. ...

... Lei stava bene, era sola. E felice. Aveva fatto pace con la rassegnazione. L'istinto di maternità era stato un tormento fino all'ultimo. Mentre morivo e Addie Bundren avevano simboleggiato quella rinuncia...

...Presi il Faulkner, consumato dalle sottolineature, e andai a cercarmi il monologo più breve del libro. Lo recita Vardaman, il figlio tenero, quando vede la mamma nella cassa da morto: le dice "Mia madre è un pesce" (la madre dell'io narrante è molto malata)
-
... Rinnegavo il dolore. Anna mi costrinse a stanarlo. Scardinò il meccanismo di rimozione che tentavo di attuare, e mi forzò a tirare fuori un pensiero al giorno che riguardasse mia madre. Dissi che non volevo far assorbire al mio bambino queste bruttezze, lei rispondeva che anche mio figlio avrebbe voluto un padre senza nodi. Così le confidavo che vedevo mamma nella bara come Vardaman e gli altri figli del romanzo di Faulkner...

... Quando nel romanzo di Faulkner Addie Bundren morì, con lei se ne andarono i significati delle parole che aveva insegnato alla sua famiglia. "Maternità" l'aveva riempito con la dedizione ai figli, "sacrificio" con la tenacia con cui aveva sopportato un marito che detestava, "salvezza" con la rettitudine verso Dio e verso gli altri esseri umani, "passione" con un legame adultero indimenticabile. A "terra" aveva dato il significato sacro: ecco perché aveva chiesto una bara e un ultimo viaggio per essere seppellita nel punto dove voleva essere seppellita. Di parole ce n'erano molte altre, se le portò via tutte. Rimasero vuoti che i suoi orfani pronunciavano al vento. Era l'omaggio di Faulkner all'utero...

... Ero un orfano di Addie Bundren, e come Addie Bundren anche mamma aveva chiesto un ultimo viaggio. L'aveva fatto attraverso un'associazione svizzera di Zurigo...

... Quando arrivò il mio turno di parlare, padre Dominique volle che lo facessi dall'altare. Mi prese il microfono e io lessi le righe scritte da Faulkner per la madre di Mentre morivo: E forse fu quella la prima volta che lo scoprii, che Addie Bundren poteva fare qualcosa di nascosto: lei che aveva cercato di insegnarci che in un mondo dove c'è l'inganno, nient'altro può essere tanto brutto o tanto grave, nemmeno la miseria.
 

CarolinaMi

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Complesso e straniante

Spero di aver aperto correttamente questo thread.

Come ha già accennato ayuthaya, da oggi cominciamo a leggere questo romanzo di Faulkner. Se c'è qualcun altro interessato e incuriosito, è il/la benvenuto/a, a quanto pare il romanzo è abbastanza complicato, e quindi ogni altro contributo è ben accetto, magari anche da chi questo libro lo ha già letto.

Io quasi certamente non lo avrei preso in mano se non avessimo concordato con ayuthaya una lettura condivisa.

Ho letto le prime pagine, a breve scrivo le mie impressioni iniziali.

È IL Primo libro di Faulkner che leggo. Mi sembrava di non capirci niente. Poi ho cercato qualche contributo critico e devo dire che, per quanto si dica che è stato scritto velocemente, ha una struttura molto complessa. Credo sia uno di quei libri che andrebbero letti in lingua originale. Lo stile, se non si ha dimesriichezza col blues non rende il ritmo, se invece si ama il blues lo si sente come musica. Ci son riferimenti biblici certo, ma uno straniamento magico che diventa quasi opprimente. Le pagine che paiono umoristiche riescono sarcastiche e dissacranti. Mi è piaciuto.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Grazie Carolina per il tuo contributo e benvenuta tra noi :).
Ho copiato il tuo commento e l'ho postato in piccola biblioteca, dove potrai recensire anche tutti gli altri libri che hai già letto e leggerai :wink:.
 
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