Carulli, Carola - Tutto il bene, tutto il male

estersable88

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Bisogna avere coraggio anche per essere felici, e Sveva nella casa dei suoi genitori non lo è mai stata. Sarah, sua madre, ha puntato tutto sulla bellezza e sulla conquista di un ruolo in società, per osservare il mondo da una posizione comoda. Ma a Sveva non importa dei bei vestiti o delle scuole esclusive, né di cercare un uomo perbene e un matrimonio sicuro. Per questo, ogni volta che può scappa da sua zia Alma, la mamma che avrebbe voluto, la stramba con gli occhi di colori diversi, l’irregolare di famiglia, la ribelle a cui non va mai bene niente. In lei ha trovato un’amica e una complice, qualcuno da cui imparare il senso dell’amore, l’indipendenza e – perché no? – anche gli sbagli. Se la disobbedienza è un tratto ereditario, Sveva è certa di averla ricevuta da lei e dalla bisnonna, che aveva poteri da sensitiva e che da molto lontano continua a vegliare su di loro. Quando Alma rimane incinta di Tommaso, creatura solitaria che appartiene unicamente al mare, il fragile e complicato equilibrio familiare rischia di rompersi. Per tutti loro arriva il momento di rimettere ordine dentro se stessi o, forse, di accettare che la vita è destinata a restare eternamente inesatta e che le persone più importanti sono quelle che ti piovono addosso senza preavviso. Con delicatezza e una scrittura ricca di sfumature, Carola Carulli getta uno sguardo originale sulla maternità, sull’ambivalenza dei legami di sangue e
sulla straordinaria capacità delle donne di ferirsi e di curarsi l’un l’altra.
"Resistiamo alle mancanze. Ci adattiamo, per sopravvivere. Siamo pieni di buchi, vasi rotti che fanno finta di non essere caduti. Come parassiti proviamo

a ingoiare le nostre mancanze, sperando di farle restare nel punto più profondo di noi stessi, dove non si vedono, dove nessuno può sbirciare, dove il
buio è buio davvero. Siamo una costellazione di assenze fin da quando siamo nati, strappati dalle pance delle nostre madri, dalle nostre piscine calde».

“Siamo figli di chiunque sia in grado di prendersi cura di noi, al di là del grembo materno che ci custodisce prima di consegnarci al mondo". Sono le parole che una delle mie voci preferite degli ultimi anni, Levante, ha dedicato a questo libro, l'opera prima della giornalista Carola Carulli. E proprio di figli, di madri, di famiglia parla questo libro e lo fa a tutto tondo. Il titolo, "Tutto il bene, tutto il male" è – lo si capisce solo alla fine – la sintesi perfetta di ciò che questo romanzo vuole trasmetterci. Il tema chiave è la famiglia nelle sue varie forme, da quella perfetta, luccicante, fredda e respingente, a quella scombinata, disfunzionale, calda ed accogliente come un ventre materno. Le conosciamo tutti queste famiglie, le conosciamo bene, che ne facciamo parte o che le guardiamo dall'esterno. Le conosciamo perché tutti abbiamo avuto una famiglia che ha condizionato la nostra vita e dalle cui radici più o meno solide ha preso le mosse la persona che siamo diventati, nel bene e nel male, in tutto il bene e tutto il male. Perché dalla nostra famiglia, da un padre e una madre, da nonni, zii, fratelli o sorelle, tutti abbiamo imparato ciò che saremmo voluti essere o non essere. Sveva, per esempio, ha capito presto che non sarebbe mai stata come sua madre, bellissima e inappuntabile, ma sola, rigida, persa dietro alla forma, all'etichetta di icona di bellezza, donna perfetta come sua madre, moglie perfetta di un marito assente, troppo impegnato a fare altro. Lei, Sveva, si è sempre sentita molto più vicina a sua zia Alma, quella stramba, quella solitaria e un po' pazza come Jenny, quella libera come il vento e sempre in movimento come il mare davanti a casa sua. E proprio attraverso il racconto e i ricordi di Sveva abbiamo il privilegio di conoscerla anche noi, Alma, anche se purtroppo solo sulla carta… e la vorremmo anche noi un po' della sua forza, della sua saggezza fatta di esperienze di vita, di quella sua libertà conquistata abbattendo convenzioni, dicendo di no, provando ad essere sempre ciò che voleva essere. Sveva, Alma, Tommaso, Dafne, Leila, Emanuele… hanno tutti la bellezza e il calore di chi ci prova a vivere davvero e, a forza di provarci, di prendere botte, di perdersi e ritrovarsi altrove, ci riesce davvero. I personaggi tratteggiati da Carola Carulli sono belli perché non convenzionali, belli perché veri, belli perché riescono con fatica ad essere un po' come tutti abbiamo sognato di essere, perché hanno quel coraggio che a tanti di noi troppe volte manca. Perché dalla propria famiglia ci si può sentire amati, ma talvolta si deve anche trovare la forza di scappare e percorrere una strada in salita, tortuosa, che è solo la nostra e di chi vorrà fare un tratto con noi. Un libro da leggere, intenso, a tratti duro, ma di certo vero.
 
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